L’indebolimento del dollaro statunitense ha alimentato una delle storie di investimento più sorprendenti dell’anno fino ad ora: i forti rendimenti del debito dei mercati emergenti (EM) denominato in valuta locale.
Il calo del dollaro sostiene i guadagni del debito EM in valuta locale
L’indice Bloomberg EM Local Currency Liquid Government ha registrato un rendimento vicino al 4,25% da inizio anno, e gran parte di questi guadagni è stata guidata dalla debolezza del dollaro USA. Ciò ha generato un rendimento valutario per l’indice del 2,22%. Anche i rendimenti obbligazionari sono principalmente positivi, con rendimenti da cedole e prezzi obbligazionari di circa l’1% ciascuno.
Tutti i paesi, tranne due - Cina e Ungheria - hanno registrato rendimenti obbligazionari positivi (rendimenti da prezzo + cedola). Turchia, Indonesia, India e Israele hanno registrato rendimenti valutari negativi. I rendimenti obbligazionari e valutari tendevano ad annullarsi a vicenda. Ad esempio, i rendimenti delle obbligazioni governative ungheresi sono stati deboli a causa dei tassi stabili, che hanno però sostenuto il fiorino ungherese (HUF), generando solidi rendimenti valutari. L’opposto è accaduto in Turchia. Drastici tagli dei tassi dal 50% al 42,5% hanno generato rendimenti obbligazionari eccezionali del 9,5%, indebolendo però la valuta. Cina e India hanno registrato rendimenti complessivi leggermente negativi, ma gli altri 17 paesi inclusi nell’indice hanno registrato guadagni.
La Federal Reserve al comando
La domanda chiave per gli investitori nel debito EM è se il movimento del dollaro USA si sia già esaurito o abbia ancora margini per proseguire. Guardando al primo mandato del presidente Trump, si possono osservare alcune similitudini nel comportamento del dollaro. Nel dicembre 2016, un forte rally post-elettorale dell’indice del dollaro USA (DXY) — una misura della forza relativa del dollaro — è stato seguito da un indebolimento nel 2017, e da un calo di circa il 13% fino all’inizio del 2018. Il modello proprietario di State Street Global Advisors sul fair value suggerisce che il dollaro sia ancora sopravvalutato del 13% rispetto al paniere di valute che compongono l’indice Bloomberg EM Local Currency Liquid Government. Ciò indica che c’è ancora margine per un’ulteriore discesa del dollaro. Tuttavia, è anche vero che uno dei catalizzatori dell’attuale ribasso del DXY è stata la riduzione delle posizioni lunghe sugli asset statunitensi, in particolare sulle azioni. Anche se gran parte di questo sovrappeso è stato ridotto, è difficile stabilire se gli investitori inizieranno effettivamente a sottopesare gli asset statunitensi.
Il destino del dollaro dipende ora in gran parte dai dati economici statunitensi. I dati sull’attività economica restano solidi. Tuttavia, un eventuale indebolimento spingerebbe il mercato a prezzare ulteriori tagli dei tassi, il che probabilmente porterebbe ad un ulteriore deprezzamento del dollaro. La lettura del CPI statunitense di febbraio, inferiore alle attese, supporta questa ipotesi. Un allentamento delle pressioni inflazionistiche implica meno vincoli per la Federal Reserve (Fed) nell’attuare tagli ai tassi.
La prospettiva di una politica monetaria più accomodante da parte della Fed sostiene anche la possibilità di ulteriori tagli dei tassi da parte delle banche centrali dei mercati emergenti. Nel complesso, queste continuano ad allentare la politica monetaria: i tagli ai tassi continuano a prevalere, e la media mobile a 12 settimane della differenza tra rialzi e tagli rimane in territorio negativo. Vi sarà cautela nell’allentare i tassi troppo rapidamente, poiché ciò potrebbe indebolire le valute dei mercati emergenti.
L’interesse per il debito EM in valuta locale è rimbalzato dopo la debolezza registrata nell’ultimo trimestre del 2024. Gran parte della performance è stata guidata dal deprezzamento del dollaro USA. Affinché questo trend continui sarà necessario un rallentamento dell’attività economica statunitense. La resilienza dell’economia statunitense implica che questo potrebbe richiedere pazienza, ma con un rendimento dell’indice Bloomberg EM Local Currency Liquid Government superiore al 6,2%, almeno gli investitori possono beneficiare di un forte carry.
Un percorso difficile davanti?
Le esposizioni in valuta forte potrebbero risultare più interessanti per quegli investitori che non credono che la debolezza del dollaro USA persisterà. Attualmente, i rendimenti in valuta forte sono superiori rispetto a quelli in valuta locale – l’indice J.P. Morgan EMBI Global Diversified ha registrato un rendimento superiore al 7,6%. La qualità del credito è inferiore rispetto alle esposizioni in valuta locale, per cui il rischio principale è che gli spread siano ristretti e si siano ampliati nelle ultime sedute. Un più ampio movimento di “risk-off” da parte dei mercati potrebbe accentuare questa tendenza.
In questo contesto, è interessante notare la stabilità degli spread nelle obbligazioni dell’Arabia Saudita. La componente in valuta forte dell’Arabia Saudita all’interno dell’indice J.P. Morgan EMBI Global Diversified si è ampliata di meno di 9 punti base (bps) nel 2025, contro quasi 12 bps per tutte le obbligazioni investment grade e 14,5 bps per la componente high yield. Il calo del prezzo del petrolio potrebbe rappresentare un freno per la dinamica di bilancio, ma l’economia nel suo complesso è in buona salute, con una crescita annua del 4,5% nel quarto trimestre 2024. Le ultime previsioni del consensus di Bloomberg stimano una crescita del 3,8% nel 2025 e un disavanzo di bilancio pari al 3,5% del PIL. Le obbligazioni locali potrebbero beneficiare di una graduale riduzione del tasso della banca centrale dal 5,0% al 4,5% entro il quarto trimestre 2025.