Un mondo frammentato continua a
sollevare nuove sfide per gli investitori globali. Guardando indietro al 2024,
le banche centrali sono riuscite a contenere l’inflazione, lasciando in eredità
un aumento dei costi del capitale. Questa lotta contro l’inflazione ha fatto sì
che le aspettative dei mercati sui tassi di interesse oscillassero
notevolmente. Ma tale volatilità non era un indicatore della performance
azionaria. Da inizio anno il mercato azionario statunitense ha stabilito in
media un nuovo record ogni settimana. La nostra decisione strategica iniziale
di porre le azioni statunitensi al centro delle nostre allocazioni strategiche
degli asset ha avuto ottimi risultati.
Il motore economico degli Stati Uniti
è destinato ad accelerare. Le politiche «America First» della seconda
amministrazione Trump rendono le prospettive per il resto del mondo meno
allettanti. Non si tratta solo di un «effetto Trump». Gli Stati Uniti hanno
impegnato ingenti risorse per difendersi dalla concorrenza strategica. Ai
valori attuali, gli Stati Uniti hanno già immesso capitali per un valore più
che doppio di quello del Piano Marshall del secondo dopoguerra, che ricostruì
l’Europa. La sovraperformance degli asset finanziari statunitensi non dovrebbe
quindi sorprendere.
Un secondo mandato di Trump potrebbe
anche fungere da catalizzatore per l’Europa. Il prossimo anno sarà un anno di
bassa crescita, bassa inflazione e bassi tassi di interesse per la regione.
Eppure l’Europa ha i mezzi finanziari per investire e stimolare la crescita. E,
come stanno dimostrando gli Stati Uniti, i livelli assoluti del debito sono
meno importanti del modo in cui un Paese investe. Tuttavia, con Germania e
Francia in un limbo politico, l’Europa non ha la leadership necessaria per
prendere decisioni strategiche. Vedremo se la massima secondo cui l’Unione
europea si evolve solo attraverso le crisi si rivelerà vera.
Le sfide che la Cina deve affrontare
saranno aggravate dai dazi statunitensi. Finora le misure di stimolo adottate
dalle autorità hanno deluso gli investitori. Anche i mercati emergenti, se
dipendenti dai mercati statunitensi, soffriranno a causa del rafforzamento del
dollaro e dell’imposizione dei dazi doganali.
Tutte queste dinamiche stanno
rimodellando gli investimenti. I mercati si aspettano una spinta generata dalla
riduzione delle tasse e dalla deregolamentazione negli Stati Uniti. Le azioni e
il credito societario offrono un potenziale di rendimento corretto per il
rischio maggiore rispetto ai titoli di Stato. Mentre la disinflazione prosegue,
consentendo un’ulteriore normalizzazione delle politiche e rendimenti a breve
termine più stabili, i tassi di interesse statunitensi a più lungo termine
aumenteranno moderatamente grazie al miglioramento della crescita. I tassi di
cambio statunitensi relativamente più elevati dovrebbero sostenere il dollaro.
L’oro continuerà a essere sostenuto dalla domanda dei beni rifugio e delle
banche centrali.
Nel 2025 le politiche monetarie e le
sorti economiche globali divergeranno ulteriormente. Sono in corso profonde
transizioni che richiedono un’attenta assunzione di rischi. Nelle pagine che
seguono, i nostri specialisti espongono in dettaglio le loro aspettative per
ciascuna regione e classe di asset. Considerando che le politiche statunitensi
influenzeranno il sentiment nei prossimi mesi, è fondamentale ancorare i
portafogli ad asset liquidi e trasparenti. L’anno a venire presenterà
opportunità per coloro che sono disposti ad adattarsi e a orientare attivamente
i propri investimenti. È il momento di dimostrare attenzione e agilità.
QUOTE FOR LEFT HAND
SIDE:
Nel 2025 il mondo sarà
scosso dalle politiche commerciali sempre più aggressive degli
Stati Uniti.
Mentre i dazi
statunitensi avranno un effetto inflazionistico in patria, all’estero il loro
impatto maggiore sarà quello di ridurre la crescita.
Ciò potrebbe spingere le
autorità cinesi ed europee ad adottare risposte politiche più radicali.
TEXT:
Il 2024 è stato caratterizzato da oscillazioni del
sentiment, con i mercati che hanno alternato timori di recessione e di
surriscaldamento dell’economia statunitense.
Alla fine ha prevalso una via di mezzo. Mentre all’inizio dell’anno
avevamo previsto una crescita più forte delle stime in tutte le economie
avanzate, i dati statunitensi sono stati addirittura più elevati. Anche il calo
dell’inflazione è stato sostanzialmente in linea con le nostre aspettative,
consentendo l’avvio di cicli di riduzione dei tassi nelle principali economie.
Nel 2025 il mondo sarà nuovamente scosso, in un
contesto caratterizzato da politiche commerciali statunitensi più ostili. Pur
senza conoscere l’entità dei nuovi dazi, ci aspettiamo alcuni compromessi nella
retorica della campagna elettorale, con la minaccia dei dazi che vengono
utilizzati come leva per ottenere accordi commerciali. I tagli fiscali e la
deregolamentazione rappresenteranno una spinta per l’economia statunitense: i
primi faranno aumentare il deficit. L’impatto sarà anche di tipo
inflazionistico, anche se il colpo più forte causato dai dazi sarà un evento
una tantum. Ciò dovrebbe indurre la Federal Reserve (Fed) a interrompere il
taglio dei tassi al 4% nella primavera del 2025.
Con il ridimensionamento delle ambizioni degli Stati
Uniti all’estero e un minore impegno nei confronti delle istituzioni
internazionali e delle promesse sul clima, assisteremo a un’accelerazione del
passaggio verso un mondo multipolare e frammentato. Il commercio globale
continuerà a essere ridisegnato tra Paesi amici e alleanze tra blocchi rivali
guidati da Stati Uniti e Cina. Mentre i dazi statunitensi avranno un effetto
inflazionistico in patria, all’estero il loro impatto maggiore sarà quello di
ridurre la crescita. Ciò potrebbe spingere le autorità cinesi ed europee ad
adottare risposte politiche più radicali, tra cui tagli più drastici ai tassi
di interesse.
Nel complesso, tuttavia, prevediamo una continua
espansione dell’economia globale nei prossimi trimestri, con una performance
migliore da parte dell’economia statunitense. In molte delle principali
economie l’inflazione dovrebbe avvicinarsi all’obiettivo, consentendo alle
banche centrali di continuare a tagliare i tassi di interesse. Negli Stati
Uniti, i dazi avranno l’effetto di confondere le acque su questo fronte e ci
aspettiamo un allentamento meno marcato da parte della Fed rispetto ad altri
Paesi, e un certo inasprimento in Giappone.
L’Europa deve affrontare le conseguenze
Le prospettive per l’eurozona erano già anemiche,
offuscate dal ritardo degli investimenti, dell’innovazione e della produttività. Con il calo dell’inflazione, i redditi reali tornano a
crescere, il che dovrebbe continuare a favorire la spesa dei consumatori.
Tuttavia, la mancanza di una forte leadership politica ostacola le riforme. Le
elezioni tedesche potrebbero rappresentare un’occasione di cambiamento, anche
se le aspettative sono basse. Allo stesso tempo, le decisioni a livello di
blocco sulla politica commerciale ed energetica, sul rilancio della crescita,
sulla sicurezza, sulla spesa per la difesa e sulla guerra in Ucraina sono
diventate più urgenti.
I nuovi dazi statunitensi sulle esportazioni europee
causerebbero danni maggiori all’economia, anche se un euro più debole potrebbe
offrire qualche aiuto a margine. L’unica soluzione semplice è il taglio dei
tassi di interesse. La Banca centrale europea (BCE) sta già registrando
un’inflazione bassa e una crescita più debole del previsto. Dopo aver aumentato
drasticamente i tassi nel 2022-2023, ora ha a disposizione anche un
allentamento della politica monetaria. Ci aspettiamo tagli consecutivi nel 2024
e nel 2025 e un tasso di fine ciclo intorno all’1,25%, con la possibilità di
una riduzione ancora maggiore in caso di forte rallentamento.
Ulteriori misure di stimolo dalla Cina?
Con l’aumento dei dazi statunitensi in vista, i
problemi commerciali della Cina sembrano acuirsi. A differenza dell’Europa, la
Cina soffre anche di un eccesso di investimenti pregressi, sebbene molti di
questi si siano rivelati improduttivi e siano confluiti principalmente nel
settore immobiliare. Gli investimenti nell’industria restano elevati, mentre la
spesa dei consumatori resta contenuta, in gran parte
a causa del continuo calo dei prezzi immobiliari, dove si colloca gran parte
della ricchezza delle famiglie. Compensare l’impatto negativo delle politiche
statunitensi sul commercio e sulla crescita e risolvere i problemi del mercato
immobiliare rappresentano due sfide importanti per le autorità cinesi. Prima
dell’entrata in vigore dei dazi, c’è una finestra di opportunità. Ulteriori
misure di stimolo fiscale e monetario appaiono probabili, mentre un
significativo deprezzamento dello yuan per contrastare le pressioni
deflazionistiche potrebbe rivelarsi la misura più efficace, sebbene in
contrasto con gli obiettivi precedenti delle autorità. In assenza di ulteriori
misure di sostegno su larga scala, prevediamo una crescita di circa il 4,5% nel
2025.
Le prospettive del Giappone stanno migliorando
Il Giappone sta seguendo una traiettoria diversa
rispetto alle altre grandi economie. A dicembre 2024 ci aspettiamo un aumento
definitivo del tasso di interesse di riferimento allo 0,5%, livello a cui
dovrebbe restare anche nel 2025. Si tratta probabilmente del limite imposto
dalla Banca del Giappone (BoJ), anche se potrebbe minacciare ulteriori aumenti
per sostenere lo yen. Tassi superiori allo 0,5% rischierebbero di causare
perdite finanziarie in relazione alle sue riserve. A questo livello, non
riteniamo che i tassi di interesse possano rappresentare un problema per le
finanze pubbliche, i fondi pensione o le compagnie assicurative. Ci aspettiamo
che l’inflazione rimanga al di sopra dell’obiettivo nel 2025, in un contesto
caratterizzato dall’aumento dei salari e dal calo dei sussidi per l’energia. Un
periodo di incertezza politica probabilmente continuerà fino alle elezioni
della Camera alta a metà del 2025. Prevediamo tuttavia un incremento della
crescita a circa l’1,4%, supportata da una disciplina fiscale più debole da
parte del governo di minoranza, da una maggiore spesa dei consumatori, dal
miglioramento del sentiment delle imprese e dalle riforme aziendali che
iniziano a dare i loro frutti.
I mercati emergenti navigano di nuovo in acque
difficili
Le prospettive per i mercati emergenti (ME) si sono
assottigliate a causa di previsioni più negative per le esportazioni e la
crescita, di un dollaro USA più forte e di valute emergenti più deboli.
Tuttavia, i fondamentali economici nei mercati emergenti, compresi i saldi
esterni, sono migliorati, contribuendo a limitare le tensioni. Le banche
centrali dei mercati emergenti sono state rapide nell’adottare misure in
materia di inflazione e molte di esse erano parecchio avanti nei loro cicli di
allentamento monetario nel 2024. Ulteriori tagli sono previsti nel 2025.
