Ci siamo lasciati due settimane fa commentando come il 2025 sarebbe stato un anno in cui gli investimenti sarebbero tornati globali, con gli investitori pronti a riscoprire aree di investimento rimaste indietro. Questo contesto si accompagnerà a dinamiche più volatili, che richiederanno necessariamente un approccio di investimento più attivo e dinamico rispetto a quanto visto negli ultimi mesi, caratterizzati principalmente da flussi passivi e acquisti di ETF.
L’Europa, infatti, dopo una lunga fase laterale durata ben dieci mesi, è finalmente riuscita, la settimana scorsa, a rompere al rialzo questo trend. L’indice Eurostoxx50 è ora a un -6% dai massimi storici, segnati quasi esattamente 25 anni fa. Anche il Ftse Mib ha superato il range laterale, ma resta a circa -30% dai massimi storici, livelli che invece il DAX ha già raggiunto, favorito dal deprezzamento dell’euro.
Entriamo ora più nel dettaglio. Se queste rotture rappresentano il segnale di un mercato con maggiore momentum, in cui il posizionamento degli investitori globali è ancora molto scarico, va sottolineato che l’Europa sta vivendo la terza migliore partenza degli ultimi 20 anni, sia in termini assoluti che relativi. In particolare, l’Eurostoxx, misurato in dollari, sta sovraperformando l’S&P 500 di oltre il 3% in poco più di due settimane. Questo potrebbe rappresentare un cambiamento più duraturo e significativo, soprattutto se accompagnato, come in questi giorni, da alti volumi di scambi.
Sembra, infatti, che l’interesse stia tornando sul nostro continente più che sul mercato statunitense. Un esempio eclatante è rappresentato dalla performance giornaliera record del settore del lusso, registrata la scorsa settimana, grazie a numeri rassicuranti trainati principalmente dal consumatore statunitense. Potete solo immaginare cosa potrebbe accadere se ci fosse una ripresa anche della domanda interna e, soprattutto, di quella asiatica, considerato che attualmente le posizioni short sul settore del lusso sono ai livelli più alti degli ultimi anni.
Non è stato, però, un inizio d’anno facile per tutti. Le famose "Mag7" stanno appesantendo gli indici statunitensi. Il caso più eclatante è probabilmente Nvidia: nonostante i commenti positivi al CES (Consumer Electronic Show), il titolo ha subito pressioni, influenzando l’intero mercato dato il suo peso negli indici. Anche Apple, da inizio anno, è negativa di oltre l’8%, a causa di dati sulle vendite di telefoni inferiori alle attese, soprattutto in Cina. Non è solo il flusso di notizie a influenzare questi titoli, ma anche il posizionamento già molto elevato, che inevitabilmente avrebbe portato a una fase di stasi. Pensate che i 10 titoli a maggiore capitalizzazione rappresentano quasi il 39% dell'S&P 500, mentre il peso relativo delle big cap dall’11° al 50° posto è sceso ai minimi storici.
Negli ultimi mesi, abbiamo quindi assistito non solo a una sovraperformance delle mega cap rispetto alle small cap, ma anche delle prime 10 contro il resto del mercato. Tuttavia, nelle ultime settimane, questo trend sta lentamente cambiando. Ci sono state prese di profitto sui titoli che hanno performato bene negli ultimi due anni, in parte a causa dei timori sui tassi, sulla crescita e sull’eccessiva concentrazione. La sovraperformance dell'S&P 500 equal weight rispetto alla versione tradizionale cap weight (di oltre l’1% in una settimana) e la partecipazione al rialzo di tre quarti dei titoli durante le giornate positive sono segnali di un cambiamento in atto, che possono essere solo definiti positivi.
La settimana scorsa, i punti di svolta sono stati i dati sull’inflazione, che non hanno mostrato la temuta accelerazione, e l’inizio della stagione delle trimestrali negli Stati Uniti. Partendo dal settore finanziario, i risultati sono stati decisamente confortanti. Nel giro di poche ore, siamo passati dal timore di un tasso decennale USA al 5% e zero tagli della Fed nel 2025 a un tasso quasi al 4,5% e almeno un taglio previsto. Anche il nuovo Segretario del Tesoro, Bessent, ha cercato di rassicurare sulla gestione attenta della spesa governativa, contribuendo al calo dei rendimenti.
Dai primi giorni dell’anno, è evidente che la principale preoccupazione degli investitori sia il rialzo dei tassi, una variabile che include timori su inflazione, situazione fiscale, dazi, e un’economia statunitense ancora forte. La necessità di nuove emissioni corporate e il crescente debito pubblico, uniti alla riduzione dei Treasuries da parte delle banche centrali asiatiche a favore dell’oro, complicano ulteriormente il quadro.
