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L’Inquisizione del pallone: cronache dalla Serenissima securitaria

Barbara Leone
 
L’Inquisizione del pallone: cronache dalla Serenissima securitaria

A Murano, patria del vetro e delle gondole, la vita scorre lenta, poetica, fino a quando… qualcuno osa l’infame: giocare a pallone. Non stiamo parlando di spaccio, borseggi o rapine da film noir. No, parliamo di quattordici ragazzini, tra i dodici e i tredici anni, colpevoli di aver osato tirare calci ad un pallone in pubblica piazza.

L’Inquisizione del pallone: cronache dalla Serenissima securitaria

Il reato? Creare disturbo alla quiete pubblica. La pena? Una deliziosa, scintillante multa da 50 euro a testa, doppio del minimo, giusto per far sentire l’educazione civica come un peso di granito sulle spalle dei genitori. Il fatto risale al 12 settembre scorso quando i Carabinieri locali, evidentemente mossi da segnalazioni di residenti forse allergici al suono delle risate che si mescolano al rimbalzo di un pallone, hanno diligentemente convocato in caserma i genitori dei suddetti fanciulli.

Del resto, il Regolamento di polizia urbana del Comune di Venezia non lascia scampo: “Ogni altro gioco che possa arrecare pericolo e molestia alle persone, danni ovvero disturbo alla quiete pubblica” è formalmente proibito. Tradotto: se giochi a pallone, potresti scatenare l’apocalisse. Se ti limiti a respirare, forse ti salvano. E qui cascano a fagiuolo le parole del consigliere comunale Marco Gasparinetti, che giustamente indignato stigmatizza il teatrino su Facebook: “Quattordici persone in caserma – scrive – dalle forze dell’ordine. Scatolettisti? Borseggiatori? Spacciatori? No, sono i genitori di altrettanti ragazzini identificati.”

Effettivamente, i veri delinquenti camminano indisturbati per le calli veneziane mentre i genitori si ritrovano in caserma come i protagonisti di un’opera surreale di Ionesco. E dire che per decenni a Venezia i bimbi hanno dribblato divieti e rimbrotti urlando Ocio ai ghebi (tradotto: occhio ai vigili), mentre il pallone volteggiava tra nelle piazze. Anche perché, diciamolo, gli spazi a loro destinati sono sempre stati pochi. E nessuno si indignava. Erano tempi più allegri, con una buona dose di rischio e libertà. Oggi invece, in questa Repubblica delle banane burocratiche, il crimine di essere bambino viene punito con zelo maniacale.

Multa inflitta, verbale notificato, senso dell’umorismo infantile irrimediabilmente compromesso. Mentre chi delinque davvero scivola via tra le pieghe della città, libero come una gondola nel Canal Grande. Fortunatamente, le multe finiranno dimenticate nei faldoni, mentre i bambini continueranno a fare i bambini tirando calci ad un pallone dove non si può. La libertà, dopotutto, è anche questo: correre, cadere, rialzarsi e ridere più forte delle regole più assurde.

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