Tuttavia, in alcune economie questi cambiamenti potrebbero non essere così
estesi come previsto in precedenza, data la sensibilità alla potenziale
volatilità valutaria legata alle politiche statunitensi. I dazi statunitensi
potrebbero danneggiare i Paesi emergenti con notevoli esportazioni
statunitensi, tra cui Messico, Taiwan e Thailandia. Allo stesso tempo, le
economie del Golfo potrebbero registrare una ripresa della crescita, così come
alcuni Paesi dell’Africa e dell’America Latina. Tuttavia, mentre l’aumento
della produzione di petrolio potrebbe aiutare gli stati del Golfo, i prezzi
intorno ai 70 dollari al barile o inferiori, limitati dall’aumento della
produzione compresi gli Stati Uniti, limiteranno qualsiasi incremento dei loro bilanci.
Geopolitica, aumento del debito e altri rischi per le
prospettive
La geopolitica continua a rappresentare un rischio
importante per i mercati, incentrato sulle tensioni tra Stati Uniti e Cina e
sui conflitti in Medio Oriente e in Ucraina. Finora il suo impatto sulla catena
di approvvigionamento e sulle perturbazioni relative ai prezzi dell’energia è
stato limitato. Altri rischi importanti per le nostre prospettive includono una
ripresa dell’inflazione o un rallentamento più pronunciato della crescita
globale. Il primo potrebbe essere innescato da uno shock esterno ai prezzi
dell’energia, forse causato da un evento geopolitico, o dalle aspettative di
inflazione che si adeguano in risposta all’introduzione dei dazi; riteniamo
molto meno probabile un aumento guidato dalla domanda innescato
dall’accelerazione della crescita salariale. Sebbene il rischio di un
rallentamento negli Stati Uniti sembri limitato dalla notevole forza che i
consumatori americani hanno costantemente dimostrato dopo la pandemia,
continuiamo a monitorarlo attentamente. Stiamo inoltre monitorando eventuali
segnali di un rallentamento più marcato in Cina.
L’aumento dei livelli del debito pubblico ha
giustamente catturato l’attenzione degli investitori, in particolare negli
Stati Uniti, dove l’amministrazione Trump potrebbe registrare un aumento del
deficit di 6.000 miliardi di dollari, secondo le stime della Tax Foundation.
Ciò rappresenta una minaccia seria? È incoraggiante notare che gran parte del
recente aumento del debito è stato speso in investimenti produttivi, tra cui le
infrastrutture. Con la nuova amministrazione Trump, l’aumento del deficit
sarebbe finalizzato a finanziare tagli fiscali, che prevediamo avranno un
impatto positivo contenuto sulla crescita. Ci aspettiamo anche una certa
moderazione nelle promesse fatte durante la campagna elettorale. I solidi
bilanci delle aziende e delle famiglie attenuano alcune preoccupazioni sul
debito pubblico. Negli ultimi anni i saldi delle partite correnti delle
principali economie sono migliorati notevolmente. Inoltre, il tasso di crescita
nella maggior parte delle principali economie, compresi gli Stati Uniti, nel
lungo periodo dovrebbe continuare a superare il tasso di interesse reale pagato
sul debito, consentendo la sostenibilità di alcuni deficit limitati. Infine,
gli Stati Uniti hanno anche uno dei rapporti più bassi tra entrate fiscali e
PIL tra le economie avanzate, il che significa che hanno la possibilità di
aumentare gradualmente le tasse in futuro, qualora le preoccupazioni dovessero
aumentare. Pertanto, pur monitorando attentamente i deficit fiscali e le
decisioni politiche del Presidente Trump, per ora riteniamo che le dinamiche
del debito rimangano gestibili nel lungo periodo.
Aspetti
fondamentali
- Ci aspettiamo che, nella seconda metà
dell’anno, le nuove politiche in materia di economia, commercio e
immigrazione sostengano la crescita degli Stati Uniti e spingano
l’inflazione verso l’alto.
- In risposta, la Fed dovrebbe mantenere condizioni
monetarie restrittive, interrompendo i tagli dei tassi intorno al 4% nel
2025.
- Se tutte le promesse della campagna
elettorale venissero attuate, l’aumento del deficit federale potrebbe
suscitare preoccupazioni nel mercato obbligazionario.
Le politiche del Presidente eletto Donald Trump
probabilmente faranno aumentare la crescita e l’inflazione nell’economia
statunitense rispetto al suo potenziale. La crescita, che stimiamo al 2,4% nel
2025, dovrebbe beneficiare di tagli fiscali estesi e regolamentazioni più
flessibili. Ciò contribuirà a rafforzare l’attuale slancio economico, trainato
negli ultimi anni soprattutto dalla notevole resilienza dei consumatori
statunitensi. Ci aspettiamo che la spesa dei consumatori continui a essere
sostenuta da una disoccupazione relativamente bassa, dall’aumento dei salari e
dagli effetti sulla ricchezza derivanti dagli utili azionari, nonché dalla
svalutazione del debito nominale preesistente a seguito dell’elevata
inflazione.
Sebbene il mercato del lavoro si sia indebolito, con
una riduzione dei posti di lavoro creati, i licenziamenti restano bassi e
prevediamo che i rischi di recessione continueranno a essere contenuti. Dopo
essere state la preoccupazione principale dei decisori politici negli ultimi
anni, le pressioni inflazionistiche provenienti dal mercato del lavoro
dovrebbero rimanere limitate. Ci aspettiamo una crescita salariale coerente con
un’inflazione vicina all’obiettivo della Fed, con potenziali modifiche alle
politiche sull’immigrazione che avrebbero solo effetti marginali.
Tuttavia, i dazi potrebbero far aumentare
l’inflazione. A nostro giudizio, il Presidente Trump adotterà un approccio
transazionale, ad esempio utilizzando la minaccia dei dazi per ottenere dai
diversi Paesi la promessa di maggiori acquisti di beni dagli Stati Uniti e
imporrà dazi inferiori a quelli promessi durante la sua campagna. Se
circa la metà delle sue promesse in materia di dazi venissero attuate, e
tenendo conto dei ritardi nell’attuazione, è prevedibile un moderato aumento
dell’inflazione verso la fine del 2025.
L’impatto dei dazi sulla crescita è meno chiaro e
potrebbe essere leggermente negativo, a seconda di come gli altri Paesi
decideranno di reagire. Riteniamo che la Fed adotterà un approccio prudente
alla luce del rischio inflazionistico e abbasserà gradualmente i tassi a circa
il 4% nel 2025, al di sopra della nostra stima del tasso neutrale a lungo
termine del 3,5%.
Le promesse fiscali della campagna presidenziale
implicano un aumento del debito di 6.000 miliardi di dollari. Ciò potrebbe
generare tensioni sul mercato obbligazionario. Tuttavia, ci aspettiamo che
vengano attuati tagli fiscali più moderati e che la dinamica del debito
statunitense diventi in definitiva gestibile nel lungo periodo (si veda
l’Editoriale per maggiori dettagli).
Europa: Sfide interne ed esterne
Aspetti fondamentali
·
È probabile che la crescita dell’eurozona rimanga bassa nel 2025, con la
debolezza persistente della Germania.
·
La prospettiva di nuovi dazi e di un minore sostegno degli Stati Uniti
all’Ucraina pone ulteriori rischi in un momento in cui la politica fiscale
sembra non essere nella posizione ideale per rispondere.
·
Ora ci aspettiamo un ulteriore allentamento monetario, con la BCE che
taglierà i tassi all’1,25%, e potenzialmente a valori inferiori in caso di un
forte rallentamento.
Nel
2024 la performance economica dell’Europa è migliorata solo leggermente. Con il
nuovo allentamento della politica monetaria, si sperava in una ripresa. In tal
caso, il consumatore europeo si è dimostrato restio a spendere e la crescita
dovrebbe attestarsi appena al di sotto dell’1%. La debolezza è stata
concentrata nella più grande economia del blocco, la Germania, con sfide
strutturali al modello di business del Paese e restrizioni fiscali che
provocano una stagnazione.
È
improbabile che la situazione migliori di molto nel 2025. Italia e Francia
faticheranno a ridurre i loro deficit di bilancio (rispettivamente sopra al 5%
e al 7% del PIL nel 2024). È probabile che i problemi della Germania
persisteranno e potenzialmente si intensificheranno. La crisi di governo in
atto aumenta l’incertezza a breve termine. Considerando che il prossimo governo
sarà probabilmente guidato dal partito conservatore CDU, la riluttanza a
ricorrere alla politica fiscale per stimolare l’economia potrebbe solo
aumentare. In un simile contesto, non vediamo alcuna via d’uscita realistica
dai rigidi vincoli di bilancio autoimposti.
Infine,
lo scenario geopolitico è destinato a complicarsi ulteriormente. È probabile
che l’amministrazione Trump ridurrà drasticamente il sostegno all’Ucraina,
lasciando l’UE impreparata di fronte a un compito enorme. La prospettiva di
un’altra guerra commerciale con i dazi statunitensi esporrebbe l’Europa in
maniera significativa. Anche se il loro effetto inflazionistico sarebbe
probabilmente limitato, l’impatto sulla crescita derivante da canali quali la
crescente incertezza, i tagli agli investimenti e l’inasprimento delle
condizioni finanziarie sarà probabilmente significativo. Abbiamo ridotto le nostre previsioni di crescita per l’eurozona nel 2025
all’1,0%.
L’impatto
delle nuove politiche statunitensi sulla crescita arriverà in un momento in cui
l’eurozona non sarà in grado di affrontare un altro shock. Con le restrizioni
della politica fiscale (praticamente inesistente a livello UE) nella maggior
parte degli Stati membri, l’onere ricadrà ancora una volta sulla politica
monetaria. Fortunatamente, a differenza dell’ultima guerra commerciale degli
anni recenti, quando il tasso di interesse di riferimento della BCE era basso,
questa volta lo spazio per reagire è maggiore. Ora ci aspettiamo un
taglio dei tassi di interesse all’1,25%, o addirittura maggiore, in caso di un
più brusco deterioramento della crescita.
Svizzera
Come resistere ai venti freddi provenienti dalla
Germania
Aspetti fondamentali
- L’economia svizzera
ha resistito alla debole domanda esterna quest’anno e dovrebbe rimanere
resiliente nel 2025.
- L’inflazione sta
diminuendo più rapidamente del previsto, spingendo la Banca nazionale
svizzera a tagliare nuovamente i tassi tra la fine del 2024 e l’inizio del
2025.
- Un tasso di riferimento
in calo dovrebbe portare a una diminuzione dei tassi di riferimento sui
mutui, favorendo i consumi.
L’economia aperta e fortemente globalizzata della
Svizzera è stata influenzata nel 2024 dalla debole domanda proveniente da Cina
ed Europa e dal franco svizzero forte. Tuttavia, l’adattamento della Svizzera
alla crescita stagnante della Germania, uno dei suoi più importanti partner
commerciali, si è rivelato migliore del previsto. Nell’ultimo decennio la quota
delle esportazioni svizzere verso la Germania è diminuita, mentre è aumentata
quella verso gli Stati Uniti. La vivace economia statunitense ha contribuito ad
attutire il colpo della crescita più lenta dei vicini svizzeri.