La prima considerazione da fare è che i mercati, nei prossimi mesi, dovranno convivere con il "tormentone" dell’inflazione. Sebbene sia difficile immaginare un forte rallentamento dell’economia statunitense, l’elevato debito pubblico e i prezzi delle commodities in crescita (saliti già del 5% in due settimane) manterranno alta la pressione. Sarà quindi fondamentale adottare un approccio selettivo, favorendo alcuni settori o aree geografiche rispetto ad altre, in un contesto meno omogeneo rispetto a quello degli ultimi mesi.
Prima di parlare inevitabilmente del grande evento di ieri, con l’arrivo del nuovo mandato del presidente Trump, mi soffermerei un attimo sull’arrivo delle trimestrali, perché, come sempre, rappresentano il vero test per capire se le attese sugli utili verranno rispettate. In questo caso, negli Stati Uniti, per la prima volta da alcuni trimestri, le attese non sono state ridotte dagli analisti in anticipo, eliminando quell’effetto sorpresa che spesso ha aiutato il mercato. Per gli Stati Uniti ci si attende una crescita media del 13%, più del doppio della media degli ultimi tre trimestri. Il settore dei finanziari sta contribuendo a mantenere alta questa media, con profitti delle banche di investimento su trading e investimenti che sono raddoppiati. In Europa, invece, la situazione è ben diversa, con una crescita degli EPS vicina allo zero, nonostante il movimento favorevole del cambio.
Sarà quindi una stagione di trimestrali che ci dirà se la dicotomia tra Europa e Stati Uniti, che si è creata negli ultimi tempi, potrà continuare o chiudersi, come avvenuto negli ultimi giorni, sulle speranze di un recupero europeo. Ciò avverrebbe a causa di attese forse fin troppo basse, contrapposte a un possibile eccessivo ottimismo sul mercato statunitense.
Passiamo ora al grande evento: l’inaugurazione del nuovo mandato di Trump. Per la prima volta dal 1985, a causa del freddo, la cerimonia si è svolta al chiuso. Trump ha già ottenuto un successo di pubblico e, soprattutto, ha realizzato la cerimonia di insediamento più redditizia della storia, con biglietti andati a ruba e un altissimo livello di donazioni.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a un costante pellegrinaggio di grandi manager verso la sua residenza privata. In seguito, sono arrivate le prime nomine. Un esempio interessante è quello di Meta, il cui fondatore, Zuckerberg, notoriamente non un sostenitore del Partito Repubblicano, ha dovuto effettuare una marcia indietro. Non solo ha contribuito con finanziamenti, ma ha anche scelto membri del Consiglio di amministrazione vicini al nuovo presidente.
Trump aveva invitato alla cerimonia anche il presidente cinese, che, però, ha preferito inviare la delegazione più ampia di sempre per un simile evento, guidata dal suo vice. In passato partecipava soltanto l’ambasciatore cinese negli Stati Uniti. Questo rappresenta un importante passo avanti per entrambe le parti, con l’obiettivo di costruire un dialogo più diretto.
La sensazione è che Trump, questa volta, abbia un quadro ideologico ancora meno rigido rispetto al 2016. Ogni decisione sembra essere valutata in termini di convenienza immediata, con una capacità transazionale che, se da un lato incute timore per le possibili conseguenze negative, dall’altro potrebbe portare rapidamente ai primi risultati concreti. Negli ultimi giorni, i mercati hanno mostrato una lettura meno severa delle sue prossime scelte politiche.
È ancora troppo presto per entrare nei dettagli delle sue possibili decisioni, ma occorre porre attenzione a due aspetti principali. Il primo è che Trump rivendica il merito della tregua tra Israele e Hamas, un risultato concreto che potrebbe preludere a progressi anche in Ucraina. Il secondo, più significativo, è che Trump si accompagna con l’uomo più ricco del mondo come suo braccio destro, esercitando il controllo non solo sui media, ma anche su importanti settori industriali come quello automobilistico e dei satelliti. SpaceX, ad esempio, sta effettuando più della metà di tutti i lanci globali.
Trump appare quindi molto più esperto rispetto al suo primo mandato e con molto più potere, grazie a un clientelismo ai massimi livelli. Di fronte a questa nuova realtà, l’Europa si presenta debole in termini economici, tecnologici, energetici e, soprattutto, decisionali. Proprio per questo motivo, durante l’anno potrebbe emergere una nuova forza europea, già a partire dalle elezioni in Germania del mese prossimo, capace di far valere le proprie ragioni.
In conclusione, ci aspettiamo un periodo di forte cambiamento a cui il mercato si adatterà nei prossimi mesi, offrendo opportunità e volatilità. Valutazioni, politiche economiche e fiscali accomodanti e valute deprezzate potrebbero continuare a favorire un ampliamento dell’orizzonte di investimento, privilegiando le aree periferiche come l’Europa. Negli Stati Uniti, invece, il supporto di Trump potrebbe favorire un incremento del breadth, come già osservato negli ultimi giorni.