Ultime notizie
Azionario dei mercati emergenti: maturazione strutturale o eccezione alla regola?
di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm

Negli ultimi mesi, l’azionario dei mercati emergenti ha mostrato una buona tenuta, sostenuto da un contesto macroeconomico relativamente favorevole e dal miglioramento delle prospettive sugli utili societari. Dopo un lungo periodo di sottoperformance rispetto ai mercati sviluppati, l’area sembra beneficiare di una fase di stabilità, favorita da segnali positivi provenienti dalla Cina e, in generale, dal settore tecnologico asiatico.
Dal punto di vista delle valutazioni, negli ultimi trimestri i multipli si sono riassestati verso l’alto, riflettendo un ritorno di fiducia da parte degli investitori e una revisione positiva delle aspettative di crescita (come emerge dal grafico del rapporto prezzo/utili anticipato). Tuttavia, i mercati emergenti continuano a scambiare a sconto rispetto a quelli sviluppati, conservando un margine di attrattività in ottica di medio-lungo periodo.
Sul fronte degli utili, gli EM hanno mantenuto una performance solida. Confrontando le stime di crescita per il 2025 per Europa, Stati Uniti e mercati emergenti, emerge come le prime siano diminuite bruscamente, mentre le seconde e le terze siano rimaste, nel complesso, stabili. Questo suggerisce che le società emergenti stanno mostrando una certa resilienza, sostenuta da fondamentali e domanda interna robusti. Passando ai rendimenti, i mercati emergenti si posizionano in modo competitivo rispetto a quelli sviluppati. Il Return on Equity (ROE), che misura la capacità delle aziende di generare profitto rispetto al capitale investito, resta più elevato per i mercati emergenti rispetto all’Europa. Tale differenza riflette una maggiore efficienza operativa e una più ampia esposizione a settori ad alta redditività, come tecnologia, semiconduttori e servizi finanziari. A confronto con il Vecchio Continente, i mercati emergenti presentano una crescita degli utili più robusta, un ritorno sul capitale più alto e valutazioni più contenute – fattori che, in teoria, dovrebbero tradursi in una performance superiore nel lungo periodo.
Tuttavia, ampliando l’orizzonte, il quadro appare più complesso: negli ultimi dieci anni, i mercati emergenti hanno registrato performance leggermente inferiori all’Europa, mentre entrambi sono stati nettamente superati dagli Stati Uniti. Parte di questa divergenza può essere spiegata con riferimento alla minor crescita degli utili delle società emergenti, che nel tempo sono rimaste indietro rispetto ai competitor statunitensi ed europei. Questo sembra suggerire che la più forte crescita degli utili osservata recentemente nei mercati emergenti possa rappresentare solo un’eccezione rispetto alla tendenza storica. La correlazione tra andamento degli utili e performance dei mercati azionari resta comunque significativa e nel lungo periodo, i guadagni degli indici emergenti tendono a seguire, anche se non perfettamente, la dinamica degli utili aziendali (vedi grafico sotto).
A nostro avviso, il caso per l’azionario EM resta solido: la crescita degli utili appare più sostenibile, le valutazioni rimangono interessanti rispetto ad altri mercati (seppur più elevate di quanto fossero un anno fa) e la redditività si mantiene su livelli favorevoli. In passato, il vero punto debole sono stati proprio gli utili, ma oggi le prospettive appaiono più costruttive, grazie ai segnali di miglioramento della redditività in Cina, a un contesto macroeconomico complessivamente favorevole e a un outlook positivo per la spesa tecnologica, che dovrebbe continuare a sostenere le società in Taiwan e Corea.
In sintesi, sembra delinearsi uno scenario di maturazione strutturale. La combinazione di crescita degli utili, redditività stabile e valutazioni ancora appetibili rappresenta un equilibrio interessante per gli investitori nel medio-lungo termine. Pur in presenza di fattori di rischio geopolitico e di volatilità dei flussi di capitale, il profilo rischio/rendimento dell’azionario emergente resta competitivo all’interno di portafogli diversificati, soprattutto per chi ricerca un’esposizione a economie in evoluzione con potenziale di crescita superiore alla media globale.