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Il meeting tra Trump e Xi: una pace fredda, per ora

di Raphael Gallardo, Chief Economist di Carmignac
 
Il meeting tra Trump e Xi: una pace fredda, per ora
Come previsto, quanto concordato tra Trump e Xi a Busan rappresenta più un quadro preliminare per una tregua di un anno che un trattato commerciale, e ancor meno un grande accordo strategico.

I risultati ottenuti segnano concessioni significative da entrambe le parti.

Concessioni da parte degli Stati Uniti:

Dimezzamento dei dazi del 20% sul fentanyl in cambio di promesse vaghe da parte di Xi di ridurre le spedizioni dei precursori dell’oppioide

I dazi reciproci restano al 10% anziché al 36% per un anno

L’estensione della Entities List USA alle controllate possedute al 50%+ viene però rinviata di un anno.


Concessioni da parte della Cina:

Ripresa immediata delle importazioni di soia e altri prodotti agricoli USA

Vaghe promesse di acquisto di energia statunitense

Finalizzazione dell’accordo su TikTok


Controlli all’export su terre rare e altre materie prime critiche rimandati di un anno
 
Ciò che emerge è il passaggio da una serie di tregue di 90 giorni a un orizzonte temporale annuale. È chiaramente un elemento positivo, che sosterrà il sentiment dei mercati, anche se restano alcune riserve.

Primo, al momento non è stato firmato nulla. La chiusura arriverà durante la visita di Stato di Trump a Pechino in marzo. Fino ad allora, potrebbe verificarsi un nuovo, imprevisto riacutizzarsi delle tensioni (ricordate il pallone spia cinese?).

Secondo, a parte il taglio dei dazi al 10%, questo accordo ci riporta semplicemente alla tregua di Ginevra raggiunta a maggio, prima dell’escalation relativa alla regola del 50% e della ritorsione attraverso i controlli sulle terre rare.

Infine, mancano dai risultati i principali punti critici della rivalità. Nessuna concessione USA su Taiwan, nessuna concessione cinese sulla Russia, nessuna discussione sulle vendite di chip avanzati americani. Tutti temi che saranno certamente stati trattati, ma senza esito. Siamo quindi ben lontani da un “grande accordo”.

Restiamo dunque in un processo di “decoupling controllato” dopo 40 anni di relazione economica simbiotica.

Sulla carta torniamo a maggio a Ginevra, ma nel frattempo entrambe le parti hanno premuto una volta il “pulsante nucleare”: gli USA hanno chiuso le scappatoie sulla Entities List e la Cina ha giocato la carta delle terre rare. Questi passaggi hanno messo in moto dinamiche irreversibili. Gli Stati Uniti hanno avviato a velocità massima la ricostruzione della propria filiera delle terre rare. La Cina ha mostrato al quarto plenum che le priorità del prossimo piano quinquennale sono ancora una volta la costruzione di un’economia di guerra resistente alle sanzioni. Siamo quindi ancora diretti verso una collisione programmata tra le due superpotenze, e ciò che hanno appena deciso è una tregua provvisoria di un anno.

Le tensioni quasi certamente torneranno a crescere dopo una cerimonia di firma ben coreografata a marzo. I mercati dovrebbero godersi questo periodo di pace fredda finché dura.
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