Le centrali nucleari a
fissione, anche se aggiornate e meno grandi, sono vecchie e in declino perché molto
costose e perché generano rifiuti altamente radioattivi e pericolosi per molte
migliaia di anni. È possibile, più ecologico ed economicamente conveniente decarbonizzare
l’elettricità puntando solo sulle rinnovabili, come sta facendo la maggioranza
dei Paesi europei.
Mentre il 13 dicembre scorso il
Consiglio regionale del Veneto, con voto unanime, ha respinto l’ipotesi di
localizzare un reattore nucleare SMR a Marghera, mentre dopo 13 anni di
procedure non è ancora stato localizzato un deposito per rifiuti radioattivi,
mentre cittadini e imprese sono preoccupati per le bollette, il Governo
Meloni propone un DDL che, in modo antistorico e ideologico, avvia la normativa
per tornare a costruire in Italia centrali nucleari a fissione.
L’operazione di greenwashing con la quale si cerca di far passare come
innovativa e sostenibile, solo per la dimensione degli impianti e qualche
aggiustamento costruttivo, una tecnologia nucleare obsoleta che resta basata sulla
fissione dell’uranio, non reggerà se sarà consentito, come non sta accadendo,
un confronto tecnico competente e informato.
Così la coalizione 100%
Rinnovabili Network - formato da esponenti di decine di Università e Centri
di ricerca, da rappresentanti del mondo delle imprese, del sindacato e del
terzo settore e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Greenpeace
Italia, Kyoto Club, Legambiente e WWF – commenta così il Ddl approvato in
Consiglio dei Ministri dal Governo Meloni.
Le centrali nucleari a
fissione, bocciate da ben due referendum, generano elettricità che, secondo
l’Agenzia Internazionale per l’energia, costa più del triplo di quella prodotta
con il solare e l’eolico, producono rilevanti quantità di rifiuti altamente
radioattivi e pericolosi come il plutonio, la cui radioattività si dimezza dopo
24 mila anni ed hanno causato incidenti devastanti a Chernobyl e a Fukushima.
Una decarbonizzazione della produzione di energia elettrica raggiunta con un
mix di fonti energetiche rinnovabili è non solo possibile, ma
programmata e praticata dalla
maggior parte dei Paesi europei. La producibilità delle quantità di elettricità,
prevista in aumento, è provata dalla forte crescita in corso delle rinnovabili.
La discontinuità viene affrontata con l’integrazione di alcune fonti rinnovabili
non discontinue come l’idroelettrico, le biomasse e la geotermia, con sistemi, ampiamenti
utilizzati, di batterie e pompaggi e di gestione intelligente delle reti e
della domanda. La discontinuità stagionale è affrontata con l’integrazione della
diversa stagionalità del solare e dell’eolico, con l’integrazione europea delle
reti e con l’utilizzo di idrogeno verde e dei suoi derivati. La crescita
delle rinnovabili richiede investimenti significativi nelle reti e negli
stoccaggi, ma, dato il basso costo di generazione, sono comunque più
convenienti dal nucleare.
Il sole e il vento sono gratis,
mentre il nucleare a fissione consuma un costoso combustibile nucleare, da
importare visto che non disponiamo né di uranio, né di impianti di
arricchimento. Dei costi dei reattori SMR, che ancora non esistono in
Occidente, si sa ben poco, anche se, per la perdita di economie di scala e
l’implementazione di nuove modalità costruttive, probabilmente saranno più
costosi.
Il 100% Rinnovabili Network annuncia
che presenterà uno studio sullo scenario 100% rinnovabili, realizzato da un
gruppo di docenti universitari e ricercatori, ad un convegno pubblico che si
terrà l’11 marzo, anniversario di Fukushima, con inizio alle 9.30 all’Hotel
Quirinale in Via Nazionale 7 a Roma.