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AIFI: regole europee e private capital, troppi vincoli ingessano il mercato

 
Il Consiglio Direttivo, riunitosi oggi, ha fatto il punto sulle regole europee. In un’epoca, come l’attuale, caratterizzata da forti innovazioni, l’eccesso di regolazione sulle attività di finanza rischia di aumentare i costi e di paralizzare molte attività con grave danno per la tutela del risparmio e per la crescita delle imprese. In Italia, alle regole europee si sommano disposizioni nazionali di goldplating e una strana interpretazione del golden power che sembra riguardare ogni attività di M&A internazionale e nazionale, con il risultato di rendere meno competitivo il nostro mercato. 

La regolamentazione europea che è stata introdotta negli ultimi anni impone vincoli e procedure che rischiano di ingessare il mercato finanziario in generale e, nello specifico, quello del private capital, soprattutto quando ci si confronta con altre giurisdizioni che hanno adottato approcci meno rigidi.

Gli intermediari finanziari devono operare in un contesto sempre più competitivo e caratterizzato da costi fissi crescenti che rende necessari processi di aggregazione e consolidamento. Tuttavia, ci sono molte normative europee e nazionali, come quelle sul monitoraggio degli investimenti esteri (regime del golden power in Italia) e, in prospettiva, degli investimenti “in uscita”, che hanno come effetto collaterale la crescita esponenziale delle notifiche e della burocrazia. Vengono così rallentate le operazioni di M&A e cross border che, per il private equity, rappresentano ormai un tassello fondamentale.
    
Un secondo fronte è quello della sicurezza informatica e della protezione dei dati. Gli intermediari europei stanno affrontando, in un quadro che non è ancora del tutto chiaro, il processo di adeguamento alla disciplina contenuta nel Regolamento Dora (Digital Operational Resilience Act) sulla resilienza operativa digitale. Il regolamento impone vincoli stringenti anche ai gestori di private capital che, senza poter contare sul principio di proporzionalità, sono chiamati a sostenere costi molto elevati per allineare le procedure interne, il sistema di gestione dei rischi e di protezione dei dati trattati. Tutto ciò in un contesto globale in cui gli strumenti di intelligenza artificiale consentono di raccogliere e archiviare i dati su server al di fuori dei Paesi europei, generando preoccupazioni sulla protezione della privacy e sulla conformità alle normative come il GDPR. 

Il terzo profilo riguarda la normativa europea sulla finanza sostenibile e sugli obiettivi di decarbonizzazione che hanno obbligato gli intermediari finanziari prima del mondo produttivo a sostenere importanti costi per adeguare strategie e processi di investimento secondo un approccio eccessivamente burocratico. In questo contesto non solo altri Paesi non hanno imposto obblighi simili (sono presenti situazioni differenti anche all’interno della UE) ma si assiste ad un ripensamento delle stesse autorità europee che, seppur apprezzabile, va valutato con molta attenzione e ben circoscritto per evitare di vanificare gli sforzi finora sostenuti. 

Il mercato finanziario richiede quindi chiarezza e stabilità della regolamentazione, ma soprattutto chiede la flessibilità necessaria per intervenire in modo efficace a sostegno del mondo produttivo. In caso contrario si continueranno a creare svantaggi competitivi per gli operatori europei e nazionali”, dichiara Innocenzo Cipolletta, Presidente AIFI. 
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