Nel 2025, una maggiore dipendenza dall’economia statunitense
potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Sebbene la crescita ancora forte
degli Stati Uniti dovrebbe continuare a compensare parte dell’impatto della
debole domanda tedesca, essa rende l’economia svizzera più vulnerabile a
eventuali nuovi dazi imposti sulle importazioni statunitensi. Tuttavia,
crediamo che un approccio “transazionale” ai dazi da parte del Presidente
entrante Trump potrebbe attenuarne il livello finale rispetto alle promesse
della sua campagna elettorale. La Svizzera potrebbe perseguire un accordo di
libero scambio con gli Stati Uniti con maggior vigore rispetto ai negoziati
bloccati dell’UE. Inoltre, le esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti
riguardano solitamente beni ad alto valore aggiunto e meno sensibili al prezzo,
il che significa che dazi doganali moderati non dovrebbero avere un impatto
drastico sulla domanda statunitense di prodotti svizzeri.
In questo contesto, prevediamo che nel 2025 l’economia
svizzera registrerà una crescita del PIL reale di poco superiore all’1%. Anche
gli sviluppi interni sembrano ampiamente positivi, poiché gli investimenti
nell’economia proseguono e un mercato del lavoro ancora teso è sostenuto dalla
crescente immigrazione dall’Europa.
Anche l’inflazione sta
calando molto più rapidamente del previsto, in un contesto di calo dei
prezzi dell’energia e soprattutto del costo dei beni importati, dato il franco
forte. Ciò aumenterà la pressione sulla Banca nazionale svizzera (BNS) affinché
tagli i tassi nelle prossime riunioni trimestrali di dicembre 2024, marzo e
giugno 2025. Ci aspettiamo che l’inflazione svizzera si attesti in media
attorno allo 0,7% nel 2025, il che darà alla BNS maggiore discrezionalità nella
seconda metà dell’anno. Sono ancora possibili interventi più incisivi sul
mercato valutario, anche se sembrano improbabili prima della metà del 2025. Nei
prossimi mesi, un tasso di interesse di riferimento in calo dovrebbe far
scendere il tasso di riferimento sui mutui e l’inflazione sugli affitti,
sostenendo i consumi.
Regno Unito
Un impulso di bilancio alla crescita e all’inflazione
Aspetti fondamentali
- Dopo la pubblicazione del bilancio
autunnale, ora prevediamo una crescita e un’inflazione del Regno Unito
leggermente più elevate nel 2025.
- Le regole fiscali riviste garantiscono
maggiore flessibilità per la spesa infrastrutturale e le aziende hanno ora
maggiore certezza sulle priorità di politica economica.
- La Banca d’Inghilterra dovrebbe continuare
a tagliare i tassi, ma ora potrebbe farlo più lentamente, soppesando
l’impatto delle nuove politiche del Regno Unito e quelle di una futura
amministrazione repubblicana dall’altra parte dell’Atlantico.
Il governo laburista del Regno Unito ha definito la
sua agenda economica come programma che punta a incrementare le tasse e la
spesa. Ci aspettiamo un impatto positivo sulla crescita derivante dalle
nuove misure annunciate nel bilancio autunnale, trainate dagli investimenti in
infrastrutture e servizi essenziali. Prevediamo inoltre un aumento
dell’inflazione dovuto all’allentamento fiscale, seppur modesto, poiché alcune
misure hanno stimolato la domanda, ma sono state anche compensate dall’aumento
delle imposte.
Una crescita superiore alle attese e un’inflazione
inferiore alle attese nel 2024 hanno reso più facile il compito del nuovo
governo. Per il 2025 prevediamo una crescita dell’1,8% e un’inflazione media
leggermente superiore all’obiettivo del 2% della Banca d’Inghilterra (BoE).
Sebbene i consumatori del Regno Unito rimangano piuttosto prudenti in termini
di spesa, la crescita del reddito reale è tornata in territorio positivo.
Le aziende dovrebbero accogliere con favore una maggiore certezza a livello di
direzione economica e gli investimenti potrebbero migliorare, anche se i
guadagni di produttività potrebbero essere più difficili da ottenere. Le norme
fiscali aggiornate garantiscono al governo maggiore flessibilità per gli
investimenti a lungo termine. Una maggiore spesa per i trasporti e per il
servizio sanitario dovrebbe aiutare il mercato del lavoro, con potenziali
benefici per gli alti tassi di malattia di lunga durata e di assenza dal
lavoro, anche se solo il tempo potrà dirlo.
A settembre l’inflazione
complessiva è scesa al di sotto dell’obiettivo della BoE e la banca centrale ha
iniziato a tagliare i tassi di interesse da luglio. L’inflazione core e dei
servizi, rimaste ostinatamente elevate, si stanno moderando. Ora pensiamo che
la BoE probabilmente adotterà un approccio riunione per riunione e adotterà un
ritmo più lento a livello di allentamento monetario, mentre soppeserà l’impatto
delle nuove misure fiscali e di spesa e gli eventuali effetti negativi sulla
crescita derivanti da potenziali dazi statunitensi. Ci aspettiamo ancora un
“terminal rate” (tasso neutrale) del 2,5%, ben al di sotto delle aspettative
del mercato, ma prevediamo che arriverà all’inizio del 2026.
Giappone
Impatto gestibile
della politica nazionale e statunitense
Aspetti fondamentali
·
Dopo la pesante
sconfitta della coalizione al potere alle elezioni di ottobre, un periodo di
incertezza politica sembra inevitabile.
·
La vittoria dei
repubblicani alle elezioni americane avrà un impatto limitato sul Giappone a
meno che non inneschi uno shock dell’approvvigionamento energetico.
·
Sebbene la
strategia fiscale sembri destinata a diventare più accomodante, quella
monetaria sarà orientata a reagire alla debolezza dello yen, non alla politica.
La politica giapponese è
diventata più imprevedibile, con l’attuale governo di minoranza raramente al
potere dopo le sconfitte del Partito Liberal Democratico (LDP) del Primo
Ministro Shigeru Ishiba alle elezioni di ottobre 2024. Anche se Ishiba rimarrà
alla guida del partito nel breve termine, dovrà negoziare uno stretto passaggio
tra le frizioni interne all’LDP e le richieste della rinvigorita opposizione.
Un periodo di instabilità politica sembra inevitabile.
La vittoria dei repubblicani
alle elezioni negli Stati Uniti sembra destinata ad aggravare le incertezze per
il Giappone, soprattutto se porterà a una maggiore escalation dei conflitti in
Medio Oriente e a shock nelle importazioni giapponesi di petrolio e gas
naturale. Tuttavia, l’agenda economica del Presidente Trump potrebbe non avere
lo stesso impatto sul Giappone rispetto ai suoi vicini asiatici. In primo
luogo, qualsiasi tentativo di imporre dazi universali del 10-20% a partner
commerciali amici come il Giappone comporterebbe notevoli incertezze legali e
politiche. In secondo luogo, dazi significativamente più punitivi sulle
esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti potrebbero migliorare il
posizionamento competitivo relativo delle aziende giapponesi. In terzo luogo,
l’economia giapponese è semplicemente meno dipendente dalle esportazioni verso
gli Stati Uniti rispetto ad altre grandi economie.
Le pressioni al ribasso sullo
yen sembrano destinate a spingere la Banca del Giappone (BoJ) a procedere a un
inasprimento della politica monetaria. Poiché il costo della vita continua a
essere fonte di insoddisfazione per gli elettori, il Ministero delle Finanze
giapponese e la BoJ cercheranno di sostenere lo yen attraverso interventi di
mercato o aumenti dei tassi. Manteniamo il nostro scenario di base di un aumento
dei tassi della BoJ di 25 punti base (pb) a dicembre . Se la debolezza
dello yen dovesse persistere fino al 2025, la BoJ potrebbe minacciare ulteriori
rialzi superiori allo 0,5%, anche se ciò potrebbe comportare perdite
finanziarie per la banca centrale.
Per massimizzare il margine
di manovra prima delle elezioni della Camera alta del luglio 2025, il governo
di Ishiba sarà tentato di ricorrere a ulteriori incentivi fiscali per
tranquillizzare gli elettori e creare consenso con i partiti di opposizione.
Pur avendo annunciato un bilancio suppletivo di fine anno superiore a 13.000
miliardi di yen, il bilancio effettivo potrebbe essere ancora più elevato.
Cina
Gli stimoli di
Pechino prevarranno sui nuovi shock commerciali?
Aspetti fondamentali
·
La vittoria del
Presidente Trump alle elezioni americane rappresenterà uno shock commerciale per
la Cina, poiché è probabile che riuscirà a incrementare i dazi sulle
importazioni cinesi al 30-60%.
·
Seppur il pacchetto
fiscale di Pechino rappresenti un passo nella giusta direzione, per compensare
lo shock causato dai dazi dovrà essere abbinato alla svalutazione della moneta.
·
Sebbene i recenti
incentivi non saranno sufficienti ad affrontare efficacemente le sfide a lungo
termine della Cina, la politica statunitense potrebbe rivelarsi lo stimolo per
l’adozione di misure più radicali.
È probabile che nel 2025 la
Cina si troverà a subire una sostanziale impennata dei dazi sulle esportazioni
verso gli Stati Uniti. Anche se i tempi restano incerti, ipotizziamo che
l’attuazione avverrà tra i 6 e i 9 mesi dall’inizio del secondo mandato del
Presidente Trump. La sua posizione sul commercio, l’immigrazione, i tagli alle
tasse e la geopolitica del Medio Oriente potrebbe rivelarsi inflazionistica e
limitare significativamente il margine di manovra della Banca Popolare Cinese.
Uno shock di crescita nel 2025 pari potenzialmente all’1-2% del PIL potrebbe
costringere la Cina a prendere in considerazione ulteriori stimoli fiscali o
una svalutazione una tantum dello yuan per attutire l’impatto nei confronti
degli esportatori.
Finora le autorità cinesi hanno
optato per un sostegno graduale alla crescita anziché per uno stimolo generale
come quello lanciato nel 2008-2009. Hanno annunciato un programma pluriennale
per gli enti locali di conversione del debito e finanziamento dell’acquisto di
case invendute. Ora ci aspettiamo un pacchetto fiscale da parte del governo
centrale per affrontare la debolezza dei consumi e i dazi di Trump, ma c’è il
rischio che, se l’attuale approccio cauto dovesse continuare, questo potrebbe
rivelarsi inadeguato.
Molto dipenderà anche dalla
capacità di Pechino di stabilizzare il settore immobiliare in difficoltà. Nuove
misure, tra cui l’eliminazione delle restrizioni all’acquisto di case e degli
acquisti da parte degli enti locali, potrebbero contribuire ad attenuare lo squilibrio
tra domanda e offerta e a stabilizzare i prezzi. Purtroppo, nonostante il
recente allentamento delle politiche, il settore immobiliare non sta vivendo
una svolta significativa. Le attuali misure di stimolo economico non aiuteranno
la Cina ad affrontare in modo efficace le sue innumerevoli sfide a lungo
termine.
