Il silenzio dei boschi italiani è stato spezzato ancora una volta dal rombo delle doppiette. Con l'inizio della stagione venatoria 2025, che ha preso ufficialmente il via ieri, si riaccende il dibattito nazionale su una pratica che divide profondamente il paese tra sostenitori della tradizione venatoria e difensori dell'ambiente.
La stagione della discordia: riapre la caccia tra proteste e timori per la biodiversità
Le associazioni ambientaliste non hanno tardato a far sentire la loro voce, denunciando quella che considerano una vera e propria "strage annunciata" ai danni della fauna selvatica. Il WWF ha già mobilitato oltre 85.000 cittadini che hanno firmato la petizione contro quella che l'organizzazione definisce "caccia selvaggia", mentre la LIPU esprime forte preoccupazione per le autorizzazioni concesse da molte regioni.
"Quest'anno assistiamo a un'escalation preoccupante", dichiara un portavoce della LIPU, "molte regioni hanno dato il via libera alla caccia ai turdidi, alla beccaccia e agli uccelli acquatici fino alla fine di gennaio, proprio durante la fase cruciale della migrazione prenuziale, un periodo che dovrebbe essere assolutamente protetto secondo la direttiva europea Uccelli".
La situazione si complica ulteriormente quando si considerano le specie coinvolte nel prelievo venatorio. Ben ventuno specie che versano in cattivo stato di conservazione sono state inserite nel calendario di caccia, tra cui allodola, alzavola, beccaccino, coturnice, fagiano di monte e tortora selvatica. Una scelta che gli ambientalisti considerano irresponsabile e contraria ai principi di tutela della biodiversità. Il quadro normativo in evoluzione alimenta ulteriormente le preoccupazioni.
Al Senato è in discussione il disegno di legge numero 1552, presentato dalla maggioranza con il sostegno del ministro dell'Agricoltura Lollobrigida, che secondo gli ambientalisti rappresenterebbe una svolta pericolosa verso la liberalizzazione dell'attività venatoria. Giovanni Albarella, responsabile Antibracconaggio della LIPU, non usa mezzi termini: "Siamo di fronte a una proposta irresponsabile e incostituzionale che elimina i termini del 31 gennaio e del 10 febbraio per la chiusura della stagione venatoria, riapre gli impianti per la cattura degli uccelli destinati al richiamo vivo, riduce le aree protette ed estende i terreni di caccia".
Il provvedimento in discussione prevede modifiche significative che vanno ben oltre la semplice riorganizzazione del settore. Tra le novità più controverse figura l'estensione dell'uso di caricatori fino a cinque cartucce per la caccia al cinghiale, l'introduzione di dispositivi ottici ed optoelettronici per la caccia di selezione, e persino la possibilità di utilizzare archi e falchi nell'arsenale venatorio.
Particolarmente grave, secondo il WWF, è l'impossibilità per i tribunali di sospendere la caccia anche quando autorizzata da provvedimenti manifestamente illegittimi, creando il rischio concreto di danni irreparabili per l'ambiente. "In meno di tre anni la legge sulla caccia è stata modificata undici volte in ventidue punti, aprendo tre procedure di infrazione da parte dell'Unione Europea", sottolinea l'associazione del panda. La battaglia non si limita ai corridoi parlamentari. Le associazioni animaliste hanno avviato la raccolta di 50.000 firme per una legge di iniziativa popolare che prevede l'abolizione completa della caccia, la tutela rafforzata di lupi e orsi e l'ampliamento delle aree protette.
Un'iniziativa che coinvolge ENPA, Animalisti Italiani, LAC, LAV, LNDC Animal Protection e OIPA. Annamaria Procacci dell'ENPA denuncia senza mezzi termini: "Questo disegno di legge rappresenta un attacco al cuore del diritto ambientale italiano. Non si tratta di una riforma, ma di uno smantellamento studiato a tavolino per favorire le lobby venatorie, senza alcun rispetto per la Costituzione, per l'Europa e per la scienza". Il caso dell'ibis eremita diventa simbolico di una problematica più ampia. Questa specie in grave pericolo di estinzione, monitorata attraverso dispositivi GPS dal progetto LIFE Northern Bald Ibis, rivela la portata reale del bracconaggio in Italia.
I dati scientifici mostrano una realtà cruda: il bracconaggio rappresenta la principale causa di morte della specie nel nostro paese, responsabile di oltre un terzo di tutte le perdite. "Ogni episodio di bracconaggio che registriamo non deve rimanere solo una tragedia per il singolo individuo, ma diventare un segnale di allarme per tutta la fauna selvatica italiana", dichiara Laura Stefani, responsabile della campagna contro il bracconaggio.
"Abbiamo i dati che dimostrano cosa sta succedendo. Ora spetta ai responsabili politici agire con decisione". Johannes Fritz, direttore del Waldrappteam, è ancora più diretto: "L'ibis eremita è diventato testimone involontario del declino della governance ambientale. L'attuale traiettoria della politica venatoria in Italia mina gli sforzi di conservazione delle specie e danneggia la reputazione internazionale dell'Italia come custode della biodiversità".
Le recenti modifiche legislative hanno già prodotto effetti concreti sul terreno. Alcune regioni hanno anticipato l'apertura della stagione venatoria con giornate di "preapertura" già dai primi di settembre, come il Piemonte che ha anticipato di venti giorni la caccia al cinghiale con il pretesto di contrastare la peste suina africana.
Domenico Aiello del WWF Italia, intervenendo sul Corriere della Sera, definisce il provvedimento in discussione al Senato "il peggiore attacco mai sferrato alla fauna selvatica in Italia". Il disegno è chiaro", spiega Aiello, "capovolgere i valori in gioco, inclusi quelli costituzionali, e passare da un approccio fondato su tutela e conservazione delle ricchezze naturali a uno basato sulla loro mercificazione o alla visione di una natura ostile da contenere con brutalità". La stagione della discordia è, insomma, appena iniziata. Nel mezzo, milioni di uccelli migratori si trovano a dover affrontare il loro viaggio. Un viaggio sempre più pericoloso, caratterizzato da un contesto normativo che pare essere tutto dalla parte sbagliata: quella dei cacciatori.