L’intelligenza artificiale ha smesso di essere un concetto futuristico per imporsi oggi come uno dei motori più concreti di innovazione industriale e di trasformazione dei modelli di business. Non siamo più nella fase della sperimentazione: l’AI è già una leva chiave per l’efficienza operativa, la competitività internazionale e la transizione energetica. Gli investimenti globali in intelligenza artificiale hanno superato i 180 miliardi di dollari nel 2024[1], con un’adozione aziendale che cresce a ritmi senza precedenti. Per gli investitori istituzionali non si tratta più di capire se puntare sull’AI, ma come farlo: distinguere l’hype dai risultati concreti, leggere i segnali di mercato nascosti nei dati e individuare i settori dove questa tecnologia sta già trasformando produttività e competitività. È dunque fondamentale smettere di trattare questa tecnologia come un trend da osservare a distanza e iniziare a comprenderla per quello che è: un potente moltiplicatore di efficienza e innovazione, ma anche una sfida culturale, normativa e strategica.
AI come leva di innovazione industriale: casi d’azienda in Italia
L’Intelligenza Artificiale si sta attestando sempre più come tecnologia dirompente e prossima tendenza secolare dominante, capace di trasformare in profondità settori merceologici tra loro molto diversi. E i dati lo confermano: secondo McKinsey, nel 2024 il valore complessivo degli investimenti privati in AI ha superato i 180 miliardi di dollari, con una crescita media annua del 26% rispetto al 2019. Siamo però appena all’inizio di una corsa che porterà a una sempre maggiore pervasività di questa tecnologia: il 78% delle imprese la utilizza già in almeno una funzione, e il 71% la applica in una funzione generativa, rispetto al 33% del 2023[2].
Anche in Italia si moltiplicano oggi gli esempi di aziende che stanno già applicando l’intelligenza artificiale con successo, non come esercizio di stile ma come leva operativa. Reply, realtà internazionale con oltre 16.000 dipendenti e 2,5 miliardi di euro di fatturato, ha fatto dell’AI generativa un supporto quotidiano per il lavoro delle persone: dallo sviluppo software alla scrittura e analisi dei dati, liberando tempo e risorse per attività ad alto valore aggiunto. L’AI è anche diventata per Reply un terreno di sperimentazione creativa, con iniziative che uniscono arte e algoritmi, a testimonianza di una tecnologia che può essere sia produttiva che culturale. Angelini Industries, gruppo industriale con oltre un secolo di storia, ha scelto di mettere l’AI al centro della propria trasformazione interna; ha sviluppato AskAI, piattaforma proprietaria che consente a più di 1.700 dipendenti di interagire con un assistente intelligente, ottimizzando processi e tempi di risposta, con risultati concreti in efficienza e riduzione degli errori. Ancora, Webuild, leader mondiale nelle infrastrutture, utilizza il machine learning per analizzare i dati provenienti da oltre mille cantieri, migliorando le previsioni di tempi e costi, monitorando la sicurezza con droni e sensori, e implementando manutenzione predittiva sui macchinari complessi. L’obiettivo è chiaro: infrastrutture più sicure, sostenibili e durature, con processi più trasparenti e misurabili. Questi casi hanno un filo conduttore: l’AI non sostituisce le persone, ma ne amplifica le capacità. Il vero vantaggio non sta nel delegare, ma nel potenziare l’intelligenza umana, orientando le decisioni con maggiore precisione e riducendo sprechi ed errori.
AI Act europeo: un quadro normativo che crea fiducia
Il contesto regolamentare europeo, grazie all’AI Act, sta ponendo basi solide per un’adozione responsabile della tecnologia. L’approccio è basato sul rischio: più un’applicazione può incidere sui diritti fondamentali o sulla sicurezza, più sarà soggetta a requisiti stringenti. Si va dal divieto di usi ritenuti pericolosi, alla regolamentazione delle applicazioni ad alto rischio (come l’AI per il reclutamento o per infrastrutture critiche), fino alla libertà con obblighi minimi per casi d’uso a basso rischio. Questo impianto ha due obiettivi: proteggere cittadini e imprese da abusi e al contempo dare certezze giuridiche a chi investe, evitando frammentazioni del mercato. Si tratta di un passaggio cruciale, in quanto senza fiducia e regole chiare l’adozione su larga scala dell’AI resterebbe incompiuta.
Dall’uso operativo all’opportunità d’investimento per gli investitori istituzionali
Per gli investitori istituzionali, comprendere l’AI significa agire su due livelli. Da un lato, capire come le aziende in portafoglio la utilizzano per rafforzare i propri fondamentali; dall’altro, integrare la tecnologia stessa nei processi di selezione e gestione degli investimenti. L’approccio che adottiamo in Pictet AM si fonda su strategie data-driven che sfruttano il machine learning per interpretare grandi volumi di informazioni e cogliere segnali di mercato altrimenti invisibili. Tecniche di AI permettono di analizzare simultaneamente centinaia di fattori, identificando inefficienze temporanee e interazioni complesse tra variabili. Questo tipo di analisi non sostituisce la competenza umana, ma la arricchisce, consentendo di costruire portafogli più efficienti in termini di rischio, costi di transazione e resilienza alle oscillazioni di breve periodo. È un modo concreto per trasformare la potenza analitica dell’AI in rendimento potenziale, mantenendo coerenza con gli obiettivi di lungo termine. Queste approccio rappresenta un cambio di paradigma: non si tratta più di seguire regole fisse, ma di adattarsi dinamicamente ai segnali che emergono dai dati. L’intelligenza artificiale diventa così non solo un oggetto d’investimento, ma uno strumento per investire meglio.
In generale, l’AI non è una moda tecnologica, ma è davvero un cambio di paradigma che richiede metodo, cultura e consapevolezza. Le aziende che la stanno adottando con visione strategica stanno già raccogliendo benefici concreti in produttività, sostenibilità e competitività. Per gli investitori istituzionali, questo significa due cose: la prima saper valutare il reale impatto dell’AI sulle performance aziendali, separando l’hype dai risultati misurabili; la seconda, saperla usare per migliorare i propri processi decisionali e di investimento. Il futuro premierà chi saprà agire oggi, con pragmatismo e capacità di lettura del cambiamento. L’intelligenza artificiale è già qui: la sfida è usarla per creare valore reale, sostenibile e duraturo.
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