Eppure, è interessante notare
che, sebbene finora nessuna di queste misure si sia concretizzata, un secondo
mandato di Trump potrebbe potenzialmente costringere Pechino ad adottare
soluzioni di stimolo più radicali, che ricorrano a una politica monetaria più
aggressiva. In tale eventualità, ciò potrebbe migliorare paradossalmente le
prospettive della Cina nel medio termine. Sarà un elemento chiave da tenere
d’occhio nel 2025.
Mercati emergenti
ex Cina
Gli shock del Trump
2.0: l’ovvio, il sottile e l’ignoto
Aspetti fondamentali
·
L’outlook a breve
termine per i mercati emergenti è complesso in un contesto di cambiamenti
significativi nella politica commerciale e nella strategia nazionale degli
Stati Uniti.
·
Sebbene
l’allentamento della politica monetaria dei mercati emergenti continuerà, la destinazione
dei tassi di interesse in questo ciclo sarà più elevata di quanto inizialmente
previsto.
·
I nuovi dazi
statunitensi da soli non sono ancora sufficienti a innescare un’ampia revisione
al ribasso delle nostre previsioni per queste economie.
Il ritorno del Presidente Trump
alla Casa Bianca presupporrà sfide significative per i mercati emergenti (ME)
nel 2025. In primo luogo, la nuova presidenza probabilmente imporrà dazi
punitivi sulle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti. In secondo luogo, un
nuovo processo di contrattazione commerciale o strategica con gli Stati Uniti
comporterà costi economici sostanziali per i grandi mercati emergenti come
Messico, Corea del Sud e i Paesi europei della NATO, anche se si dovesse
evitare un’imposizione esplicita dei dazi. In terzo luogo, le politiche
economiche di Trump potrebbero rivelarsi ancora più inflazionistiche e positive
per il dollaro statunitense rispetto alle nostre attuali ipotesi.
Le conseguenze più evidenti per
i mercati emergenti sono maggiori incertezze politiche e mercati valutari più
volatili, che riducono il margine per un allentamento delle politiche. Abbiamo
aumentato le nostre stime per i tassi di interesse di fine ciclo di alcune
banche centrali dei mercati emergenti, come già fatto di recente per la Fed. I Paesi emergenti dell’Asia, più sensibili a livello commerciale,
risentiranno in modo più evidente dell’impatto negativo delle politiche
statunitensi rispetto all’America Latina o all’Europa emergente.
Vi sono ancora motivi per
mantenere una prospettiva generalmente stabile per queste economie. Nel 2025 la
crescita della Cina potrebbe essere trainata maggiormente dal mercato interno,
poiché la sua svolta verso gli stimoli fiscali potrebbe compensare i dazi
statunitensi. Se la Cina dovesse diventare l’unico Paese a sopportare il peso
dei nuovi dazi, altri mercati emergenti potrebbero addirittura trarne modesti
benefici, aumentando la loro quota di esportazioni statunitensi, come accaduto
dopo l’imposizione dei dazi nel 2018.
Tuttavia, restano ancora molte
incognite. I dazi universali potrebbero essere diluiti a fronte di una forte
resistenza legale e politica. Oppure l’amministrazione del Presidente Trump
potrebbe mettere a rischio gli accordi commerciali esistenti o la stabilità
geopolitica in Medio Oriente. Per noi, una dispersione così ampia dei possibili
risultati si traduce in una prospettiva che si limita a estrapolare le tendenze
fondamentali più recenti, ovvero crescita positiva, inflazione in calo e tassi
di interesse leggermente più bassi.
ASSET ALLOCATION
I tagli dei tassi
sostengono gli asset EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), ma indeboliscono le
valute
- I tagli più drastici dei tassi da parte della BCE
sostengono le obbligazioni societarie europee ma indeboliscono l’euro.
- Intravediamo una prospettiva positiva per i Paesi
del GCC, in assenza di qualsiasi escalation geopolitica in Medio Oriente.
- Un inizio positivo del Governo di unità nazionale in
Sudafrica fa ben sperare per il 2025.
Eurozona: il ciclo
di allentamento della BCE avrà un ruolo più rilevante nel 2025
Le sorti delle economie
dell’eurozona continueranno a divergere nel 2025, mentre la prospettiva dei
dazi statunitensi crea rischi di ribasso per l’eurozona. Ci aspettiamo che la
BCE riduca i tassi all’1,25%, o ulteriormente in caso di brusco rallentamento
della crescita, e che di conseguenza l’euro si indebolisca rispetto al dollaro
USA. Le azioni dell’eurozona dovrebbero continuare a registrare performance
inferiori a quelle globali, anche se notiamo un potenziale di recupero per il
mercato azionario francese. In ambito obbligazionario, crediamo che i Bund tedeschi
sovraperformeranno. Ci aspettiamo che i titoli di Stato francesi continueranno
a offrire rendimenti pressoché simili a quelli disponibili sul debito spagnolo
e non intravediamo alcuna possibilità significativa di avvicinamento tra i
rendimenti dei titoli di Stato francesi e tedeschi. Nel complesso, preferiamo
le obbligazioni societarie dell’eurozona rispetto ai titoli di Stato.
Il settore
immobiliare svizzero e i Gilt britannici sono fonti di reddito interessanti
La crescita svizzera dovrebbe
restare vicina al suo potenziale e, visti gli altri punti di forza
dell’economia svizzera (capacità di innovazione del settore privato, solidi
saldi esterni e debito pubblico limitato), ci aspettiamo un ulteriore
apprezzamento del franco svizzero. Tuttavia, dati gli attuali bassi livelli,
preferiamo le obbligazioni societarie e, in particolare, i fondi immobiliari
come fonti di reddito aggiuntivo nei portafogli. Ci aspettiamo che le azioni
svizzere, misurate dallo Swiss Market Index (SMI), raggiungano quota 12.370 nei
prossimi 12 mesi.
Il bilancio autunnale del Regno
Unito dovrebbe contribuire a raggiungere una crescita dell’1,8% nel 2025. A
nostro giudizio, la Banca d’Inghilterra continuerà a tagliare i tassi di
interesse fino a un tasso terminale del 2,5%, in qualche misura al di sotto
delle aspettative del mercato. Questa visione contribuisce a orientare la
nostra preferenza per i Gilt e la nostra opinione prudente sulla sterlina.
Interrogativi sul
petrolio per l’Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti in crescita
La cancellazione dei tagli
volontari alla produzione di petrolio da parte dell’Organizzazione dei Paesi
esportatori di petrolio (OPEC) probabilmente darà ulteriore slancio alla
crescita del PIL reale dei Paesi del GCC (Consiglio di cooperazione del Golfo) da
meno del 2% nel 2024 a oltre il 4% nel 2025. Ci aspettiamo inoltre che le
banche centrali del GCC seguano l’esempio della Fed in termini di tagli dei
tassi, dato il buon andamento dell’inflazione. Nonostante il contesto
favorevole, l’implicita tendenza al ribasso dei prezzi del petrolio derivante
dall’aumento dell’offerta potrebbe riportare l’Arabia Saudita in una condizione
di deficit fiscale e delle partite correnti, nonostante una forte ripresa della
crescita del PIL reale. Questo perché gli attuali prezzi del greggio sono ben
al di sotto del livello necessario per pareggiare il bilancio del Paese. In
risposta, Riyad sta già apportando tagli ai megaprogetti come Neom, una vasta
città nel deserto. Nel medio termine, tuttavia, prevediamo che questi aggiustamenti
saranno gestibili, poiché le recenti riforme in ambito fiscale, del lavoro e
dell’immigrazione rafforzeranno la resilienza dell’economia.
Un accordo favorevole sulla
produzione di petrolio con l’OPEC e un fiorente settore dei servizi dovrebbero
rendere gli Emirati Arabi Uniti il Paese di punta del Medio Oriente nei
prossimi anni. In particolare, il mercato immobiliare del Paese dovrebbe
continuare a registrare ottime performance grazie al robusto afflusso di
talenti dall’estero, al boom del turismo e a un contesto dei tassi di interesse
globali più favorevole. Il solido doppio surplus del Paese proteggerà inoltre
l’economia da qualsiasi shock temporaneo. Tuttavia, la situazione preoccupante
dei rapporti tra Israele e Iran costituirà un rischio chiave da tenere
d’occhio. Un’eventuale distensione del conflitto in Medio Oriente sotto
l’influenza della nuova amministrazione statunitense potrebbe creare delle
opportunità per l’economia e gli asset dei Paesi del GCC.
Tagli difficili in
Turchia e nell’Europa centrale e orientale
In Turchia, il ritorno a una
politica monetaria più ortodossa ha mantenuto elevati i tassi di interesse
reali, ha determinato un modesto incremento delle riserve valutarie e ha in una
certa misura frenato la spirale inflazionistica. Il costo di questo processo
sarà un’ulteriore decelerazione della crescita al 2,5%. Tuttavia, ciò sarà
accompagnato da una riduzione del deficit delle partite correnti poco sopra
l’1,0-1,5% del PIL. Il nuovo piano a medio termine del governo comprende ipotesi
piuttosto irrealistiche sulle entrate fiscali e sul saldo di bilancio,
escludendo il pagamento degli interessi. Il raffreddamento della crescita e
dell’inflazione consentirà alla banca centrale di iniziare a tagliare il tasso
di riferimento per la prima volta dal 2023.
I Paesi dell’Europa centrale e
orientale che hanno guidato il ciclo di allentamento monetario globale vedranno
la disinflazione fare il suo corso con una ripresa della crescita nel 2025. Nel
caso della Polonia, sebbene la banca centrale manterrà i tassi invariati nel
breve termine a causa dei timori legati all’inflazione core persistente,
prevediamo una ripresa dei tagli dei tassi all’inizio del 2025, quando
migliorerà la visibilità sui prezzi regolamentati. In Ungheria e Repubblica
Ceca, l’allentamento monetario giungerà al termine con il ritorno alla
normalità dell’inflazione nel nuovo anno.
Qualche barlume di
speranza in Sudafrica
Il governo di unità nazionale
nella Repubblica del Sudafrica ha avuto un inizio positivo dopo le elezioni
generali, con l’assegnazione di posizioni ministeriali al secondo maggior
partito, ampiamente centrista, Alleanza Democratica, che ha rassicurato i
mercati. L’ultima dichiarazione sulla politica di bilancio a medio termine del
governo ha mantenuto la posizione sull’avanzo primario (ossia, reddito più
elevato rispetto alla spesa corrente) nonostante una modesta flessione delle
entrate. Una serie di sviluppi favorevoli ha permesso al Paese di evitare
interruzioni di corrente elettrica per un periodo prolungato, nonostante la maggiore
domanda invernale. Ci aspettiamo che l’economia sudafricana registri una
modesta ripresa della crescita attorno all’1,5% nel medio termine, con
un’inflazione che si manterrà entro l’intervallo target della banca centrale.
