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10 Consigli d'Investimento per il 2025 da Lombard Odier

a cura di Michael Strobaek (Global CIO, Banque Lombard Odier & Cie SA) e Dr. Nannette Hechler -Fayd’herbe (Head of Investment Strategy, Sustainability and Research, CIO EMEA, Banque Lombard Odier & Cie SA).
 

Un mondo frammentato continua a sollevare nuove sfide per gli investitori globali. Guardando indietro al 2024, le banche centrali sono riuscite a contenere l’inflazione, lasciando in eredità un aumento dei costi del capitale. Questa lotta contro l’inflazione ha fatto sì che le aspettative dei mercati sui tassi di interesse oscillassero notevolmente. Ma tale volatilità non era un indicatore della performance azionaria. Da inizio anno il mercato azionario statunitense ha stabilito in media un nuovo record ogni settimana. La nostra decisione strategica iniziale di porre le azioni statunitensi al centro delle nostre allocazioni strategiche degli asset ha avuto ottimi risultati.

Il motore economico degli Stati Uniti è destinato ad accelerare. Le politiche «America First» della seconda amministrazione Trump rendono le prospettive per il resto del mondo meno allettanti. Non si tratta solo di un «effetto Trump». Gli Stati Uniti hanno impegnato ingenti risorse per difendersi dalla concorrenza strategica. Ai valori attuali, gli Stati Uniti hanno già immesso capitali per un valore più che doppio di quello del Piano Marshall del secondo dopoguerra, che ricostruì l’Europa. La sovraperformance degli asset finanziari statunitensi non dovrebbe quindi sorprendere.

Un secondo mandato di Trump potrebbe anche fungere da catalizzatore per l’Europa. Il prossimo anno sarà un anno di bassa crescita, bassa inflazione e bassi tassi di interesse per la regione. Eppure l’Europa ha i mezzi finanziari per investire e stimolare la crescita. E, come stanno dimostrando gli Stati Uniti, i livelli assoluti del debito sono meno importanti del modo in cui un Paese investe. Tuttavia, con Germania e Francia in un limbo politico, l’Europa non ha la leadership necessaria per prendere decisioni strategiche. Vedremo se la massima secondo cui l’Unione europea si evolve solo attraverso le crisi si rivelerà vera.

Le sfide che la Cina deve affrontare saranno aggravate dai dazi statunitensi. Finora le misure di stimolo adottate dalle autorità hanno deluso gli investitori. Anche i mercati emergenti, se dipendenti dai mercati statunitensi, soffriranno a causa del rafforzamento del dollaro e dell’imposizione dei dazi doganali.

Tutte queste dinamiche stanno rimodellando gli investimenti. I mercati si aspettano una spinta generata dalla riduzione delle tasse e dalla deregolamentazione negli Stati Uniti. Le azioni e il credito societario offrono un potenziale di rendimento corretto per il rischio maggiore rispetto ai titoli di Stato. Mentre la disinflazione prosegue, consentendo un’ulteriore normalizzazione delle politiche e rendimenti a breve termine più stabili, i tassi di interesse statunitensi a più lungo termine aumenteranno moderatamente grazie al miglioramento della crescita. I tassi di cambio statunitensi relativamente più elevati dovrebbero sostenere il dollaro. L’oro continuerà a essere sostenuto dalla domanda dei beni rifugio e delle banche centrali.

Nel 2025 le politiche monetarie e le sorti economiche globali divergeranno ulteriormente. Sono in corso profonde transizioni che richiedono un’attenta assunzione di rischi. Nelle pagine che seguono, i nostri specialisti espongono in dettaglio le loro aspettative per ciascuna regione e classe di asset. Considerando che le politiche statunitensi influenzeranno il sentiment nei prossimi mesi, è fondamentale ancorare i portafogli ad asset liquidi e trasparenti. L’anno a venire presenterà opportunità per coloro che sono disposti ad adattarsi e a orientare attivamente i propri investimenti. È il momento di dimostrare attenzione e agilità.

QUOTE FOR LEFT HAND SIDE:

Nel 2025 il mondo sarà scosso dalle politiche commerciali sempre più aggressive degli Stati Uniti.

Mentre i dazi statunitensi avranno un effetto inflazionistico in patria, all’estero il loro impatto maggiore sarà quello di ridurre la crescita.

Ciò potrebbe spingere le autorità cinesi ed europee ad adottare risposte politiche più radicali.

TEXT:

Il 2024 è stato caratterizzato da oscillazioni del sentiment, con i mercati che hanno alternato timori di recessione e di surriscaldamento dell’economia statunitense.  Alla fine ha prevalso una via di mezzo. Mentre all’inizio dell’anno avevamo previsto una crescita più forte delle stime in tutte le economie avanzate, i dati statunitensi sono stati addirittura più elevati. Anche il calo dell’inflazione è stato sostanzialmente in linea con le nostre aspettative, consentendo l’avvio di cicli di riduzione dei tassi nelle principali economie.

Nel 2025 il mondo sarà nuovamente scosso, in un contesto caratterizzato da politiche commerciali statunitensi più ostili. Pur senza conoscere l’entità dei nuovi dazi, ci aspettiamo alcuni compromessi nella retorica della campagna elettorale, con la minaccia dei dazi che vengono utilizzati come leva per ottenere accordi commerciali. I tagli fiscali e la deregolamentazione rappresenteranno una spinta per l’economia statunitense: i primi faranno aumentare il deficit. L’impatto sarà anche di tipo inflazionistico, anche se il colpo più forte causato dai dazi sarà un evento una tantum. Ciò dovrebbe indurre la Federal Reserve (Fed) a interrompere il taglio dei tassi al 4% nella primavera del 2025.

Con il ridimensionamento delle ambizioni degli Stati Uniti all’estero e un minore impegno nei confronti delle istituzioni internazionali e delle promesse sul clima, assisteremo a un’accelerazione del passaggio verso un mondo multipolare e frammentato. Il commercio globale continuerà a essere ridisegnato tra Paesi amici e alleanze tra blocchi rivali guidati da Stati Uniti e Cina. Mentre i dazi statunitensi avranno un effetto inflazionistico in patria, all’estero il loro impatto maggiore sarà quello di ridurre la crescita. Ciò potrebbe spingere le autorità cinesi ed europee ad adottare risposte politiche più radicali, tra cui tagli più drastici ai tassi di interesse.

Nel complesso, tuttavia, prevediamo una continua espansione dell’economia globale nei prossimi trimestri, con una performance migliore da parte dell’economia statunitense. In molte delle principali economie l’inflazione dovrebbe avvicinarsi all’obiettivo, consentendo alle banche centrali di continuare a tagliare i tassi di interesse. Negli Stati Uniti, i dazi avranno l’effetto di confondere le acque su questo fronte e ci aspettiamo un allentamento meno marcato da parte della Fed rispetto ad altri Paesi, e un certo inasprimento in Giappone. 

L’Europa deve affrontare le conseguenze

Le prospettive per l’eurozona erano già anemiche, offuscate dal ritardo degli investimenti, dell’innovazione e della produttività. Con il calo dell’inflazione, i redditi reali tornano a crescere, il che dovrebbe continuare a favorire la spesa dei consumatori. Tuttavia, la mancanza di una forte leadership politica ostacola le riforme. Le elezioni tedesche potrebbero rappresentare un’occasione di cambiamento, anche se le aspettative sono basse. Allo stesso tempo, le decisioni a livello di blocco sulla politica commerciale ed energetica, sul rilancio della crescita, sulla sicurezza, sulla spesa per la difesa e sulla guerra in Ucraina sono diventate più urgenti.

I nuovi dazi statunitensi sulle esportazioni europee causerebbero danni maggiori all’economia, anche se un euro più debole potrebbe offrire qualche aiuto a margine. L’unica soluzione semplice è il taglio dei tassi di interesse. La Banca centrale europea (BCE) sta già registrando un’inflazione bassa e una crescita più debole del previsto. Dopo aver aumentato drasticamente i tassi nel 2022-2023, ora ha a disposizione anche un allentamento della politica monetaria. Ci aspettiamo tagli consecutivi nel 2024 e nel 2025 e un tasso di fine ciclo intorno all’1,25%, con la possibilità di una riduzione ancora maggiore in caso di forte rallentamento.

Ulteriori misure di stimolo dalla Cina?

