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Maria libera perché obbediente (e altre eresie da pulpito)

Barbara Leone
 
Maria libera perché obbediente (e altre eresie da pulpito)

Conversano, provincia di Bari, cattedrale dell'Assunta. Monsignor Giuseppe Laterza al pulpito, fedeli in ascolto, Madonna bizantina del V secolo a vegliare dall'icona. Tutto ordinato, tutto come dev'essere, fino a quando il nunzio apostolico non decide di omaggiare Maria con una definizione che ha il sapore agrodolce del paradosso: «La donna più libera del mondo perché ha saputo obbedire».

 

Maria libera perché obbediente (e altre eresie da pulpito)

 

Poi, la ciliegina sulla torta (avariata): «Dovremmo dirlo a qualche femminista». Ecco, bravo monsignore: diciamolo pure. Diciamolo a quelle femministe che da secoli si ostinano a credere che libertà significhi scegliere, non chinare il capo. Diciamolo a chi pensa che Maria, quella vera non quella da pulpito natalizio, abbia pronunciato un fiat che era accoglienza, non genuflessione.

 

Perché tra l'obbedienza e la scelta consapevole c'è la stessa differenza che passa tra un matrimonio combinato e uno d'amore: l’altare è sempre lo stesso, tutto il resto no. Il nunzio, naturalmente, si difende. Intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, cita Sant'Agostino, parla di libertà cristiana, sottolinea il suo impegno per la scolarizzazione delle bambine in Africa. Nobile, senza dubbio. Peccato che la topografia del discorso resti quella: dall'alto della cattedra - posizionata troppo in alto, forse, per cogliere le sfumature del mondo sottostante - si continua a proporre alle donne un modello di virtù che suona pericolosamente simile all'acquiescenza. Come se la libertà femminile fosse un progetto da realizzare attraverso l'adesione silenziosa al disegno altrui. Un’architettura intellettuale, e pure un po' teologica, demolita direttamente da Gesù, quando alle Nozze di Cana dice alla madre: «che ho da fare con te, o donna?», dove quel "donna" vuol dire rispetto, nuovo inizio, nuova umanità, non più solo madre. E lei: «Fate quello che vi dirà». E il miracolo accadde.

 

Altro che obbediente: Maria è sovrana del proprio sì. Ma il  punto, caro monsignore, non è che lei abbia parlato di obbedienza. Il punto è che ne abbia parlato tout court. Perché l’obbedienza alla propria chiamata, al proprio talento, alle proprie passioni, al proprio daimon interiore è cosa sacrosanta, e trasversale ai generi. Lei, però, ha fatto di Maria un vessillo contro le femministe, come se il maschilismo fosse un vezzo delle donne che si lamentano troppo, non una struttura che ci soffoca tutte e tutti. Come se in un Paese dove una donna viene uccisa ogni tre giorni servisse davvero un'altra predica sulla bellezza della sottomissione femminile, anche quando la si chiama con altri nomi.

 

Maria, quella vera, ha scelto. Ha scelto di dire sì a un progetto che la rendeva vulnerabile, scandalosa, pericolosa. Ha scelto di restare ai piedi della croce quando altri scappavano. Ha scelto perfino quando morire per ascendere al cielo. Non fu mai una comparsa obbediente: fu l’asse portante della narrazione più rivoluzionaria e destabilizzante che l’Occidente abbia mai prodotto. Noi, invece, nell’Anno Domini 2025, continuiamo troppo spesso a dire sì per sfinimento, per educazione, per quieto vivere. Sì che non salvano nessuno e non redimono nulla, se non l’ego altrui. Abbiamo imparato - sulla pelle, non nei catechismi - che la libertà non si riceve in dono: si strappa, si difende, si paga a caro prezzo. Eppure sembra non bastare mai. Forse, a sentire certi  dotti prelati, dovremmo perfezionarci. Magari iscriverci a un corso accelerato di obbedienza femminile, con attestato finale di mansuetudine, per risultare finalmente degne di una citazione benevola dal pulpito.

 

No, grazie. Preferiamo restare streghe. Quelle che non hanno mai imparato a chinare il capo, quelle bruciate perché non si piegavano, quelle che hanno urlato proprio quando sarebbe stato più conveniente tacere. Perché la vita è nostra. Solo nostra. E non intendiamo consegnarla a nessun disegno che non porti la nostra firma. Maria, quella vera, questo lo capirebbe. E, con ogni probabilità, starebbe dalla nostra parte.

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