Ciò preannuncia altri due tagli dei tassi di 25 punti base in questo ciclo, che
dovrebbero sostenere il credito e le azioni sudafricane. Il rischio principale
per questa previsione sarà il rand, che ha registrato una notevole volatilità
dopo le elezioni statunitensi.
Asia Outlook
Un nuovo scenario
di investimenti per l’Asia
·
L’imposizione di ulteriori dazi statunitensi sulle
esportazioni asiatiche sconvolgerà la regione, aumentando i costi del debito
denominato in dollari e delle importazioni e mettendo a dura prova la crescita
e gli investimenti aziendali.
·
Nel breve periodo, gli investitori potrebbero
privilegiare gli asset statunitensi. La
domanda di asset rischiosi asiatici potrebbe risultare contenuta.
·
Un’ulteriore separazione tra Stati Uniti e Cina metterà
alla prova le posizioni strategiche e continua a rimodellare le opportunità di
investimento.
Nel 2025 l’Asia si troverà ad
affrontare un nuovo scenario per gli investimenti. Le implicazioni del
cambiamento della politica statunitense e del rallentamento della crescita
cinese riguarderanno il commercio, gli asset finanziari e le considerazioni
strategiche. Tra i fattori chiave figurano i nuovi dazi doganali statunitensi,
l’aumento dei tassi di interesse statunitensi e un dollaro più forte. Ciascuno
di questi elementi acuisce la pressione sulle economie asiatiche e minaccia di
minare il sentiment degli investitori nei confronti della regione.
I dazi proposti dagli Stati
Uniti, che possono arrivare fino al 60% sui prodotti cinesi e al 10% sul resto
dell’Asia, potrebbero pregiudicare l’equilibrio delle catene di
approvvigionamento, mettendo a dura prova la fiducia e gli investimenti delle
aziende. Ciò ricalcherebbe la volatilità legata ai dazi registrata durante la
prima amministrazione Trump. Inoltre, tassi di interesse e rendimenti
obbligazionari più elevati negli Stati Uniti, conseguenza di una maggiore
inflazione alimentata dalle politiche fiscali, si ripercuoterebbero
probabilmente sull’Asia, aggravando le sfide per le economie che già devono far
fronte a una crescita più lenta delle esportazioni e a valute più deboli.
Implicazioni per
gli investimenti e riallineamento geopolitico
La forza del dollaro
statunitense avrà un impatto sui mercati asiatici. Sebbene possa essere
vantaggioso per le aziende che esportano negli Stati Uniti, ciò comporta anche
un aumento dei costi del servizio del debito per le aziende e gli emittenti con
significative passività in dollari, con ripercussioni sui bilanci e limitazioni
per gli investimenti. Finché non saranno chiarite le politiche statunitensi, è
probabile che gli investitori prediligeranno le azioni statunitensi agli asset
rischiosi asiatici, fintantoché le azioni statunitensi continueranno a godere
di solidi utili aziendali e di un contesto economico resiliente.
Gli investitori dovranno
gestire rischi e opportunità crescenti. Ci aspettiamo una crescita moderata
nelle economie asiatiche, soprattutto se la Cina attuerà misure di stimolo
significative. I mercati regionali potrebbero avere difficoltà ad attrarre
investimenti significativi. L’approccio “America First” dell’amministrazione
Trump potrebbe accentuare i trend verso la deglobalizzazione, intensificando la
separazione strategica tra Stati Uniti e Cina e rimodellando gli allineamenti
geopolitici. Questo cambiamento potrebbe inasprire le tensioni regionali,
soprattutto con l’aumento dell’influenza economica ottenuta dalla Cina in
seguito alle iniziative adottate. Queste dinamiche potrebbero mettere alla
prova lo storico pragmatismo dell’Asia nel bilanciare l’influenza politica
degli Stati Uniti e i legami economici con la Cina.
Strategia di
investimento:
Posizionamento per un’ulteriore crescita
·
Nonostante le
elevate valutazioni azionarie statunitensi, il 2025 dovrebbe rivelarsi un altro
anno costruttivo per i titoli azionari. Le azioni statunitensi dovrebbero
sostenere i guadagni, mentre continuiamo a considerare con poca convinzione il
potenziale delle azioni europee.
·
Le strategie
obbligazionarie dovrebbero concentrarsi sul credito high yield,
bilanciando la generazione di reddito con la gestione attiva dei
rischi di inflazione e dei tassi di interesse.
·
Il rafforzamento
del dollaro statunitense non dovrebbe impedire l’aumento dei prezzi dell’oro.
Il metallo consente di diversificare il portafoglio in un contesto di
mutevoli tendenze macroeconomiche e incertezze politiche.
Una vittoria repubblicana apre
la possibilità di un contesto finanziario dominato da una riduzione delle
tasse, dalla deregolamentazione e da un maggiore sostegno alla crescita delle
aziende statunitensi. Ci aspettiamo che queste politiche generino un sentiment
costruttivo tra le aziende e il mercato, pur con alcune sfumature. Sebbene le
prospettive per i mercati azionari e del credito rimangano positive su base
annua, l’impatto dei dazi, dei rischi geopolitici e delle pressioni
inflazionistiche definiranno il panorama degli investimenti. All’inizio del
2025, l’asset allocation dovrà bilanciare questi fattori per ottimizzare i
rendimenti corretti per il rischio.
Una prospettiva
costruttiva per le azioni
Sebbene le valutazioni dei
titoli azionari statunitensi siano già storicamente elevate, il mercato è
destinato a trarre vantaggio dalle politiche della nuova amministrazione. La
riduzione delle tasse e la deregolamentazione aumenteranno gli utili aziendali
e stimoleranno le attività di fusione e acquisizione (M&A). Ci aspettiamo
che il settore tecnologico sosterrà ulteriori guadagni di mercato. Anche il
settore finanziario dovrebbe registrare buone performance, anche se, dopo il
recente aumento dei prezzi, sarà fondamentale la tempistica.
Da un punto di vista regionale,
le azioni statunitensi dovrebbero continuare a registrare performance positive
nei prossimi 12 mesi, poiché le politiche nazionali creano un contesto
favorevole alla crescita. Le azioni europee rimarranno meno interessanti. Anche
le azioni cinesi devono far fronte a delle sfide, poiché la politica più
restrittiva della Fed e i potenziali aumenti dei dazi potrebbero imporre una
certa pressione sui mercati cinesi. La risposta delle autorità cinesi alla
crisi immobiliare, alla debolezza dei consumi e ai dazi statunitensi sarà
fondamentale per ripristinare la fiducia degli investitori.
In termini di stile, i titoli
azionari a bassa capitalizzazione, i settori ciclici e altre strategie più
rischiose potrebbero produrre rendimenti positivi nell’orizzonte di
investimento a breve termine.
Irripidimento delle
curve di rendimento
Prevediamo una prosecuzione
della disinflazione in tutte le economie nel 2025. Tuttavia, il mercato
obbligazionario statunitense dovrà fare i conti con i rischi di un aumento
della crescita e dell’inflazione potenziale, dovuti ai dazi interni e a una politica
di immigrazione più restrittiva. Ciò porterà a un aumento dei rendimenti dei
titoli di Stato statunitensi a lunga scadenza, amplificando la differenza tra
rendimenti a lunga e a breve scadenza (“bear steepening” della curva dei
rendimenti). Una crescita più rapida potrebbe rendere le obbligazioni a breve
termine una componente fondamentale della strategia obbligazionaria
statunitense e in tal senso le scadenze da 3 a 5 anni sembrano interessanti.
In Europa e nel Regno Unito, i
rischi di rialzo dell’inflazione sembrano più contenuti e un ulteriore
allentamento della politica monetaria potrebbe portare a un “bull steepening”
della curva dei rendimenti, con un calo dei rendimenti obbligazionari a breve
termine più rapido rispetto alle scadenze più lunghe. Le obbligazioni
indicizzate all’inflazione potrebbero apparire interessanti, soprattutto se le
politiche fiscali dovessero stimolare maggiori aumenti dei prezzi nei prossimi
mesi. Tuttavia, ci aspettiamo un rialzo limitato per queste obbligazioni
rispetto alle normali obbligazioni nominali.
Gli spread delle obbligazioni
societarie (ovvero il premio offerto rispetto ai titoli di Stato) dovrebbero
rimanere ridotti nel 2025 e le obbligazioni high yield probabilmente
sovraperformeranno. Una solida crescita economica favorisce una riduzione dei
rischi di insolvenza, rendendo le obbligazioni high yield un’opzione
allettante, in particolare quelle a breve scadenza. Le obbligazioni investment
grade potrebbero essere più sensibili ai segnali di aumento dell’inflazione,
data la duration più lunga e quindi la maggiore sensibilità ai tassi di
interesse delle obbligazioni investment grade rispetto a quelle high yield.
Tuttavia, grazie a bilanci
solidi, le obbligazioni societarie dovrebbero generare rendimenti migliori rispetto
ai titoli di Stato. L’outlook potrebbe ricevere ulteriore supporto in caso di
esiti inaspettatamente positivi della crescita e di ulteriore contrazione degli
spread. Un’attenta selezione dei settori può massimizzare i rendimenti gestendo
al contempo i rischi. Le obbligazioni dei mercati emergenti denominate in
dollari USA potrebbero risentire dell’irripidimento della curva dei rendimenti
statunitense. Continuiamo a preferire le obbligazioni societarie dei mercati
emergenti rispetto a quelle sovrane. Le prime sono meno sensibili al rischio
dei tassi di interesse statunitensi e offrono una remunerazione leggermente più
elevata grazie agli spread.
Il dollaro è di
nuovo più forte?
Ci aspettiamo cambiamenti
significativi nei mercati valutari. Un rafforzamento del dollaro statunitense
(USD), che trarrebbe vantaggio dal sentiment positivo del mercato e da tassi di
interesse più elevati rispetto alle altre valute dei mercati sviluppati,
dovrebbe concretizzarsi nel breve termine. Con il miglioramento delle aspettative
di crescita degli Stati Uniti e il terminal rate della Fed più elevato rispetto
alle altre principali banche centrali, l’euro dovrebbe evidenziare un andamento
discendente rispetto al dollaro. Tuttavia, nei prossimi 6-12 mesi potrebbe
emergere un quadro più diversificato, con l’attenuarsi dei rischi di inflazione
e l’evidenziarsi di rischi fiscali e commerciali. Lo yen giapponese e il franco
svizzero potrebbero rivelarsi più resilienti negli ultimi periodi del 2025. Le
valute dei mercati emergenti saranno più vulnerabili, in particolare quelle con
un’elevata quota di esportazioni statunitensi, poiché i rischi geopolitici e le
tensioni commerciali introducono ulteriore volatilità. Per questo motivo è
importante che gli investitori mostrino flessibilità in termini di esposizione
ai mercati emergenti.
Oro e petrolio in
primo piano
Tassi di interesse reali più
elevati del previsto e un dollaro più forte potrebbero limitare il rialzo
dell’oro nel breve termine. Tuttavia, con il proseguimento della disinflazione
e dei tagli dei tassi nelle principali economie, la domanda degli investitori
dovrebbe aumentare, sostenendo i prezzi dell’oro. È probabile che la richiesta
delle banche centrali di diversificare le proprie riserve rimarrà forte.