Con l’aumento dei dazi statunitensi in vista, i problemi commerciali della Cina sembrano acuirsi. A differenza dell’Europa, la Cina soffre anche di un eccesso di investimenti pregressi, sebbene molti di questi si siano rivelati improduttivi e siano confluiti principalmente nel settore immobiliare. Gli investimenti nell’industria restano elevati, mentre la spesa dei consumatori resta contenuta, in gran parte a causa del continuo calo dei prezzi immobiliari, dove si colloca gran parte della ricchezza delle famiglie. Compensare l’impatto negativo delle politiche statunitensi sul commercio e sulla crescita e risolvere i problemi del mercato immobiliare rappresentano due sfide importanti per le autorità cinesi. Prima dell’entrata in vigore dei dazi, c’è una finestra di opportunità. Ulteriori misure di stimolo fiscale e monetario appaiono probabili, mentre un significativo deprezzamento dello yuan per contrastare le pressioni deflazionistiche potrebbe rivelarsi la misura più efficace, sebbene in contrasto con gli obiettivi precedenti delle autorità. In assenza di ulteriori misure di sostegno su larga scala, prevediamo una crescita di circa il 4,5% nel 2025.

Le prospettive del Giappone stanno migliorando

Il Giappone sta seguendo una traiettoria diversa rispetto alle altre grandi economie. A dicembre 2024 ci aspettiamo un aumento definitivo del tasso di interesse di riferimento allo 0,5%, livello a cui dovrebbe restare anche nel 2025. Si tratta probabilmente del limite imposto dalla Banca del Giappone (BoJ), anche se potrebbe minacciare ulteriori aumenti per sostenere lo yen. Tassi superiori allo 0,5% rischierebbero di causare perdite finanziarie in relazione alle sue riserve. A questo livello, non riteniamo che i tassi di interesse possano rappresentare un problema per le finanze pubbliche, i fondi pensione o le compagnie assicurative. Ci aspettiamo che l’inflazione rimanga al di sopra dell’obiettivo nel 2025, in un contesto caratterizzato dall’aumento dei salari e dal calo dei sussidi per l’energia. Un periodo di incertezza politica probabilmente continuerà fino alle elezioni della Camera alta a metà del 2025. Prevediamo tuttavia un incremento della crescita a circa l’1,4%, supportata da una disciplina fiscale più debole da parte del governo di minoranza, da una maggiore spesa dei consumatori, dal miglioramento del sentiment delle imprese e dalle riforme aziendali che iniziano a dare i loro frutti.

I mercati emergenti navigano di nuovo in acque difficili

Le prospettive per i mercati emergenti (ME) si sono assottigliate a causa di previsioni più negative per le esportazioni e la crescita, di un dollaro USA più forte e di valute emergenti più deboli. Tuttavia, i fondamentali economici nei mercati emergenti, compresi i saldi esterni, sono migliorati, contribuendo a limitare le tensioni. Le banche centrali dei mercati emergenti sono state rapide nell’adottare misure in materia di inflazione e molte di esse erano parecchio avanti nei loro cicli di allentamento monetario nel 2024. Ulteriori tagli sono previsti nel 2025. Tuttavia, in alcune economie questi cambiamenti potrebbero non essere così estesi come previsto in precedenza, data la sensibilità alla potenziale volatilità valutaria legata alle politiche statunitensi. I dazi statunitensi potrebbero danneggiare i Paesi emergenti con notevoli esportazioni statunitensi, tra cui Messico, Taiwan e Thailandia. Allo stesso tempo, le economie del Golfo potrebbero registrare una ripresa della crescita, così come alcuni Paesi dell’Africa e dell’America Latina. Tuttavia, mentre l’aumento della produzione di petrolio potrebbe aiutare gli stati del Golfo, i prezzi intorno ai 70 dollari al barile o inferiori, limitati dall’aumento della produzione compresi gli Stati Uniti, limiteranno qualsiasi incremento dei loro bilanci.

Geopolitica, aumento del debito e altri rischi per le prospettive

La geopolitica continua a rappresentare un rischio importante per i mercati, incentrato sulle tensioni tra Stati Uniti e Cina e sui conflitti in Medio Oriente e in Ucraina. Finora il suo impatto sulla catena di approvvigionamento e sulle perturbazioni relative ai prezzi dell’energia è stato limitato. Altri rischi importanti per le nostre prospettive includono una ripresa dell’inflazione o un rallentamento più pronunciato della crescita globale. Il primo potrebbe essere innescato da uno shock esterno ai prezzi dell’energia, forse causato da un evento geopolitico, o dalle aspettative di inflazione che si adeguano in risposta all’introduzione dei dazi; riteniamo molto meno probabile un aumento guidato dalla domanda innescato dall’accelerazione della crescita salariale. Sebbene il rischio di un rallentamento negli Stati Uniti sembri limitato dalla notevole forza che i consumatori americani hanno costantemente dimostrato dopo la pandemia, continuiamo a monitorarlo attentamente. Stiamo inoltre monitorando eventuali segnali di un rallentamento più marcato in Cina.

L’aumento dei livelli del debito pubblico ha giustamente catturato l’attenzione degli investitori, in particolare negli Stati Uniti, dove l’amministrazione Trump potrebbe registrare un aumento del deficit di 6.000 miliardi di dollari, secondo le stime della Tax Foundation. Ciò rappresenta una minaccia seria? È incoraggiante notare che gran parte del recente aumento del debito è stato speso in investimenti produttivi, tra cui le infrastrutture. Con la nuova amministrazione Trump, l’aumento del deficit sarebbe finalizzato a finanziare tagli fiscali, che prevediamo avranno un impatto positivo contenuto sulla crescita. Ci aspettiamo anche una certa moderazione nelle promesse fatte durante la campagna elettorale. I solidi bilanci delle aziende e delle famiglie attenuano alcune preoccupazioni sul debito pubblico. Negli ultimi anni i saldi delle partite correnti delle principali economie sono migliorati notevolmente. Inoltre, il tasso di crescita nella maggior parte delle principali economie, compresi gli Stati Uniti, nel lungo periodo dovrebbe continuare a superare il tasso di interesse reale pagato sul debito, consentendo la sostenibilità di alcuni deficit limitati. Infine, gli Stati Uniti hanno anche uno dei rapporti più bassi tra entrate fiscali e PIL tra le economie avanzate, il che significa che hanno la possibilità di aumentare gradualmente le tasse in futuro, qualora le preoccupazioni dovessero aumentare. Pertanto, pur monitorando attentamente i deficit fiscali e le decisioni politiche del Presidente Trump, per ora riteniamo che le dinamiche del debito rimangano gestibili nel lungo periodo.

Aspetti fondamentali

  • Ci aspettiamo che, nella seconda metà dell’anno, le nuove politiche in materia di economia, commercio e immigrazione sostengano la crescita degli Stati Uniti e spingano l’inflazione verso l’alto.
  • In risposta, la Fed dovrebbe mantenere condizioni monetarie restrittive, interrompendo i tagli dei tassi intorno al 4% nel 2025.
  • Se tutte le promesse della campagna elettorale venissero attuate, l’aumento del deficit federale potrebbe suscitare preoccupazioni nel mercato obbligazionario.

Le politiche del Presidente eletto Donald Trump probabilmente faranno aumentare la crescita e l’inflazione nell’economia statunitense rispetto al suo potenziale. La crescita, che stimiamo al 2,4% nel 2025, dovrebbe beneficiare di tagli fiscali estesi e regolamentazioni più flessibili. Ciò contribuirà a rafforzare l’attuale slancio economico, trainato negli ultimi anni soprattutto dalla notevole resilienza dei consumatori statunitensi. Ci aspettiamo che la spesa dei consumatori continui a essere sostenuta da una disoccupazione relativamente bassa, dall’aumento dei salari e dagli effetti sulla ricchezza derivanti dagli utili azionari, nonché dalla svalutazione del debito nominale preesistente a seguito dell’elevata inflazione.

Sebbene il mercato del lavoro si sia indebolito, con una riduzione dei posti di lavoro creati, i licenziamenti restano bassi e prevediamo che i rischi di recessione continueranno a essere contenuti. Dopo essere state la preoccupazione principale dei decisori politici negli ultimi anni, le pressioni inflazionistiche provenienti dal mercato del lavoro dovrebbero rimanere limitate. Ci aspettiamo una crescita salariale coerente con un’inflazione vicina all’obiettivo della Fed, con potenziali modifiche alle politiche sull’immigrazione che avrebbero solo effetti marginali.

