Politica

Salvini "fa" il Tajani e vola in Israele per incontrare Netanyahu

Redazione
 
Salvini 'fa' il Tajani e vola in Israele per incontrare Netanyahu

Uno ha (dovrebbe avere) il suo ufficio a Porta Pia, a Roma; l'altro, alla Farnesina.
Ora, detto questo, qualcuno si può addentrare nei meandri della politica per spiegarci cosa ci sia andato a fare Matteo Salvini in Israele, incontrando il primo ministro ed altri esponenti del governo, quando questo dovrebbe essere compito di Antonio Tajani che, a meno che ci siamo persi qualcosa, almeno sino a ieri sera era il capo della diplomazia italiana?

Salvini "fa" il Tajani e vola in Israele per incontrare Netanyahu

Eppure è accaduto e oggi chi segue, quotidianamente, le vicende delle politiche di casa nostra si sta chiedendo non quale sia il fine recondito del rinnovato attivismo di Salvini, quanto come egli abbia giustificato - sempre che ne abbia ravvisata la necessità - quella che appare come una chiara invasione di campo.

Che è ancora più eclatante se si pensa che in queste ore il Medio Oriente è una polveriera e l'Italia, se vuole giocare un ruolo internazionale, deve mostrarsi espressione di un solo indirizzo politico - quello di Giorgia Meloni - e non invece condizionata dalla voglia di protagonismo del segretario leghista. Che sembra avere una sola prospettiva: accreditarsi in quei segmenti della diplomazia internazionale in cui sta facendo breccia la filosofia del trumpismo.

Come appunto Israele che, nel pensiero del presidente americano, resta l'alleato più solido nella regione, e quindi da tutelare, anche a costo di mettersi contro il mondo arabo con la proposta di trasferire milioni di gazawi, negando loro anche la speranza di tornare.

Due giorni in Israele hanno consentito a Salvini di ripetere i mantra di Trump, a cominciare dall'attacco alla Corte penale internazionale, di cui l'Italia d'un tempo è stata convinta assertrice.
Perché quando Salvini dice che la Cpi è un ''organismo la cui esistenza e utilità dovranno essere rimessi in discussione", lo fa in che veste?

Di semplice segretario di un partito della maggioranza di governo o, come più naturale dal punto di vista formale, da vicepremier?
Non è interrogativo da poco, perché Salvini non ha incontrato, come sarebbe stato forse più logico, solo il suo omologo israeliano, ma i vertici del governo di Gerusalemme, da Benjamin Netanyahu, al ministro degli Affari della diaspora e dell’antisemitismo Amichai Chikli e quello degli Esteri Gideon Sa’ar. E non crediamo che abbia discusso con loro solo di strade, ponti e ferrovie.

L'adesione di Salvini a coloro che pensano che la Cpi debba essere riformata (in che termini e quindi con che limiti sarebbe importante saperlo) non è un unicum nel governo e nella maggioranza di Giorgia Meloni, ma nel momento in cui ne discute con chi, delle decisioni della Corte, è stato oggetto di fatto, tutto lascia pensare che ne sposa teorie e difesa.
E questo forse un governo dovrebbe evitarlo.

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