Un’allocazione dedicata all’oro per il 2025 svolge quindi un ruolo utile per la
diversificazione del portafoglio.
I mercati petroliferi
continueranno a essere sensibili alla produzione statunitense e mediorientale.
I probabili aumenti della produzione nel 2025 dovrebbero mantenere sotto
pressione i prezzi del petrolio per 12 mesi, portando potenzialmente i prezzi
del greggio Brent al di sotto dei 70 dollari al barile. Saranno
determinanti l’interruzione dei tagli alla produzione da parte
dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e dei principali Paesi
non membri (OPEC+), nonché le perturbazioni geopolitiche. L’esposizione del
portafoglio agli asset legati al petrolio e all’energia può offrire una
protezione contro i rischi di inflazione.
Posizionamento per
la crescita e gestione dei rischi nel 2025
Il contesto di mercato nel 2025
presenta opportunità di investimento, in particolare nei titoli azionari e nel
credito societario. In un contesto di irripidimento delle curve di rendimento,
i titoli di Stato dovrebbero avere una correlazione negativa con gli asset più
rischiosi e offrire alcune caratteristiche di diversificazione del portafoglio.
Ci aspettiamo infatti che il miglioramento della crescita economica sosterrà
una correlazione positiva tra azioni e credito, mentre i titoli di Stato
dovrebbero sottoperformare. Tuttavia, in caso di livelli di inflazione
superiori alle attese, questi vantaggi in termini di diversificazione
diminuirebbero e anche i titoli azionari si troverebbero ad affrontare maggiori
difficoltà.
L’esposizione azionaria
dovrebbe privilegiare i mercati statunitensi e di crescita. Le strategie
obbligazionarie si concentreranno sulla gestione del rischio attraverso le
obbligazioni high yield, mentre le obbligazioni investment grade potrebbero
richiedere un approccio più tattico a causa della maggiore sensibilità
all’aumento dei tassi di interesse.
Per quanto riguarda le valute,
un dollaro USA più forte nel breve termine potrebbe essere bilanciato da
migliori opportunità per altre valute rifugio nel 2025, se dovessero
ripresentarsi i rischi fiscali. Gli investimenti nei mercati emergenti
richiedono una comprensione delle accresciute sensibilità delle politiche. Le
materie prime continueranno a essere essenziali per la copertura dei rischi di
inflazione e per cogliere opportunità, con l’oro che offre un’ancora
interessante per il portafoglio in un periodo di incertezza.
Considerati gli attuali spread
ridotti delle obbligazioni societarie e le elevate valutazioni azionarie, le
classi di asset alternative, come gli hedge fund e gli asset privati, possono
contribuire a migliorare i rendimenti corretti per il rischio. Possono anche
integrare i vantaggi della diversificazione a un portafoglio.
Nel complesso, un approccio
di investimento diversificato e flessibile può bilanciare la ricerca della
crescita con una prudente gestione del rischio mentre affrontiamo il complesso
scenario economico e politico del 2025.
ASSET CLASSES
Reddito fisso
Spicca l’high yield
Aspetti fondamentali
·
I nostri investimenti preferiti nell’obbligazionario per
il 2025 sono le obbligazioni societarie. In particolare, le obbligazioni high
yield offrono rendimenti interessanti e una minore sensibilità alle
oscillazioni dei tassi di interesse.
·
I titoli di Stato e le obbligazioni societarie dei
mercati emergenti, pur vulnerabili ai cambiamenti di politica economica degli
Stati Uniti, manterranno un posizionamento fondamentale solido.
·
Ci aspettiamo che i titoli di Stato statunitensi
evidenzino una sottoperformance, in un contesto di minori tagli dei tassi da
parte della Fed e di rendimenti a lungo termine in aumento. Preferiamo i Bund tedeschi e i Gilt britannici.
Negli Stati Uniti,
i tagli fiscali, i dazi e le politiche più restrittive sull’immigrazione
dovrebbero tradursi in un aumento della crescita e dell’inflazione
statunitensi, rendendo necessari meno tagli dei tassi di interesse da parte
della Fed. Ciò dovrebbe generare rendimenti più elevati dei titoli del Tesoro
USA a 10 anni: circa il 4,5% tra 12 mesi. Cerchiamo di ridurre la sensibilità
ai tassi di interesse statunitensi nei portafogli e privilegiamo le scadenze
dei titoli del Tesoro a 3-5 anni. Nel breve periodo, la performance delle
obbligazioni indicizzate all’inflazione potrebbe essere limitata da tassi reali
più elevati. Tuttavia, le loro prospettive potrebbero migliorare nel corso
dell’anno se dovessero concretizzarsi ulteriori rischi di inflazione.
In Europa, ci
aspettiamo che la BCE persegua un ciclo di allentamento più pronunciato
rispetto a quanto anticipato dai mercati, all’1,25% entro la fine del 2025, in
un contesto di rallentamento economico e di calo dell’inflazione.
Di conseguenza, i Bund tedeschi dovrebbero sovraperformare i titoli del Tesoro
USA. Nel Regno Unito, prevediamo un taglio dei tassi di 175 punti base (pb) da
parte della BoE che si attesteranno al 3% entro la fine del 2025 (nel momento
in cui scriviamo, il mercato prevede tagli per circa 90 pb) e infine al 2,5%
nel corso del 2026. Nel Regno Unito, con l’inflazione e i mercati del lavoro in
via di normalizzazione e una crescita costante, riteniamo che i Gilt offrano
punti di ingresso interessanti per gli investitori a lungo termine.
Le obbligazioni
societarie, in particolare le high yield (HY), sembrano posizionate per
sovraperformare nel 2025, nonostante gli spread ridotti rispetto ai titoli di
Stato. I rendimenti elevati, i bilanci solidi e i tassi di insolvenza contenuti
le posizionano favorevolmente. Le obbligazioni HY dovrebbero inoltre
beneficiare di migliori prospettive di crescita economica, politiche aziendali
di sostegno negli Stati Uniti, redditi interessanti e propensione per classi di
asset più rischiose. Anche se gli spread dovessero registrare una certa
volatilità, l’impatto sui rendimenti totali dovrebbe essere modesto, grazie
agli elevati rendimenti iniziali. Ci aspettiamo che le high yield
sovraperformino, evidenziando un andamento analogo ai modelli storici nei
periodi di rendimenti sovrani più elevati, in particolare quelli a lunga
scadenza.
Le obbligazioni dei mercati
emergenti potrebbero registrare una certa volatilità nel 2025, soprattutto se
le politiche fiscali e i dazi statunitensi aumenteranno i costi di
finanziamento. Ciò nonostante, le obbligazioni societarie dei mercati emergenti
emesse in dollari restano interessanti grazie ai loro rendimenti relativi più
elevati rispetto ai mercati sviluppati. Ciò è supportato da solidi fondamentali
che dovrebbero attenuare eventuali impatti negativi delle politiche
statunitensi.
Azioni
Solidi rendimenti
del mercato azionario nel 2025
Aspetti
fondamentali
·
Nonostante le
valutazioni elevate, riteniamo che nel 2025 i mercati azionari siano destinati
a offrire solidi rendimenti, alimentati da una crescita degli utili a due
cifre.
·
L’innovazione e
l’adozione tecnologica in corso, le politiche della nuova amministrazione
statunitense e la stabilizzazione del mercato immobiliare cinese costituiscono
probabilmente dei fattori favorevoli, mentre tra i rischi figurano il
posizionamento esteso degli investitori e qualsiasi rallentamento inaspettato
innescato da rappresaglie alle politiche “America First”.
·
Gli Stati Uniti
rimangono un investimento strategico e prevediamo anche robusti rendimenti
potenziali in Giappone. L’eurozona e i settori difensivi restano i segmenti
meno preferiti.
Nei prossimi 12 mesi prevediamo
elevati incrementi a una cifra per i titoli azionari globali, poiché la solida
crescita dei ricavi, l’ulteriore miglioramento del rendimento del capitale
proprio e il reddito da dividendi compenseranno ampiamente l’effetto
penalizzante delle valutazioni elevate.
Ad esempio, le aziende
statunitensi del settore tecnologico e Internet rappresentano quasi il 40%
degli utili dell’indice MSCI US. Le loro prospettive di crescita sono quindi
determinanti nel definire la traiettoria degli utili statunitensi, ma anche la
leadership di mercato da un punto di vista geografico e settoriale. Nei
prossimi anni ci aspettiamo un rafforzamento dell’adozione dell’intelligenza
artificiale (IA) generativa e un’accelerazione delle prove di monetizzazione, a
sostegno del settore. Sono queste le ragioni alla base della nostra consolidata
preferenza per le azioni statunitensi rispetto a quelle europee.
Gli stimoli fiscali e la
potenziale deregolamentazione negli Stati Uniti dovrebbero sostenere gli asset
americani, in particolare il settore finanziario. Per ora manteniamo una
posizione neutrale sui titoli finanziari, dato il forte rialzo post-elettorale.
Il settore della difesa trarrà beneficio dalla posizione di Trump sulla spesa
per la difesa. Al contrario, gli importatori statunitensi e gli esportatori
esteri sono quelli maggiormente esposti ai rischi presupposti dalle nuove
politiche commerciali statunitensi.
Un altro fattore chiave che
sostiene il nostro outlook costruttivo sul mercato azionario è la prospettiva
di una stabilizzazione in Cina. Le recenti misure di stimolo e i cambiamenti
nella retorica politica rappresentano passi nella giusta direzione. Prezzi
delle case più stabili potranno dare impulso sia all’economia nazionale che a
quella globale.
Per quanto riguarda i settori,
manteniamo la nostra preferenza per i titoli ciclici per inizio anno,
privilegiando i materiali. A nostro avviso, i settori difensivi come i servizi
di pubblica utilità e i beni di consumo di base offrono le prospettive più
deboli. Per ora manteniamo una visione neutrale sugli immobili quotati e non li
consideriamo un rischio sistemico per il mercato in generale, data la mancanza
di nuova offerta di spazi per uffici e per la vendita al dettaglio.
Monitoriamo attentamente
svariati fattori per decidere se il sentiment e il posizionamento del mercato
sono eccessivamente estesi. Un indicatore utile è costituito dai flussi verso
gli ETF (exchange traded fund). Sebbene i trend attuali non appaiano estremi,
non possiamo escludere che il rally del mercato previsto nei prossimi mesi
spingerà gli indici azionari verso livelli estremi.
Valute e materie
prime
Rinvigorimento
dell’eccezionalismo del dollaro USA
Aspetti fondamentali
·
Nei prossimi mesi,
il dollaro statunitense dovrebbe registrare guadagni su larga scala grazie al
riprezzamento dei tassi di interesse statunitensi.
·
Tuttavia, nel corso
del prossimo anno il mercato valutario sarà trainato in misura prevalente dal
tema dei dazi, e l’euro, lo yuan e le valute nord asiatiche saranno esposti a
significativi rischi di ribasso.
·
A parte la
volatilità iniziale, l’oro dovrebbe registrare performance soddisfacenti poiché
i flussi di investimento si aggiungono al supporto derivante dagli acquisti
delle banche centrali.
