Dal primo novembre alle Maldive chiunque sia nato dopo il 2007 non potrà più accendere una sigaretta, né tradizionale né elettronica. Una rivoluzione sanitaria e culturale che il presidente Mohamad Muizzu aveva annunciato all’inizio dell’anno, con l’obiettivo - si legge nella dichiarazione ufficiale - di “tutelare la salute pubblica e promuovere una generazione libera dal tabacco”.
Le Maldive vietano il fumo ai nati dopo il 2007, l’Europa prepara maxi rincari
La norma non riguarda solo i residenti, ma anche i milioni di turisti che ogni anno affollano gli atolli turchesi dell’arcipelago. Per tutti i nati dopo il 2007, dunque, il fumo diventa proibito. E non si tratta soltanto di una misura simbolica: chi venderà sigarette o prodotti al tabacco a un minorenne rischia multe superiori ai 2.800 euro. Già da dicembre 2024, inoltre, le sigarette elettroniche sono vietate per chiunque. Chi viene sorpreso a usarle deve pagare una sanzione di circa 280 euro.
Il ministero della Salute maldiviano ha voluto chiarire che il divieto non si limita alle sigarette tradizionali, ma si estende anche ai prodotti elettronici contenenti nicotina, alla loro vendita, possesso e distribuzione. Una decisione drastica che mira a recidere alla radice l’abitudine al fumo, in un Paese che vuole trasformarsi in un laboratorio mondiale di salute pubblica. L’esempio, d’altra parte, non è isolato: la Nuova Zelanda aveva adottato una misura simile nel 2022, anche se poi è rimasta in vigore solo per un anno, mentre nel Regno Unito la proposta di vietare il fumo ai nati dopo il 2009 è ancora in discussione.
In Europa il tema torna d’attualità per altre vie. A ottobre si è chiusa la consultazione pubblica lanciata dalla Commissione europea per definire la nuova direttiva sulle accise del tabacco, la cosiddetta “Ted”, che punta a uniformare le imposte su sigarette, tabacco riscaldato e prodotti nicotinici in tutti i Paesi membri. L’obiettivo dichiarato di Bruxelles è colpire i fumatori là dove fa più male – nel portafoglio – e ridurre la spesa sanitaria legata a un consumo che resta una delle principali cause di morte evitabile nel continente. Per l’Italia, la riforma significherebbe un rincaro di circa tre euro a pacchetto.
Anche così, i prezzi resterebbero comunque al di sotto di quelli record registrati in Irlanda o Norvegia, dove un pacchetto di sigarette arriva a costare fino a 13 euro. Ma la proposta europea ha riacceso il dibattito, spaccando opinione pubblica, medici e tabaccai. Gli oncologi dell’Aiom, l’Associazione italiana di oncologia medica, avevano già avanzato una proposta ancora più drastica: aumentare il prezzo delle sigarette di cinque euro a pacchetto. Una tassa che, spiegavano, avrebbe due scopi.
Da un lato dissuadere dal fumo, “responsabile del 90% dei casi di tumore al polmone”, dall’altro sostenere con il gettito aggiuntivo il Servizio sanitario nazionale. L’incasso stimato? Circa 13 miliardi di euro. Ma sul fronte opposto i tabaccai alzano la voce. Negli ultimi giorni, hanno lanciato un appello ai propri clienti chiedendo di partecipare alla consultazione pubblica europea. “Si ignorano gli effetti economici negativi delle misure proposte sulle tabaccherie, microimprese familiari che costituiscono una rete insostituibile nel panorama distributivo e nel tessuto sociale del Paese”, denuncia la Fit, la Federazione italiana tabaccai. I commercianti chiedono che “venga mantenuta l’ipotesi di adeguare la tassazione al potere d’acquisto di ogni Stato membro”, per evitare di colpire in modo sproporzionato i Paesi con redditi più bassi e per “salvaguardare la competitività del settore produttivo e distributivo italiano”.
C’è poi il nodo del contrabbando, che rischia di diventare il vero effetto collaterale delle tasse troppo alte. “La Francia, l’Irlanda, i Paesi Bassi - sottolinea la Fit - hanno dimostrato con i fatti che l’aumento eccessivo dei prezzi causa un’espansione incontrollata di contrabbando e contraffazione, con gravi danni per gli operatori economici, per l’erario e per i cittadini stessi, che si rivolgono al mercato illegale acquistando prodotti non conformi agli standard europei e quindi potenzialmente dannosi per la salute”. L’Europa procede comunque con i suoi tempi. Anche se la direttiva fosse approvata entro quest’anno, gli Stati membri avrebbero tempo fino alla fine del 2027 per recepirla, e fino al 2031 per completare la transizione, con aumenti graduali e progressivi.