Tuttavia, i dazi potrebbero far aumentare l’inflazione. A nostro giudizio, il Presidente Trump adotterà un approccio transazionale, ad esempio utilizzando la minaccia dei dazi per ottenere dai diversi Paesi la promessa di maggiori acquisti di beni dagli Stati Uniti e imporrà dazi inferiori a quelli promessi durante la sua campagna. Se circa la metà delle sue promesse in materia di dazi venissero attuate, e tenendo conto dei ritardi nell’attuazione, è prevedibile un moderato aumento dell’inflazione verso la fine del 2025.

L’impatto dei dazi sulla crescita è meno chiaro e potrebbe essere leggermente negativo, a seconda di come gli altri Paesi decideranno di reagire. Riteniamo che la Fed adotterà un approccio prudente alla luce del rischio inflazionistico e abbasserà gradualmente i tassi a circa il 4% nel 2025, al di sopra della nostra stima del tasso neutrale a lungo termine del 3,5%.

Le promesse fiscali della campagna presidenziale implicano un aumento del debito di 6.000 miliardi di dollari. Ciò potrebbe generare tensioni sul mercato obbligazionario. Tuttavia, ci aspettiamo che vengano attuati tagli fiscali più moderati e che la dinamica del debito statunitense diventi in definitiva gestibile nel lungo periodo (si veda l’Editoriale per maggiori dettagli).

Europa: Sfide interne ed esterne

Aspetti fondamentali

·         È probabile che la crescita dell’eurozona rimanga bassa nel 2025, con la debolezza persistente della Germania.

·         La prospettiva di nuovi dazi e di un minore sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina pone ulteriori rischi in un momento in cui la politica fiscale sembra non essere nella posizione ideale per rispondere.

·         Ora ci aspettiamo un ulteriore allentamento monetario, con la BCE che taglierà i tassi all’1,25%, e potenzialmente a valori inferiori in caso di un forte rallentamento.

Nel 2024 la performance economica dell’Europa è migliorata solo leggermente. Con il nuovo allentamento della politica monetaria, si sperava in una ripresa. In tal caso, il consumatore europeo si è dimostrato restio a spendere e la crescita dovrebbe attestarsi appena al di sotto dell’1%. La debolezza è stata concentrata nella più grande economia del blocco, la Germania, con sfide strutturali al modello di business del Paese e restrizioni fiscali che provocano una stagnazione.

È improbabile che la situazione migliori di molto nel 2025. Italia e Francia faticheranno a ridurre i loro deficit di bilancio (rispettivamente sopra al 5% e al 7% del PIL nel 2024). È probabile che i problemi della Germania persisteranno e potenzialmente si intensificheranno. La crisi di governo in atto aumenta l’incertezza a breve termine. Considerando che il prossimo governo sarà probabilmente guidato dal partito conservatore CDU, la riluttanza a ricorrere alla politica fiscale per stimolare l’economia potrebbe solo aumentare. In un simile contesto, non vediamo alcuna via d’uscita realistica dai rigidi vincoli di bilancio autoimposti.

Infine, lo scenario geopolitico è destinato a complicarsi ulteriormente. È probabile che l’amministrazione Trump ridurrà drasticamente il sostegno all’Ucraina, lasciando l’UE impreparata di fronte a un compito enorme. La prospettiva di un’altra guerra commerciale con i dazi statunitensi esporrebbe l’Europa in maniera significativa. Anche se il loro effetto inflazionistico sarebbe probabilmente limitato, l’impatto sulla crescita derivante da canali quali la crescente incertezza, i tagli agli investimenti e l’inasprimento delle condizioni finanziarie sarà probabilmente significativo. Abbiamo ridotto le nostre previsioni di crescita per l’eurozona nel 2025 all’1,0%.

L’impatto delle nuove politiche statunitensi sulla crescita arriverà in un momento in cui l’eurozona non sarà in grado di affrontare un altro shock. Con le restrizioni della politica fiscale (praticamente inesistente a livello UE) nella maggior parte degli Stati membri, l’onere ricadrà ancora una volta sulla politica monetaria. Fortunatamente, a differenza dell’ultima guerra commerciale degli anni recenti, quando il tasso di interesse di riferimento della BCE era basso, questa volta lo spazio per reagire è maggiore. Ora ci aspettiamo un taglio dei tassi di interesse all’1,25%, o addirittura maggiore, in caso di un più brusco deterioramento della crescita.

Svizzera

Come resistere ai venti freddi provenienti dalla Germania 

Aspetti fondamentali

  • L’economia svizzera ha resistito alla debole domanda esterna quest’anno e dovrebbe rimanere resiliente nel 2025.
  • L’inflazione sta diminuendo più rapidamente del previsto, spingendo la Banca nazionale svizzera a tagliare nuovamente i tassi tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025.
  • Un tasso di riferimento in calo dovrebbe portare a una diminuzione dei tassi di riferimento sui mutui, favorendo i consumi.

L’economia aperta e fortemente globalizzata della Svizzera è stata influenzata nel 2024 dalla debole domanda proveniente da Cina ed Europa e dal franco svizzero forte. Tuttavia, l’adattamento della Svizzera alla crescita stagnante della Germania, uno dei suoi più importanti partner commerciali, si è rivelato migliore del previsto. Nell’ultimo decennio la quota delle esportazioni svizzere verso la Germania è diminuita, mentre è aumentata quella verso gli Stati Uniti. La vivace economia statunitense ha contribuito ad attutire il colpo della crescita più lenta dei vicini svizzeri.

Nel 2025, una maggiore dipendenza dall’economia statunitense potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Sebbene la crescita ancora forte degli Stati Uniti dovrebbe continuare a compensare parte dell’impatto della debole domanda tedesca, essa rende l’economia svizzera più vulnerabile a eventuali nuovi dazi imposti sulle importazioni statunitensi. Tuttavia, crediamo che un approccio “transazionale” ai dazi da parte del Presidente entrante Trump potrebbe attenuarne il livello finale rispetto alle promesse della sua campagna elettorale. La Svizzera potrebbe perseguire un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti con maggior vigore rispetto ai negoziati bloccati dell’UE. Inoltre, le esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti riguardano solitamente beni ad alto valore aggiunto e meno sensibili al prezzo, il che significa che dazi doganali moderati non dovrebbero avere un impatto drastico sulla domanda statunitense di prodotti svizzeri.

In questo contesto, prevediamo che nel 2025 l’economia svizzera registrerà una crescita del PIL reale di poco superiore all’1%. Anche gli sviluppi interni sembrano ampiamente positivi, poiché gli investimenti nell’economia proseguono e un mercato del lavoro ancora teso è sostenuto dalla crescente immigrazione dall’Europa.

Anche l’inflazione sta calando molto più rapidamente del previsto, in un contesto di calo dei prezzi dell’energia e soprattutto del costo dei beni importati, dato il franco forte. Ciò aumenterà la pressione sulla Banca nazionale svizzera (BNS) affinché tagli i tassi nelle prossime riunioni trimestrali di dicembre 2024, marzo e giugno 2025. Ci aspettiamo che l’inflazione svizzera si attesti in media attorno allo 0,7% nel 2025, il che darà alla BNS maggiore discrezionalità nella seconda metà dell’anno. Sono ancora possibili interventi più incisivi sul mercato valutario, anche se sembrano improbabili prima della metà del 2025. Nei prossimi mesi, un tasso di interesse di riferimento in calo dovrebbe far scendere il tasso di riferimento sui mutui e l’inflazione sugli affitti, sostenendo i consumi.

Regno Unito

Un impulso di bilancio alla crescita e all’inflazione

Aspetti fondamentali

  • Dopo la pubblicazione del bilancio autunnale, ora prevediamo una crescita e un’inflazione del Regno Unito leggermente più elevate nel 2025.
  • Le regole fiscali riviste garantiscono maggiore flessibilità per la spesa infrastrutturale e le aziende hanno ora maggiore certezza sulle priorità di politica economica.
  • La Banca d’Inghilterra dovrebbe continuare a tagliare i tassi, ma ora potrebbe farlo più lentamente, soppesando l’impatto delle nuove politiche del Regno Unito e quelle di una futura amministrazione repubblicana dall’altra parte dell’Atlantico.

Il governo laburista del Regno Unito ha definito la sua agenda economica come programma che punta a incrementare le tasse e la spesa. Ci aspettiamo un impatto positivo sulla crescita derivante dalle nuove misure annunciate nel bilancio autunnale, trainate dagli investimenti in infrastrutture e servizi essenziali. Prevediamo inoltre un aumento dell’inflazione dovuto all’allentamento fiscale, seppur modesto, poiché alcune misure hanno stimolato la domanda, ma sono state anche compensate dall’aumento delle imposte.