La vittoria dei repubblicani
alle elezioni dovrebbe portare a un rafforzamento del dollaro (USD). Accanto
all’incremento della crescita e dell’inflazione, ci aspettiamo una riduzione del
numero di tagli dei tassi da parte della Fed, a sostegno della valuta.
Nonostante i recenti forti guadagni del dollaro USA, il posizionamento degli
investitori rimane relativamente modesto, il che suggerisce la possibilità di
un ulteriore rialzo. I dazi statunitensi potrebbero anche determinare un
deprezzamento di altre valute rispetto al dollaro statunitense.
Prevediamo che l’EUR/USD salirà a quota 1,03 tra tre mesi e a quota 1,02 tra 12
mesi, con rischi orientati al ribasso.
La rivalutazione iniziale dei
tagli dei tassi della Fed dovrebbe tradursi in guadagni generalizzati del
dollaro che potrebbe salire fino a 160 e 0,90 nei confronti di,
rispettivamente, yen giapponese (JPY) e franco svizzero (CHF). La coppia
GBP/USD potrebbe testare l’1,26. È probabile che il dollaro statunitense superi
quota 7,30 rispetto allo yuan (CNY), portando la Banca Popolare Cinese (PBoC)
ad ancorare la valuta tramite il fixing rate giornaliero, intorno al quale lo
yuan può essere scambiato.
Una volta lasciata alle spalle
la probabile e rapida rivalutazione dei tassi d’interesse negli Stati Uniti, i
rischi in termini di dazi dovrebbero prevalere. La nostra analisi suggerisce
che sia ragionevole un tasso USD/CNY attorno al 7,0 anche in assenza di dazi
più elevati. Lo scenario ipotizzato di dazi del 60% potrebbe portare a un
aumento verso il 7,80. Sulla base dell’esperienza del 2017-18, la PBoC
potrebbe continuare a intervenire per contenere le oscillazioni della coppia
USD/CNY, consentendo un adeguamento al rialzo solo dopo l’entrata in vigore
degli aumenti dei dazi. Le economie minori con una maggiore dipendenza
commerciale dagli Stati Uniti, tra cui Corea del Sud, Messico e Canada,
andrebbero incontro a notevoli pressioni al ribasso se venissero applicati dazi
doganali statunitensi generalizzati del 10%. Anche il dollaro canadese e il
peso messicano potrebbero subire una qualche pressione se venisse messa in
discussione la rinegoziazione dell’attuale accordo di libero scambio tra Stati
Uniti, Messico e Canada (USMCA).
In questa seconda fase, in cui
prevalgono i rischi legati ai dazi statunitensi, crediamo che il CHF e il JPY
sovraperformeranno le valute principali, poiché i mercati sono sempre più
preoccupati per il rallentamento della crescita globale e la BNS e la BoJ hanno
poco margine di manovra per procedere a un allentamento della politica
monetaria. L’euro e la sterlina dovrebbero sottoperformare, poiché la BCE e la
BoE dovranno verosimilmente tagliare i tassi di interesse più di quanto
attualmente previsto dai mercati.
Valute ad alto beta
del G10
Riteniamo che nei prossimi mesi
le valute più volatili o “ad alto beta” del G10, tra cui il dollaro
australiano, quello neozelandese e quello canadese, la corona norvegese e quella
svedese, dovrebbero indebolirsi quanto l’euro, se non in misura maggiore. Le
elezioni negli Stati Uniti potrebbero far aumentare le incertezze sul fronte
commerciale, pertanto la crescita del commercio globale potrebbe rallentare,
creando un ostacolo per queste valute. Saremo prudenti con il dollaro canadese
e quello neozelandese e con la corona norvegese. Il dollaro canadese potrebbe
essere esposto a una potenziale rinegoziazione dell’accordo di libero scambio
USMCA, data l’elevata esposizione dell’economia canadese al commercio
statunitense. La corona svedese potrebbe inizialmente indebolirsi. Tuttavia, è
ancora sottovalutata e una continua stabilizzazione del mercato immobiliare
locale potrebbe consentire alla valuta di sovraperformare all’interno del
gruppo.
Valute dei mercati
emergenti
Riteniamo che le valute dei
mercati emergenti si indeboliranno nei prossimi tre mesi. A livello regionale,
sembra giustificato un atteggiamento più negativo nei confronti dell’Asia,
poiché diversi Paesi dipendono fortemente dal commercio con gli Stati Uniti.
Potrebbero anche continuare a verificarsi ingenti deflussi di investitori
nazionali, alla ricerca di performance migliori nei mercati azionari
statunitensi. La sensibilità allo yuan potrebbe comportare ulteriori rischi.
Per le valute dei mercati emergenti ad alto rendimento potrebbe essere
necessario un approccio più articolato. Un ulteriore deprezzamento del peso
messicano (a causa di una possibile rinegoziazione dell’USMCA) potrebbe
estendersi alle valute latinoamericane. Preferiremo quelle meno sensibili alle
politiche statunitensi e che mostrano miglioramenti nella politica
macroeconomica, come la lira turca o il rand sudafricano.
Resilienza dell’oro
e petrolio sotto pressione
La rivalutazione dei tassi di
interesse negli Stati Uniti potrebbe inizialmente rappresentare un ostacolo per
i prezzi dell’oro. Tuttavia, dato il perdurare dei tagli dei tassi nelle
principali economie, la ripresa dei flussi di investimenti privati negli ETF
dovrebbe sostenere i prezzi, insieme alla domanda ancora resiliente delle
banche centrali.
Ci aspettiamo che i prezzi
del petrolio rimangano sotto pressione a causa delle dinamiche dell’offerta,
tra cui l’aumento della produzione statunitense e l’annullamento dei precedenti
tagli alla produzione dell’OPEC. Anche le perturbazioni geopolitiche e legate
alla politica statunitense comportano rischi di rialzo per i prezzi. Tuttavia,
in assenza di eventi di rilievo che mettano a rischio l’offerta, il greggio
Brent potrebbe scendere sotto i 70 dollari USA al barile nei prossimi 12 mesi.
Hedge fund
La performance determinata dalla volatilità è destinata a
durare
Aspetti
fondamentali
·
Le condizioni di
mercato favorevoli, tra cui alti tassi di interesse e volatilità, hanno
favorito le strategie alternative. Ci aspettiamo il perdurare di questo contesto favorevole.
·
Le strategie
azionarie alternative hanno guadagnato grazie alla fase di rialzo dei mercati e
alla performance azionaria frammentata, mentre si prevede che le strategie
macroeconomiche miglioreranno di pari passo con la maggiore visibilità sulle
politiche e sui tassi di interesse statunitensi.
·
Le strategie
event-driven e relative-value hanno registrato un miglioramento; le strategie
non direzionali potrebbero riscontrare maggiori opportunità con l’incremento
delle transazioni aziendali e della volatilità del mercato.
Negli ultimi due anni le
strategie degli hedge fund hanno beneficiato di condizioni di mercato più
favorevoli. Ciò è dovuto alle politiche divergenti delle banche centrali, ai
tassi di interesse più elevati e alla maggiore volatilità tra le varie classi
di asset. Nel 2025 prevediamo che i tassi di interesse rimarranno più elevati
rispetto ai livelli dell’ultimo decennio, mantenendo inalterati i fattori che
hanno determinato i rendimenti recenti.
Le strategie azionarie
alternative hanno beneficiato della crescita dei mercati azionari e
dell’ampliamento degli spread tra le performance dei singoli titoli. Ci
aspettiamo che l’andamento del mercato fornisca un impulso anche nel 2025.
Tuttavia, notiamo che l’elevato costo del capitale, le incertezze geopolitiche
e gli sviluppi nell’intelligenza artificiale probabilmente aumenteranno la
dispersione dei rendimenti, alimentando così le opportunità di selezione dei
titoli.
Le strategie macroeconomiche
hanno registrato un 2024 altalenante. Molte hanno dovuto fare i conti con il
ritardo nel taglio dei tassi di interesse. Guardando al futuro, ci aspettiamo
una maggiore visibilità sia sulla probabile evoluzione della politica
statunitense, sia sulla traiettoria generale dei tassi di interesse. Ciò
dovrebbe dare impulso e ci aspettiamo che lo slancio continui fino al 2025.
Anche le performance delle
strategie event-driven e relative-value sono migliorate quest’anno. Dopo le
elezioni negli Stati Uniti, si prevede che le speranze di una regolamentazione
aziendale più flessibile favoriranno le operazioni societarie. Ciò aiuta i
gestori degli arbitraggi sulle fusioni e aumenta l’attività sul mercato dei
capitali, creando maggiori opportunità. La maggiore volatilità del mercato, in
particolare dei tassi di interesse, ha aumentato la possibilità che queste
strategie generino rendimenti.
Le condizioni di mercato
sembrano ora favorevoli alle strategie degli hedge fund che sfruttano la
volatilità di un asset sottostante (le cosiddette strategie “non direzionali”).
Riteniamo che le prospettive per tali strategie nei prossimi anni siano
migliori di quelle osservate per gran parte dell’ultimo decennio.
Le strategie alternative
continuano a svolgere un utile ruolo di diversificazione nei portafogli
multi-asset. Come sempre, la selezione del gestore rimane un fattore chiave in
termini di performance.
Asset privati
Segnali di
un’inversione di tendenza
Aspetti
fondamentali
·
Sebbene nel 2023 e
nel 2024 le performance siano state modeste, prevediamo tempi migliori per i
mercati privati nel 2025, spinti dal miglioramento del flusso delle operazioni
e dalle uscite dagli investimenti esistenti.
·
Privilegiamo la
diversificazione tra le strategie: dal private equity e dal debito, agli
investimenti immobiliari e infrastrutturali.
·
Gli asset privati continuano
a costituire parte integrante delle nostre allocazioni di portafoglio per gli
investitori con un orizzonte temporale e una tolleranza al rischio adeguati.
Il private equity (PE) ha
attraversato anni difficili, caratterizzati da un rallentamento delle
operazioni e da un aumento del costo del capitale, in concomitanza con alti
tassi di interesse. I fondi di private equity hanno dovuto mantenere gli
investimenti più a lungo, il che a sua volta ha influenzato gli sforzi di raccolta
fondi.
Tuttavia, il flusso di
operazioni di PE è migliorato nella seconda metà del 2024, trainato dal settore
tecnologico. Stanno riemergendo operazioni di maggiore rilevanza. Gli
investimenti in intelligenza artificiale, sanità, tecnologie pulite e fintech
hanno determinato un miglioramento nella raccolta di capitali di rischio nel
2024, dopo 18 mesi di calo. Dovrebbero seguire liquidità e uscite. L’ultimo
tassello mancante è un forte mercato delle offerte pubbliche iniziali (IPO).
Siamo moderatamente ottimisti in merito, in un contesto di calo dei tassi di
interesse globali e di solida performance del mercato azionario.
Nei portafogli di private
equity, privilegiamo un’allocazione core alle strategie di buyout, con una
certa esposizione al capitale di rischio e alle “situazioni speciali”, ad
esempio per le ristrutturazioni aziendali. Le strategie di buyout incentrate
sulle piccole e medie imprese offrono valutazioni interessanti e una minore
dipendenza dai mercati delle IPO. Ci concentriamo sulle aziende che operano
attivamente per migliorare i propri asset anziché fare affidamento sulla leva
finanziaria o su un miglioramento delle valutazioni.
