C’erano una volta gli sguardi, le coincidenze, le mani che si sfioravano per sbaglio al supermercato. Poi è arrivato Tinder, e l’amore è entrato in modalità Select: città, gusti musicali, segno zodiacale, percentuale di match su Spotify, tipo di dieta (vegana, flexitariana o ''solo sushi"), colore preferito del divano, trauma infantile compatibile, e ovviamente l’immancabile: ''Niente ex problematiche nei paraggi''.
L’amore ai tempi del righello
Oggi siamo andati oltre: si filtra per altezza. E non parliamo di aspettative, dell’essere all’altezza della situazione. Parliamo proprio di centimetri, eh. In verticale, meglio specificare. È, infatti, questa la nuova opzione del pacchetto Platinum di Tinder.
Già nel 2024 la BBC aveva sollevato il velo su una realtà tanto sottaciuta quanto evidente: secondo un reportage, negli Stati Uniti il 71% delle donne dichiarava di non considerare nemmeno uomini sotto il metro e settantacinque. Un embargo sentimentale più rigido di una politica doganale.
Ma il dato più amaro – o comico, dipende da quanto si è alti – era un altro: tantissimi uomini gonfiavano la propria altezza nel profilo, aggiungendo quei due-tre centimetri strategici. Come dire, una bugia innocente, quanto una foto con la mascella photoshoppata e la Porsche in affitto. Ora, però, la bugia diventa inutile. Il filtro c’è, ed è impietoso. Scorri solo se superi il metro e ottanta. O il metro e novanta. O quello che la tua fantasia di partner perfetto detta come soglia minima.
Con buona pace dei 172, dei 168 e persino dei 179, che tanto non bastano lo stesso. Il che, spesso, può essere anche frustrante. Secondo la BBC, infatti, molti uomini sotto la fatidica soglia X lo sono al punto da arrivare a considerare interventi chirurgici invasivi – veri e propri allungamenti ossei – per guadagnare quei cinque centimetri di autostima in più. E pensare che un tempo bastava una poesia, un disco dei Cure e un po’ di ironia per sedurre. Ora invece l’amore è geometrico. Filtri, tagli, algoritmi...
Si seleziona come su Zalando, ma con più aspettative e meno resi. Il paradosso? Quelle che cercano un uomo alto perché "così mi sento protetta" spesso lavorano in finanza, fanno kickboxing e portano a casa lo stipendio doppio. Ma guai a scendere sotto il metro e settantacinque. Lì c’è l’abisso dell’invisibilità, una zona franca dove le qualità non bastano più. E non è nemmeno colpa loro: è l’algoritmo che decide chi esiste e chi no. E a chi obietta che "è solo una preferenza fisica", potremmo rispondere: bene, ma allora introduciamo anche il filtro "addominali definiti", o magari "zero madre invadente".
E attenzione: questa brillante innovazione è selettiva solo in un senso. Si può filtrare per altezza, ma non per peso. Perché l’altezza, a quanto pare, è una preferenza legittima, mentre altre caratteristiche restano tabù ai limiti del body shaming. Un doppio standard, insomma, quel bastone biforcuto con cui la società tamburella da secoli e risuona ora anche tra i profili digitali.
La verità è che così facendo non è l’amore che stiamo cercando, ma un avatar ideale, un manichino da sogno. In pratica, stiamo facendo un Lego componendo un robot da desiderare. E dire che il mondo, e la storia, è pieno di uomini che non hanno mai avuto bisogno di torri d’avorio per ergersi tra i giganti.
Da quello più prevedibile, Napoleone Bonaparte, che con i suoi modesti centimetri ha riscritto la storia d’Europa dettando legge all’intero continente. Fino all’irresistibile Prince, 157 centimetri di genialità, che ballando su zeppe dorate cantava di rivoluzioni sessuali e spandeva fascino in ogni direzione. Nessuna barra di scorrimento avrebbe potuto contenerlo. E poi c'è chi, attore, veniva accreditato ufficialmente, rispetto alla realtà, di qualche centimetro in più rispetto, che certo non ne spostava più di tanto il fascino, come Bogart.
Ma evidentemente per Tinder, l’importante non è essere all’altezza dell’intelligenza o dell’affinità, bensì raggiungere i fatidici 180 centimetri come se fosse l’unica vera unità di misura dell’amore. È l’estetica delle app, baby, quella che trasforma l’essere umano in scheda tecnica, in catalogo da sfogliare mentre si è in bagno o in coda al supermercato. Lì dove un tempo si chiedeva: ''Ti piacciono i romanzi di Dostoevskij?'', ora si domanda: "Ma tu, scali le montagne o resti in pianura?".
Eppure, le storie che ci fanno battere il cuore – quelle vere – nascono quasi sempre da un’imperfezione. Da un’imprevedibilità. Da un incontro sbilenco che, proprio perché sfugge alle aspettative, ci incanta. Joe, per esempio – racconta la BBC – è alto 1,67. “La maggior parte delle donne non mi dava nemmeno una possibilità”, ha detto.
Ma proprio su Tinder ha incontrato Ashley, che non ha usato alcun filtro. Hanno parlato di libri, di viaggi, di ricette improbabili. Tre anni dopo, convivono e ridono ancora. Avessero avuto a disposizione il filtro altezza, non si sarebbero mai conosciuti.
L’algoritmo avrebbe detto no. Il caso, invece, ha detto sì. E allora, chiediamoci: è questo il progresso? La possibilità di costruire partner come si fa con un avatar su The Sims? O forse ci stiamo perdendo proprio il bello dell’amore, che è la sorpresa, l’intuizione, la scintilla che scatta quando il metro viene messo da parte e si lascia spazio all’empatia? Perché l’amore, quello vero, non ha altezza. È orizzontale, trasversale, diagonale. È un colpo al cuore che non si misura in centimetri, ma in secondi. E quando arriva, non ti chiede quanti millimetri hai tra la cima del capo e la suola. Ti chiede solo se sei pronto. E quello, purtroppo, nessun filtro lo può prevedere.