Una crescita superiore alle attese e un’inflazione inferiore alle attese nel 2024 hanno reso più facile il compito del nuovo governo. Per il 2025 prevediamo una crescita dell’1,8% e un’inflazione media leggermente superiore all’obiettivo del 2% della Banca d’Inghilterra (BoE). Sebbene i consumatori del Regno Unito rimangano piuttosto prudenti in termini di spesa, la crescita del reddito reale è tornata in territorio positivo. Le aziende dovrebbero accogliere con favore una maggiore certezza a livello di direzione economica e gli investimenti potrebbero migliorare, anche se i guadagni di produttività potrebbero essere più difficili da ottenere. Le norme fiscali aggiornate garantiscono al governo maggiore flessibilità per gli investimenti a lungo termine. Una maggiore spesa per i trasporti e per il servizio sanitario dovrebbe aiutare il mercato del lavoro, con potenziali benefici per gli alti tassi di malattia di lunga durata e di assenza dal lavoro, anche se solo il tempo potrà dirlo.

A settembre l’inflazione complessiva è scesa al di sotto dell’obiettivo della BoE e la banca centrale ha iniziato a tagliare i tassi di interesse da luglio. L’inflazione core e dei servizi, rimaste ostinatamente elevate, si stanno moderando. Ora pensiamo che la BoE probabilmente adotterà un approccio riunione per riunione e adotterà un ritmo più lento a livello di allentamento monetario, mentre soppeserà l’impatto delle nuove misure fiscali e di spesa e gli eventuali effetti negativi sulla crescita derivanti da potenziali dazi statunitensi. Ci aspettiamo ancora un “terminal rate” (tasso neutrale) del 2,5%, ben al di sotto delle aspettative del mercato, ma prevediamo che arriverà all’inizio del 2026.

Giappone

Impatto gestibile della politica nazionale e statunitense

Aspetti fondamentali

·         Dopo la pesante sconfitta della coalizione al potere alle elezioni di ottobre, un periodo di incertezza politica sembra inevitabile.

·         La vittoria dei repubblicani alle elezioni americane avrà un impatto limitato sul Giappone a meno che non inneschi uno shock dell’approvvigionamento energetico.

·         Sebbene la strategia fiscale sembri destinata a diventare più accomodante, quella monetaria sarà orientata a reagire alla debolezza dello yen, non alla politica.

La politica giapponese è diventata più imprevedibile, con l’attuale governo di minoranza raramente al potere dopo le sconfitte del Partito Liberal Democratico (LDP) del Primo Ministro Shigeru Ishiba alle elezioni di ottobre 2024. Anche se Ishiba rimarrà alla guida del partito nel breve termine, dovrà negoziare uno stretto passaggio tra le frizioni interne all’LDP e le richieste della rinvigorita opposizione. Un periodo di instabilità politica sembra inevitabile.

La vittoria dei repubblicani alle elezioni negli Stati Uniti sembra destinata ad aggravare le incertezze per il Giappone, soprattutto se porterà a una maggiore escalation dei conflitti in Medio Oriente e a shock nelle importazioni giapponesi di petrolio e gas naturale. Tuttavia, l’agenda economica del Presidente Trump potrebbe non avere lo stesso impatto sul Giappone rispetto ai suoi vicini asiatici. In primo luogo, qualsiasi tentativo di imporre dazi universali del 10-20% a partner commerciali amici come il Giappone comporterebbe notevoli incertezze legali e politiche. In secondo luogo, dazi significativamente più punitivi sulle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti potrebbero migliorare il posizionamento competitivo relativo delle aziende giapponesi. In terzo luogo, l’economia giapponese è semplicemente meno dipendente dalle esportazioni verso gli Stati Uniti rispetto ad altre grandi economie.

Le pressioni al ribasso sullo yen sembrano destinate a spingere la Banca del Giappone (BoJ) a procedere a un inasprimento della politica monetaria. Poiché il costo della vita continua a essere fonte di insoddisfazione per gli elettori, il Ministero delle Finanze giapponese e la BoJ cercheranno di sostenere lo yen attraverso interventi di mercato o aumenti dei tassi. Manteniamo il nostro scenario di base di un aumento dei tassi della BoJ di 25 punti base (pb) a dicembre . Se la debolezza dello yen dovesse persistere fino al 2025, la BoJ potrebbe minacciare ulteriori rialzi superiori allo 0,5%, anche se ciò potrebbe comportare perdite finanziarie per la banca centrale.

Per massimizzare il margine di manovra prima delle elezioni della Camera alta del luglio 2025, il governo di Ishiba sarà tentato di ricorrere a ulteriori incentivi fiscali per tranquillizzare gli elettori e creare consenso con i partiti di opposizione. Pur avendo annunciato un bilancio suppletivo di fine anno superiore a 13.000 miliardi di yen, il bilancio effettivo potrebbe essere ancora più elevato.

Cina

Gli stimoli di Pechino prevarranno sui nuovi shock commerciali? 

Aspetti fondamentali

·         La vittoria del Presidente Trump alle elezioni americane rappresenterà uno shock commerciale per la Cina, poiché è probabile che riuscirà a incrementare i dazi sulle importazioni cinesi al 30-60%.

·         Seppur il pacchetto fiscale di Pechino rappresenti un passo nella giusta direzione, per compensare lo shock causato dai dazi dovrà essere abbinato alla svalutazione della moneta.

·         Sebbene i recenti incentivi non saranno sufficienti ad affrontare efficacemente le sfide a lungo termine della Cina, la politica statunitense potrebbe rivelarsi lo stimolo per l’adozione di misure più radicali.

È probabile che nel 2025 la Cina si troverà a subire una sostanziale impennata dei dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti. Anche se i tempi restano incerti, ipotizziamo che l’attuazione avverrà tra i 6 e i 9 mesi dall’inizio del secondo mandato del Presidente Trump. La sua posizione sul commercio, l’immigrazione, i tagli alle tasse e la geopolitica del Medio Oriente potrebbe rivelarsi inflazionistica e limitare significativamente il margine di manovra della Banca Popolare Cinese. Uno shock di crescita nel 2025 pari potenzialmente all’1-2% del PIL potrebbe costringere la Cina a prendere in considerazione ulteriori stimoli fiscali o una svalutazione una tantum dello yuan per attutire l’impatto nei confronti degli esportatori.

Finora le autorità cinesi hanno optato per un sostegno graduale alla crescita anziché per uno stimolo generale come quello lanciato nel 2008-2009. Hanno annunciato un programma pluriennale per gli enti locali di conversione del debito e finanziamento dell’acquisto di case invendute. Ora ci aspettiamo un pacchetto fiscale da parte del governo centrale per affrontare la debolezza dei consumi e i dazi di Trump, ma c’è il rischio che, se l’attuale approccio cauto dovesse continuare, questo potrebbe rivelarsi inadeguato.

Molto dipenderà anche dalla capacità di Pechino di stabilizzare il settore immobiliare in difficoltà. Nuove misure, tra cui l’eliminazione delle restrizioni all’acquisto di case e degli acquisti da parte degli enti locali, potrebbero contribuire ad attenuare lo squilibrio tra domanda e offerta e a stabilizzare i prezzi. Purtroppo, nonostante il recente allentamento delle politiche, il settore immobiliare non sta vivendo una svolta significativa. Le attuali misure di stimolo economico non aiuteranno la Cina ad affrontare in modo efficace le sue innumerevoli sfide a lungo termine.

Eppure, è interessante notare che, sebbene finora nessuna di queste misure si sia concretizzata, un secondo mandato di Trump potrebbe potenzialmente costringere Pechino ad adottare soluzioni di stimolo più radicali, che ricorrano a una politica monetaria più aggressiva. In tale eventualità, ciò potrebbe migliorare paradossalmente le prospettive della Cina nel medio termine. Sarà un elemento chiave da tenere d’occhio nel 2025.

Mercati emergenti ex Cina

Gli shock del Trump 2.0: l’ovvio, il sottile e l’ignoto

Aspetti fondamentali

·         L’outlook a breve termine per i mercati emergenti è complesso in un contesto di cambiamenti significativi nella politica commerciale e nella strategia nazionale degli Stati Uniti.