L’interesse degli investitori
per gli investimenti infrastrutturali privati dovrebbe rimanere forte anche nel
2025. Le infrastrutture sono una classe di asset difensiva e resiliente che
offre alcuni vantaggi in termini di copertura dall’inflazione e può stimolare
la crescita e il reddito nei portafogli. La crescita degli asset e dei mercati
infrastrutturali è trainata da tendenze secolari quali l’urbanizzazione,
l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della connettività digitale e la
transizione verso forme di energia più sostenibili.
Anche il credito privato,
ovvero i prestiti non bancari alle società quotate, ha registrato una forte
crescita negli ultimi anni. Ci aspettiamo che questa classe di asset registri
un incremento grazie all’ampio mercato a cui si rivolge e ai vantaggi per i
creditori. Continuiamo a vedere un buon valore nel credito privato e
interessanti vantaggi in termini di diversificazione del portafoglio derivanti
dagli investimenti obbligazionari tradizionali.
INVESTIMENTI SOSTENIBILI
Investimenti
sostenibili
Sostenibilità nel
2025: adattamento
Aspetti
fondamentali
La schiacciante vittoria di Donald Trump alle elezioni
statunitensi, gli sviluppi politici in Europa e il consolidamento degli
interessi comuni dei Paesi BRICS+ probabilmente ridetermineranno le priorità
politiche in materia di commercio internazionale, migrazione, difesa,
autosufficienza energetica, politica industriale, infrastrutture e
sostenibilità.
Vediamo emergere cinque tendenze chiave: numerose piccole
transizioni verso le emissioni zero in linea con le priorità nazionali, la
convergenza tra politica industriale e obiettivi sostenibili, un’attenzione
continua alle infrastrutture per supportare un’economia più sostenibile,
l’intreccio tra digitalizzazione e sostenibilità e un’evoluzione più
multidimensionale della sostenibilità.
Ci concentriamo sugli investimenti sostenibili che si
basano su dati economici convincenti o allineati con questi cambiamenti nelle
priorità politiche e quelli che derivano dall’adattamento del settore privato.
Un panorama politico e macroeconomico in evoluzione
Sono in atto diversi cambiamenti politici e strategici a
livello globale che ridefiniranno l’agenda della sostenibilità a partire dal
2025. Questi cambiamenti non si stanno verificando solo nel periodo successivo
alle elezioni negli Stati Uniti, ma anche in Europa, con le imminenti elezioni
tedesche e quelle in Francia e nel Regno Unito. Nel complesso, ci aspettiamo
quadri politici in materia di sostenibilità meno ambiziosi rispetto al passato
in Europa e negli Stati Uniti e sviluppi maggiormente guidati dal settore
privato. In Cina ci aspettiamo un quadro invariato e altamente efficace di
sostegno politico multiforme, che miri a mantenere il predominio del Paese
nella catena del valore delle tecnologie pulite. Negli Stati Uniti, il nostro
scenario di base prevede che i sussidi dell’Inflation Reduction Act (IRA)
legati all’ambiente saranno ridotti o parzialmente ritirati. Tuttavia, crediamo
che la legge bipartisan sulle infrastrutture garantirà la continuità ai settori
coinvolti. In Europa, il rapporto di Mario Draghi sul futuro della
competitività europea e la Commissione europea chiedono maggiori investimenti
nelle tecnologie verdi e un’enfasi su una visione strategica a lungo termine
che integri la sostenibilità. Tuttavia, ciò sarà probabilmente limitato dalla
mancanza di un’azione politica coordinata da parte dell’UE, dalle limitazioni
fiscali e dal vuoto politico interno nei Paesi chiave. La Cina probabilmente
calibrerà l’entità e l’orientamento del proprio sostegno politico in funzione
delle decisioni di politica commerciale degli Stati Uniti e dell’Europa,
compresi i dazi doganali. Dal punto di vista economico, ci aspettiamo che i
cambiamenti politici si traducano in una maggiore crescita e inflazione negli
Stati Uniti, e in una crescita più bassa e tassi di interesse delle banche
centrali più bassi nell’UE.
Infine, il vertice sul clima COP30 che si terrà a Belém,
in Brasile, nel novembre 2025 sarà fondamentale in quanto segnerà il decimo
anniversario dell’accordo di Parigi. Particolare attenzione sarà rivolta alle
esigenze delle comunità vulnerabili e alla giustizia climatica. È probabile che
la presidenza brasiliana dei Paesi BRICS promuova una posizione unitaria tra i
Paesi in via di sviluppo.
Cinque tendenze di sostenibilità per il 2025
Numerose piccole transizioni verso economie a emissioni
zero che avvengono a velocità diverse
L’efficienza energetica degli elettrodomestici migliora
costantemente ogni anno, anche grazie all’inasprimento degli standard minimi di
efficienza energetica e all’aumento del costo dell’energia. Il sistema
energetico si sta decarbonizzando a ritmo sostenuto, in particolare grazie
all’energia solare fotovoltaica (FV) e all’accumulo tramite batterie.
L’efficienza energetica industriale è un obiettivo importante per gli
investimenti, favorito dalle circostanze geopolitiche. Anche il potenziale di
risparmio sui costi operativi, l’automazione e la robotica rappresentano canali
chiave per aumentare la produttività industriale. Altrove, i modelli di
business basati sui servizi, come il mercato del noleggio di attrezzature,
continuano a guadagnare terreno. I nuovi materiali da costruzione “circolari” –
che possono essere riutilizzati, adattati e ricostruiti, tra cui alcuni
compositi circolari di calcestruzzo o legno e plastica – stanno raggiungendo un
punto di svolta. Nel frattempo, nei sistemi alimentari, l’attenzione si sta
spostando sulle proteine alternative nel tentativo di decarbonizzare la
produzione.
Convergenza tra politica industriale e obiettivi
sostenibili
La Cina allinea da tempo gli obiettivi di sostenibilità
con lo sviluppo strategico dei settori industriali. È prevedibile che ciò
accada anche negli Stati Uniti e in Europa, dove il settore manifatturiero è in
calo. Anche in India si possono prevedere sviluppi più ampi, dove i programmi
di incentivazione stanno alimentando il settore nazionale dei veicoli elettrici
(EV) e dell’energia solare.
Attenzione continua alle infrastrutture
In generale, le infrastrutture continueranno a sostenere
gli sforzi di transizione ed efficienza, di pari passo con l’adattamento ai
cambiamenti demografici e alle rivoluzioni tecnologiche.
Intreccio tra tecnologia, digitalizzazione e
sostenibilità
La tecnologia svolge un ruolo abilitante generale, con
una spina dorsale digitale che attraversa le transizioni ambientali e sociali.
Gran parte della sostenibilità riguarda un migliore processo decisionale, una
migliore allocazione delle risorse, l’efficienza e l’ottimizzazione dei
processi. Si tratta di campi di applicazione naturali per le tecnologie
digitali, che traggono vantaggio dalla maggiore disponibilità di dati e dalle
applicazioni di intelligenza artificiale. Tali applicazioni includono reti
intelligenti, sensori che facilitano la manutenzione predittiva delle
apparecchiature industriali e software di gestione dell’energia.
Evoluzione multidimensionale della sostenibilità
Oltre alla misurazione delle impronte di carbonio e alla
quantificazione degli impatti climatici, la sostenibilità incorpora oggi una
comprensione molto più olistica della natura e delle dimensioni sociali. I
primi rapporti allineati relativi al TNFD (Taskforce on Nature-related
Financial Disclosure) saranno disponibili per il 2024 e il 2025. Ad oggi sono
più di 400 le aziende che hanno aderito all’iniziativa. In questo contesto, la
biodiversità gioca un ruolo sempre più importante, così come l’accesso e la
convenienza di beni e servizi di base essenziali, tra cui cibo, assistenza
sanitaria e finanza.
Rischi, opportunità e implicazioni per gli investimenti
sostenibili
Nel 2025, prevediamo che il sentiment negativo sugli
investimenti legati a energia pulita e veicoli elettrici persisterà e che la
volatilità rimarrà elevata nei settori sensibili ai dazi e ai tassi di interesse.
Dopo una performance notevole per i servizi di pubblica utilità nel 2024,
abbiamo adottato un atteggiamento meno positivo nei confronti del settore.
Negli Stati Uniti, l’aspetto economico dei progetti eolici offshore sarà messo
a dura prova dalla posizione della nuova amministrazione. Quanto all’energia
solare, nonostante le ottime prospettive a lungo termine, prevediamo tendenze
divergenti tra i leader delle centrali fotovoltaiche e le aziende che operano
nel settore residenziale. Queste ultime sono maggiormente a rischio a causa
della loro sensibilità ai sussidi e ai tassi di interesse, mentre i primi
beneficiano già del più basso costo livellato dell’energia tra tutte le fonti energetiche È
probabile che il ritmo delle installazioni delle rinnovabili negli Stati Uniti
rallenti, mentre la sicurezza energetica continuerà a rappresentare un forte
fattore trainante per l’energia solare in Cina e nell’UE. La selettività in
questo settore sarà quindi fondamentale.
Gli investitori interessati ad acquisire esposizione al
boom infrastrutturale nelle reti di distribuzione elettrica, nella gestione
delle risorse idriche e nel trasporto ferroviario potrebbero prendere in
considerazione obbligazioni verdi, sociali o di sostenibilità, che offrono
rendimenti discreti, e/o investimenti nel mercato privato. Qualsiasi
ristrutturazione infrastrutturale o nuova infrastruttura darà priorità
all’efficienza energetica e supporterà l’utilizzo di materiali sostenibili. Nei
settori tecnologici, che svolgono un ruolo chiave nella sostenibilità, i
beneficiari del trend dell’intelligenza artificiale hanno registrato ottime
performance nel 2024. Nel 2025 diversificheremo le nostre esposizioni verso
specialisti di software di progettazione e automazione.
Riteniamo che il 2025 segnerà anche una svolta nella
definizione di soluzioni di investimento sostenibili, poiché andremo oltre la
semplice decarbonizzazione e ci concentreremo sugli investimenti incentrati
sulla natura e sull’assistenza sanitaria preventiva. Pertanto, prenderemo in
considerazione anche le aziende che ampliano l’accesso alla medicina attraverso
servizi diagnostici essenziali e trattamenti personalizzati. Riteniamo che la
recente sottoperformance del settore debba giungere al termine. Altrove, un
settore degli investimenti sostenibili che probabilmente sarà maggiormente
immune ai cambiamenti politici è l’adattamento, poiché il settore privato deve
adattarsi ai rischi fisici insiti nei cambiamenti climatici, indipendentemente
dalla posizione prevalente dell’amministrazione. L’agricoltura di precisione
(ovvero l’impiego di tecnologie moderne basate su dati per migliorare i metodi
di coltivazione) e la sicurezza alimentare e idrica saranno sempre più al
centro dell’attenzione. In questo contesto, un altro aspetto da monitorare
saranno gli sviluppi a livello di test e rimozione dei PFAS.