·         Sebbene l’allentamento della politica monetaria dei mercati emergenti continuerà, la destinazione dei tassi di interesse in questo ciclo sarà più elevata di quanto inizialmente previsto.

·         I nuovi dazi statunitensi da soli non sono ancora sufficienti a innescare un’ampia revisione al ribasso delle nostre previsioni per queste economie.

Il ritorno del Presidente Trump alla Casa Bianca presupporrà sfide significative per i mercati emergenti (ME) nel 2025. In primo luogo, la nuova presidenza probabilmente imporrà dazi punitivi sulle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti. In secondo luogo, un nuovo processo di contrattazione commerciale o strategica con gli Stati Uniti comporterà costi economici sostanziali per i grandi mercati emergenti come Messico, Corea del Sud e i Paesi europei della NATO, anche se si dovesse evitare un’imposizione esplicita dei dazi. In terzo luogo, le politiche economiche di Trump potrebbero rivelarsi ancora più inflazionistiche e positive per il dollaro statunitense rispetto alle nostre attuali ipotesi.

Le conseguenze più evidenti per i mercati emergenti sono maggiori incertezze politiche e mercati valutari più volatili, che riducono il margine per un allentamento delle politiche. Abbiamo aumentato le nostre stime per i tassi di interesse di fine ciclo di alcune banche centrali dei mercati emergenti, come già fatto di recente per la Fed. I Paesi emergenti dell’Asia, più sensibili a livello commerciale, risentiranno in modo più evidente dell’impatto negativo delle politiche statunitensi rispetto all’America Latina o all’Europa emergente.

Vi sono ancora motivi per mantenere una prospettiva generalmente stabile per queste economie. Nel 2025 la crescita della Cina potrebbe essere trainata maggiormente dal mercato interno, poiché la sua svolta verso gli stimoli fiscali potrebbe compensare i dazi statunitensi. Se la Cina dovesse diventare l’unico Paese a sopportare il peso dei nuovi dazi, altri mercati emergenti potrebbero addirittura trarne modesti benefici, aumentando la loro quota di esportazioni statunitensi, come accaduto dopo l’imposizione dei dazi nel 2018.

Tuttavia, restano ancora molte incognite. I dazi universali potrebbero essere diluiti a fronte di una forte resistenza legale e politica. Oppure l’amministrazione del Presidente Trump potrebbe mettere a rischio gli accordi commerciali esistenti o la stabilità geopolitica in Medio Oriente. Per noi, una dispersione così ampia dei possibili risultati si traduce in una prospettiva che si limita a estrapolare le tendenze fondamentali più recenti, ovvero crescita positiva, inflazione in calo e tassi di interesse leggermente più bassi.

ASSET ALLOCATION

I tagli dei tassi sostengono gli asset EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), ma indeboliscono le valute 

  • I tagli più drastici dei tassi da parte della BCE sostengono le obbligazioni societarie europee ma indeboliscono l’euro.
  • Intravediamo una prospettiva positiva per i Paesi del GCC, in assenza di qualsiasi escalation geopolitica in Medio Oriente.
  • Un inizio positivo del Governo di unità nazionale in Sudafrica fa ben sperare per il 2025.

Eurozona: il ciclo di allentamento della BCE avrà un ruolo più rilevante nel 2025

Le sorti delle economie dell’eurozona continueranno a divergere nel 2025, mentre la prospettiva dei dazi statunitensi crea rischi di ribasso per l’eurozona. Ci aspettiamo che la BCE riduca i tassi all’1,25%, o ulteriormente in caso di brusco rallentamento della crescita, e che di conseguenza l’euro si indebolisca rispetto al dollaro USA. Le azioni dell’eurozona dovrebbero continuare a registrare performance inferiori a quelle globali, anche se notiamo un potenziale di recupero per il mercato azionario francese. In ambito obbligazionario, crediamo che i Bund tedeschi sovraperformeranno. Ci aspettiamo che i titoli di Stato francesi continueranno a offrire rendimenti pressoché simili a quelli disponibili sul debito spagnolo e non intravediamo alcuna possibilità significativa di avvicinamento tra i rendimenti dei titoli di Stato francesi e tedeschi. Nel complesso, preferiamo le obbligazioni societarie dell’eurozona rispetto ai titoli di Stato.

Il settore immobiliare svizzero e i Gilt britannici sono fonti di reddito interessanti

La crescita svizzera dovrebbe restare vicina al suo potenziale e, visti gli altri punti di forza dell’economia svizzera (capacità di innovazione del settore privato, solidi saldi esterni e debito pubblico limitato), ci aspettiamo un ulteriore apprezzamento del franco svizzero. Tuttavia, dati gli attuali bassi livelli, preferiamo le obbligazioni societarie e, in particolare, i fondi immobiliari come fonti di reddito aggiuntivo nei portafogli. Ci aspettiamo che le azioni svizzere, misurate dallo Swiss Market Index (SMI), raggiungano quota 12.370 nei prossimi 12 mesi.

Il bilancio autunnale del Regno Unito dovrebbe contribuire a raggiungere una crescita dell’1,8% nel 2025. A nostro giudizio, la Banca d’Inghilterra continuerà a tagliare i tassi di interesse fino a un tasso terminale del 2,5%, in qualche misura al di sotto delle aspettative del mercato. Questa visione contribuisce a orientare la nostra preferenza per i Gilt e la nostra opinione prudente sulla sterlina.

Interrogativi sul petrolio per l’Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti in crescita

La cancellazione dei tagli volontari alla produzione di petrolio da parte dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC) probabilmente darà ulteriore slancio alla crescita del PIL reale dei Paesi del GCC (Consiglio di cooperazione del Golfo) da meno del 2% nel 2024 a oltre il 4% nel 2025. Ci aspettiamo inoltre che le banche centrali del GCC seguano l’esempio della Fed in termini di tagli dei tassi, dato il buon andamento dell’inflazione. Nonostante il contesto favorevole, l’implicita tendenza al ribasso dei prezzi del petrolio derivante dall’aumento dell’offerta potrebbe riportare l’Arabia Saudita in una condizione di deficit fiscale e delle partite correnti, nonostante una forte ripresa della crescita del PIL reale. Questo perché gli attuali prezzi del greggio sono ben al di sotto del livello necessario per pareggiare il bilancio del Paese. In risposta, Riyad sta già apportando tagli ai megaprogetti come Neom, una vasta città nel deserto. Nel medio termine, tuttavia, prevediamo che questi aggiustamenti saranno gestibili, poiché le recenti riforme in ambito fiscale, del lavoro e dell’immigrazione rafforzeranno la resilienza dell’economia.

Un accordo favorevole sulla produzione di petrolio con l’OPEC e un fiorente settore dei servizi dovrebbero rendere gli Emirati Arabi Uniti il Paese di punta del Medio Oriente nei prossimi anni. In particolare, il mercato immobiliare del Paese dovrebbe continuare a registrare ottime performance grazie al robusto afflusso di talenti dall’estero, al boom del turismo e a un contesto dei tassi di interesse globali più favorevole. Il solido doppio surplus del Paese proteggerà inoltre l’economia da qualsiasi shock temporaneo. Tuttavia, la situazione preoccupante dei rapporti tra Israele e Iran costituirà un rischio chiave da tenere d’occhio. Un’eventuale distensione del conflitto in Medio Oriente sotto l’influenza della nuova amministrazione statunitense potrebbe creare delle opportunità per l’economia e gli asset dei Paesi del GCC.

Tagli difficili in Turchia e nell’Europa centrale e orientale

In Turchia, il ritorno a una politica monetaria più ortodossa ha mantenuto elevati i tassi di interesse reali, ha determinato un modesto incremento delle riserve valutarie e ha in una certa misura frenato la spirale inflazionistica. Il costo di questo processo sarà un’ulteriore decelerazione della crescita al 2,5%. Tuttavia, ciò sarà accompagnato da una riduzione del deficit delle partite correnti poco sopra l’1,0-1,5% del PIL. Il nuovo piano a medio termine del governo comprende ipotesi piuttosto irrealistiche sulle entrate fiscali e sul saldo di bilancio, escludendo il pagamento degli interessi. Il raffreddamento della crescita e dell’inflazione consentirà alla banca centrale di iniziare a tagliare il tasso di riferimento per la prima volta dal 2023.

I Paesi dell’Europa centrale e orientale che hanno guidato il ciclo di allentamento monetario globale vedranno la disinflazione fare il suo corso con una ripresa della crescita nel 2025. Nel caso della Polonia, sebbene la banca centrale manterrà i tassi invariati nel breve termine a causa dei timori legati all’inflazione core persistente, prevediamo una ripresa dei tagli dei tassi all’inizio del 2025, quando migliorerà la visibilità sui prezzi regolamentati. In Ungheria e Repubblica Ceca, l’allentamento monetario giungerà al termine con il ritorno alla normalità dell’inflazione nel nuovo anno.  

Qualche barlume di speranza in Sudafrica

Il governo di unità nazionale nella Repubblica del Sudafrica ha avuto un inizio positivo dopo le elezioni generali, con l’assegnazione di posizioni ministeriali al secondo maggior partito, ampiamente centrista, Alleanza Democratica, che ha rassicurato i mercati. L’ultima dichiarazione sulla politica di bilancio a medio termine del governo ha mantenuto la posizione sull’avanzo primario (ossia, reddito più elevato rispetto alla spesa corrente) nonostante una modesta flessione delle entrate. Una serie di sviluppi favorevoli ha permesso al Paese di evitare interruzioni di corrente elettrica per un periodo prolungato, nonostante la maggiore domanda invernale. Ci aspettiamo che l’economia sudafricana registri una modesta ripresa della crescita attorno all’1,5% nel medio termine, con un’inflazione che si manterrà entro l’intervallo target della banca centrale. Ciò preannuncia altri due tagli dei tassi di 25 punti base in questo ciclo, che dovrebbero sostenere il credito e le azioni sudafricane. Il rischio principale per questa previsione sarà il rand, che ha registrato una notevole volatilità dopo le elezioni statunitensi.

Asia Outlook

Un nuovo scenario di investimenti per l’Asia

·         L’imposizione di ulteriori dazi statunitensi sulle esportazioni asiatiche sconvolgerà la regione, aumentando i costi del debito denominato in dollari e delle importazioni e mettendo a dura prova la crescita e gli investimenti aziendali.

·         Nel breve periodo, gli investitori potrebbero privilegiare gli asset statunitensi. La domanda di asset rischiosi asiatici potrebbe risultare contenuta.

·         Un’ulteriore separazione tra Stati Uniti e Cina metterà alla prova le posizioni strategiche e continua a rimodellare le opportunità di investimento.

Nel 2025 l’Asia si troverà ad affrontare un nuovo scenario per gli investimenti. Le implicazioni del cambiamento della politica statunitense e del rallentamento della crescita cinese riguarderanno il commercio, gli asset finanziari e le considerazioni strategiche. Tra i fattori chiave figurano i nuovi dazi doganali statunitensi, l’aumento dei tassi di interesse statunitensi e un dollaro più forte. Ciascuno di questi elementi acuisce la pressione sulle economie asiatiche e minaccia di minare il sentiment degli investitori nei confronti della regione.

I dazi proposti dagli Stati Uniti, che possono arrivare fino al 60% sui prodotti cinesi e al 10% sul resto dell’Asia, potrebbero pregiudicare l’equilibrio delle catene di approvvigionamento, mettendo a dura prova la fiducia e gli investimenti delle aziende. Ciò ricalcherebbe la volatilità legata ai dazi registrata durante la prima amministrazione Trump. Inoltre, tassi di interesse e rendimenti obbligazionari più elevati negli Stati Uniti, conseguenza di una maggiore inflazione alimentata dalle politiche fiscali, si ripercuoterebbero probabilmente sull’Asia, aggravando le sfide per le economie che già devono far fronte a una crescita più lenta delle esportazioni e a valute più deboli.

Implicazioni per gli investimenti e riallineamento geopolitico

La forza del dollaro statunitense avrà un impatto sui mercati asiatici. Sebbene possa essere vantaggioso per le aziende che esportano negli Stati Uniti, ciò comporta anche un aumento dei costi del servizio del debito per le aziende e gli emittenti con significative passività in dollari, con ripercussioni sui bilanci e limitazioni per gli investimenti. Finché non saranno chiarite le politiche statunitensi, è probabile che gli investitori prediligeranno le azioni statunitensi agli asset rischiosi asiatici, fintantoché le azioni statunitensi continueranno a godere di solidi utili aziendali e di un contesto economico resiliente. 

Gli investitori dovranno gestire rischi e opportunità crescenti. Ci aspettiamo una crescita moderata nelle economie asiatiche, soprattutto se la Cina attuerà misure di stimolo significative. I mercati regionali potrebbero avere difficoltà ad attrarre investimenti significativi. L’approccio “America First” dell’amministrazione Trump potrebbe accentuare i trend verso la deglobalizzazione, intensificando la separazione strategica tra Stati Uniti e Cina e rimodellando gli allineamenti geopolitici. Questo cambiamento potrebbe inasprire le tensioni regionali, soprattutto con l’aumento dell’influenza economica ottenuta dalla Cina in seguito alle iniziative adottate. Queste dinamiche potrebbero mettere alla prova lo storico pragmatismo dell’Asia nel bilanciare l’influenza politica degli Stati Uniti e i legami economici con la Cina.

Strategia di investimento:

Posizionamento per un’ulteriore crescita

·         Nonostante le elevate valutazioni azionarie statunitensi, il 2025 dovrebbe rivelarsi un altro anno costruttivo per i titoli azionari. Le azioni statunitensi dovrebbero sostenere i guadagni, mentre continuiamo a considerare con poca convinzione il potenziale delle azioni europee.

·         Le strategie obbligazionarie dovrebbero concentrarsi sul credito high yield, bilanciando la generazione di reddito con la gestione attiva dei rischi di inflazione e dei tassi di interesse.

·         Il rafforzamento del dollaro statunitense non dovrebbe impedire l’aumento dei prezzi dell’oro. Il metallo consente di diversificare il portafoglio in un contesto di mutevoli tendenze macroeconomiche e incertezze politiche.

Una vittoria repubblicana apre la possibilità di un contesto finanziario dominato da una riduzione delle tasse, dalla deregolamentazione e da un maggiore sostegno alla crescita delle aziende statunitensi. Ci aspettiamo che queste politiche generino un sentiment costruttivo tra le aziende e il mercato, pur con alcune sfumature. Sebbene le prospettive per i mercati azionari e del credito rimangano positive su base annua, l’impatto dei dazi, dei rischi geopolitici e delle pressioni inflazionistiche definiranno il panorama degli investimenti. All’inizio del 2025, l’asset allocation dovrà bilanciare questi fattori per ottimizzare i rendimenti corretti per il rischio.

Una prospettiva costruttiva per le azioni

Sebbene le valutazioni dei titoli azionari statunitensi siano già storicamente elevate, il mercato è destinato a trarre vantaggio dalle politiche della nuova amministrazione. La riduzione delle tasse e la deregolamentazione aumenteranno gli utili aziendali e stimoleranno le attività di fusione e acquisizione (M&A). Ci aspettiamo che il settore tecnologico sosterrà ulteriori guadagni di mercato. Anche il settore finanziario dovrebbe registrare buone performance, anche se, dopo il recente aumento dei prezzi, sarà fondamentale la tempistica.

Da un punto di vista regionale, le azioni statunitensi dovrebbero continuare a registrare performance positive nei prossimi 12 mesi, poiché le politiche nazionali creano un contesto favorevole alla crescita. Le azioni europee rimarranno meno interessanti. Anche le azioni cinesi devono far fronte a delle sfide, poiché la politica più restrittiva della Fed e i potenziali aumenti dei dazi potrebbero imporre una certa pressione sui mercati cinesi. La risposta delle autorità cinesi alla crisi immobiliare, alla debolezza dei consumi e ai dazi statunitensi sarà fondamentale per ripristinare la fiducia degli investitori.

In termini di stile, i titoli azionari a bassa capitalizzazione, i settori ciclici e altre strategie più rischiose potrebbero produrre rendimenti positivi nell’orizzonte di investimento a breve termine.

Irripidimento delle curve di rendimento

Prevediamo una prosecuzione della disinflazione in tutte le economie nel 2025. Tuttavia, il mercato obbligazionario statunitense dovrà fare i conti con i rischi di un aumento della crescita e dell’inflazione potenziale, dovuti ai dazi interni e a una politica di immigrazione più restrittiva. Ciò porterà a un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi a lunga scadenza, amplificando la differenza tra rendimenti a lunga e a breve scadenza (“bear steepening” della curva dei rendimenti). Una crescita più rapida potrebbe rendere le obbligazioni a breve termine una componente fondamentale della strategia obbligazionaria statunitense e in tal senso le scadenze da 3 a 5 anni sembrano interessanti.

In Europa e nel Regno Unito, i rischi di rialzo dell’inflazione sembrano più contenuti e un ulteriore allentamento della politica monetaria potrebbe portare a un “bull steepening” della curva dei rendimenti, con un calo dei rendimenti obbligazionari a breve termine più rapido rispetto alle scadenze più lunghe. Le obbligazioni indicizzate all’inflazione potrebbero apparire interessanti, soprattutto se le politiche fiscali dovessero stimolare maggiori aumenti dei prezzi nei prossimi mesi. Tuttavia, ci aspettiamo un rialzo limitato per queste obbligazioni rispetto alle normali obbligazioni nominali. 

Gli spread delle obbligazioni societarie (ovvero il premio offerto rispetto ai titoli di Stato) dovrebbero rimanere ridotti nel 2025 e le obbligazioni high yield probabilmente sovraperformeranno. Una solida crescita economica favorisce una riduzione dei rischi di insolvenza, rendendo le obbligazioni high yield un’opzione allettante, in particolare quelle a breve scadenza. Le obbligazioni investment grade potrebbero essere più sensibili ai segnali di aumento dell’inflazione, data la duration più lunga e quindi la maggiore sensibilità ai tassi di interesse delle obbligazioni investment grade rispetto a quelle high yield.

Tuttavia, grazie a bilanci solidi, le obbligazioni societarie dovrebbero generare rendimenti migliori rispetto ai titoli di Stato. L’outlook potrebbe ricevere ulteriore supporto in caso di esiti inaspettatamente positivi della crescita e di ulteriore contrazione degli spread. Un’attenta selezione dei settori può massimizzare i rendimenti gestendo al contempo i rischi. Le obbligazioni dei mercati emergenti denominate in dollari USA potrebbero risentire dell’irripidimento della curva dei rendimenti statunitense. Continuiamo a preferire le obbligazioni societarie dei mercati emergenti rispetto a quelle sovrane. Le prime sono meno sensibili al rischio dei tassi di interesse statunitensi e offrono una remunerazione leggermente più elevata grazie agli spread.

Il dollaro è di nuovo più forte?

Ci aspettiamo cambiamenti significativi nei mercati valutari. Un rafforzamento del dollaro statunitense (USD), che trarrebbe vantaggio dal sentiment positivo del mercato e da tassi di interesse più elevati rispetto alle altre valute dei mercati sviluppati, dovrebbe concretizzarsi nel breve termine. Con il miglioramento delle aspettative di crescita degli Stati Uniti e il terminal rate della Fed più elevato rispetto alle altre principali banche centrali, l’euro dovrebbe evidenziare un andamento discendente rispetto al dollaro. Tuttavia, nei prossimi 6-12 mesi potrebbe emergere un quadro più diversificato, con l’attenuarsi dei rischi di inflazione e l’evidenziarsi di rischi fiscali e commerciali. Lo yen giapponese e il franco svizzero potrebbero rivelarsi più resilienti negli ultimi periodi del 2025. Le valute dei mercati emergenti saranno più vulnerabili, in particolare quelle con un’elevata quota di esportazioni statunitensi, poiché i rischi geopolitici e le tensioni commerciali introducono ulteriore volatilità. Per questo motivo è importante che gli investitori mostrino flessibilità in termini di esposizione ai mercati emergenti.

Oro e petrolio in primo piano

Tassi di interesse reali più elevati del previsto e un dollaro più forte potrebbero limitare il rialzo dell’oro nel breve termine. Tuttavia, con il proseguimento della disinflazione e dei tagli dei tassi nelle principali economie, la domanda degli investitori dovrebbe aumentare, sostenendo i prezzi dell’oro. È probabile che la richiesta delle banche centrali di diversificare le proprie riserve rimarrà forte. Un’allocazione dedicata all’oro per il 2025 svolge quindi un ruolo utile per la diversificazione del portafoglio. 

I mercati petroliferi continueranno a essere sensibili alla produzione statunitense e mediorientale. I probabili aumenti della produzione nel 2025 dovrebbero mantenere sotto pressione i prezzi del petrolio per 12 mesi, portando potenzialmente i prezzi del greggio Brent al di sotto dei 70 dollari al barile. Saranno determinanti l’interruzione dei tagli alla produzione da parte dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e dei principali Paesi non membri (OPEC+), nonché le perturbazioni geopolitiche. L’esposizione del portafoglio agli asset legati al petrolio e all’energia può offrire una protezione contro i rischi di inflazione.

Posizionamento per la crescita e gestione dei rischi nel 2025

Il contesto di mercato nel 2025 presenta opportunità di investimento, in particolare nei titoli azionari e nel credito societario. In un contesto di irripidimento delle curve di rendimento, i titoli di Stato dovrebbero avere una correlazione negativa con gli asset più rischiosi e offrire alcune caratteristiche di diversificazione del portafoglio. Ci aspettiamo infatti che il miglioramento della crescita economica sosterrà una correlazione positiva tra azioni e credito, mentre i titoli di Stato dovrebbero sottoperformare. Tuttavia, in caso di livelli di inflazione superiori alle attese, questi vantaggi in termini di diversificazione diminuirebbero e anche i titoli azionari si troverebbero ad affrontare maggiori difficoltà. 

L’esposizione azionaria dovrebbe privilegiare i mercati statunitensi e di crescita. Le strategie obbligazionarie si concentreranno sulla gestione del rischio attraverso le obbligazioni high yield, mentre le obbligazioni investment grade potrebbero richiedere un approccio più tattico a causa della maggiore sensibilità all’aumento dei tassi di interesse.

Per quanto riguarda le valute, un dollaro USA più forte nel breve termine potrebbe essere bilanciato da migliori opportunità per altre valute rifugio nel 2025, se dovessero ripresentarsi i rischi fiscali. Gli investimenti nei mercati emergenti richiedono una comprensione delle accresciute sensibilità delle politiche. Le materie prime continueranno a essere essenziali per la copertura dei rischi di inflazione e per cogliere opportunità, con l’oro che offre un’ancora interessante per il portafoglio in un periodo di incertezza.

Considerati gli attuali spread ridotti delle obbligazioni societarie e le elevate valutazioni azionarie, le classi di asset alternative, come gli hedge fund e gli asset privati, possono contribuire a migliorare i rendimenti corretti per il rischio. Possono anche integrare i vantaggi della diversificazione a un portafoglio.

Nel complesso, un approccio di investimento diversificato e flessibile può bilanciare la ricerca della crescita con una prudente gestione del rischio mentre affrontiamo il complesso scenario economico e politico del 2025.

ASSET CLASSES

Reddito fisso

Spicca l’high yield 

Aspetti fondamentali

·         I nostri investimenti preferiti nell’obbligazionario per il 2025 sono le obbligazioni societarie. In particolare, le obbligazioni high yield offrono rendimenti interessanti e una minore sensibilità alle oscillazioni dei tassi di interesse.

·         I titoli di Stato e le obbligazioni societarie dei mercati emergenti, pur vulnerabili ai cambiamenti di politica economica degli Stati Uniti, manterranno un posizionamento fondamentale solido.

·         Ci aspettiamo che i titoli di Stato statunitensi evidenzino una sottoperformance, in un contesto di minori tagli dei tassi da parte della Fed e di rendimenti a lungo termine in aumento. Preferiamo i          Bund tedeschi e i Gilt britannici.

Negli Stati Uniti, i tagli fiscali, i dazi e le politiche più restrittive sull’immigrazione dovrebbero tradursi in un aumento della crescita e dell’inflazione statunitensi, rendendo necessari meno tagli dei tassi di interesse da parte della Fed. Ciò dovrebbe generare rendimenti più elevati dei titoli del Tesoro USA a 10 anni: circa il 4,5% tra 12 mesi. Cerchiamo di ridurre la sensibilità ai tassi di interesse statunitensi nei portafogli e privilegiamo le scadenze dei titoli del Tesoro a 3-5 anni. Nel breve periodo, la performance delle obbligazioni indicizzate all’inflazione potrebbe essere limitata da tassi reali più elevati. Tuttavia, le loro prospettive potrebbero migliorare nel corso dell’anno se dovessero concretizzarsi ulteriori rischi di inflazione.

In Europa, ci aspettiamo che la BCE persegua un ciclo di allentamento più pronunciato rispetto a quanto anticipato dai mercati, all’1,25% entro la fine del 2025, in un contesto di rallentamento economico e di calo dell’inflazione. Di conseguenza, i Bund tedeschi dovrebbero sovraperformare i titoli del Tesoro USA. Nel Regno Unito, prevediamo un taglio dei tassi di 175 punti base (pb) da parte della BoE che si attesteranno al 3% entro la fine del 2025 (nel momento in cui scriviamo, il mercato prevede tagli per circa 90 pb) e infine al 2,5% nel corso del 2026. Nel Regno Unito, con l’inflazione e i mercati del lavoro in via di normalizzazione e una crescita costante, riteniamo che i Gilt offrano punti di ingresso interessanti per gli investitori a lungo termine.

Le obbligazioni societarie, in particolare le high yield (HY), sembrano posizionate per sovraperformare nel 2025, nonostante gli spread ridotti rispetto ai titoli di Stato. I rendimenti elevati, i bilanci solidi e i tassi di insolvenza contenuti le posizionano favorevolmente. Le obbligazioni HY dovrebbero inoltre beneficiare di migliori prospettive di crescita economica, politiche aziendali di sostegno negli Stati Uniti, redditi interessanti e propensione per classi di asset più rischiose. Anche se gli spread dovessero registrare una certa volatilità, l’impatto sui rendimenti totali dovrebbe essere modesto, grazie agli elevati rendimenti iniziali. Ci aspettiamo che le high yield sovraperformino, evidenziando un andamento analogo ai modelli storici nei periodi di rendimenti sovrani più elevati, in particolare quelli a lunga scadenza.

Le obbligazioni dei mercati emergenti potrebbero registrare una certa volatilità nel 2025, soprattutto se le politiche fiscali e i dazi statunitensi aumenteranno i costi di finanziamento. Ciò nonostante, le obbligazioni societarie dei mercati emergenti emesse in dollari restano interessanti grazie ai loro rendimenti relativi più elevati rispetto ai mercati sviluppati. Ciò è supportato da solidi fondamentali che dovrebbero attenuare eventuali impatti negativi delle politiche statunitensi.

Azioni

Solidi rendimenti del mercato azionario nel 2025

Aspetti fondamentali

·         Nonostante le valutazioni elevate, riteniamo che nel 2025 i mercati azionari siano destinati a offrire solidi rendimenti, alimentati da una crescita degli utili a due cifre.

·         L’innovazione e l’adozione tecnologica in corso, le politiche della nuova amministrazione statunitense e la stabilizzazione del mercato immobiliare cinese costituiscono probabilmente dei fattori          favorevoli, mentre tra i rischi figurano il posizionamento esteso degli investitori e qualsiasi rallentamento inaspettato innescato da rappresaglie alle politiche “America First”.

·         Gli Stati Uniti rimangono un investimento strategico e prevediamo anche robusti rendimenti potenziali in Giappone. L’eurozona e i settori difensivi restano i segmenti meno preferiti.

Nei prossimi 12 mesi prevediamo elevati incrementi a una cifra per i titoli azionari globali, poiché la solida crescita dei ricavi, l’ulteriore miglioramento del rendimento del capitale proprio e il reddito da dividendi compenseranno ampiamente l’effetto penalizzante delle valutazioni elevate.

Ad esempio, le aziende statunitensi del settore tecnologico e Internet rappresentano quasi il 40% degli utili dell’indice MSCI US. Le loro prospettive di crescita sono quindi determinanti nel definire la traiettoria degli utili statunitensi, ma anche la leadership di mercato da un punto di vista geografico e settoriale. Nei prossimi anni ci aspettiamo un rafforzamento dell’adozione dell’intelligenza artificiale (IA) generativa e un’accelerazione delle prove di monetizzazione, a sostegno del settore. Sono queste le ragioni alla base della nostra consolidata preferenza per le azioni statunitensi rispetto a quelle europee.

Gli stimoli fiscali e la potenziale deregolamentazione negli Stati Uniti dovrebbero sostenere gli asset americani, in particolare il settore finanziario. Per ora manteniamo una posizione neutrale sui titoli finanziari, dato il forte rialzo post-elettorale. Il settore della difesa trarrà beneficio dalla posizione di Trump sulla spesa per la difesa. Al contrario, gli importatori statunitensi e gli esportatori esteri sono quelli maggiormente esposti ai rischi presupposti dalle nuove politiche commerciali statunitensi.

Un altro fattore chiave che sostiene il nostro outlook costruttivo sul mercato azionario è la prospettiva di una stabilizzazione in Cina. Le recenti misure di stimolo e i cambiamenti nella retorica politica rappresentano passi nella giusta direzione. Prezzi delle case più stabili potranno dare impulso sia all’economia nazionale che a quella globale.

Per quanto riguarda i settori, manteniamo la nostra preferenza per i titoli ciclici per inizio anno, privilegiando i materiali. A nostro avviso, i settori difensivi come i servizi di pubblica utilità e i beni di consumo di base offrono le prospettive più deboli. Per ora manteniamo una visione neutrale sugli immobili quotati e non li consideriamo un rischio sistemico per il mercato in generale, data la mancanza di nuova offerta di spazi per uffici e per la vendita al dettaglio.

Monitoriamo attentamente svariati fattori per decidere se il sentiment e il posizionamento del mercato sono eccessivamente estesi. Un indicatore utile è costituito dai flussi verso gli ETF (exchange traded fund). Sebbene i trend attuali non appaiano estremi, non possiamo escludere che il rally del mercato previsto nei prossimi mesi spingerà gli indici azionari verso livelli estremi.

Valute e materie prime

Rinvigorimento dell’eccezionalismo del dollaro USA

Aspetti fondamentali

·         Nei prossimi mesi, il dollaro statunitense dovrebbe registrare guadagni su larga scala grazie al riprezzamento dei tassi di interesse statunitensi.

·         Tuttavia, nel corso del prossimo anno il mercato valutario sarà trainato in misura prevalente dal tema dei dazi, e l’euro, lo yuan e le valute nord asiatiche saranno esposti a significativi rischi di              ribasso.

·         A parte la volatilità iniziale, l’oro dovrebbe registrare performance soddisfacenti poiché i flussi di investimento si aggiungono al supporto derivante dagli acquisti delle banche centrali.

La vittoria dei repubblicani alle elezioni dovrebbe portare a un rafforzamento del dollaro (USD). Accanto all’incremento della crescita e dell’inflazione, ci aspettiamo una riduzione del numero di tagli dei tassi da parte della Fed, a sostegno della valuta. Nonostante i recenti forti guadagni del dollaro USA, il posizionamento degli investitori rimane relativamente modesto, il che suggerisce la possibilità di un ulteriore rialzo. I dazi statunitensi potrebbero anche determinare un deprezzamento di altre valute rispetto al dollaro statunitense. Prevediamo che l’EUR/USD salirà a quota 1,03 tra tre mesi e a quota 1,02 tra 12 mesi, con rischi orientati al ribasso.

La rivalutazione iniziale dei tagli dei tassi della Fed dovrebbe tradursi in guadagni generalizzati del dollaro che potrebbe salire fino a 160 e 0,90 nei confronti di, rispettivamente, yen giapponese (JPY) e franco svizzero (CHF). La coppia GBP/USD potrebbe testare l’1,26. È probabile che il dollaro statunitense superi quota 7,30 rispetto allo yuan (CNY), portando la Banca Popolare Cinese (PBoC) ad ancorare la valuta tramite il fixing rate giornaliero, intorno al quale lo yuan può essere scambiato.

Una volta lasciata alle spalle la probabile e rapida rivalutazione dei tassi d’interesse negli Stati Uniti, i rischi in termini di dazi dovrebbero prevalere. La nostra analisi suggerisce che sia ragionevole un tasso USD/CNY attorno al 7,0 anche in assenza di dazi più elevati. Lo scenario ipotizzato di dazi del 60% potrebbe portare a un aumento verso il 7,80. Sulla base dell’esperienza del 2017-18, la PBoC potrebbe continuare a intervenire per contenere le oscillazioni della coppia USD/CNY, consentendo un adeguamento al rialzo solo dopo l’entrata in vigore degli aumenti dei dazi. Le economie minori con una maggiore dipendenza commerciale dagli Stati Uniti, tra cui Corea del Sud, Messico e Canada, andrebbero incontro a notevoli pressioni al ribasso se venissero applicati dazi doganali statunitensi generalizzati del 10%. Anche il dollaro canadese e il peso messicano potrebbero subire una qualche pressione se venisse messa in discussione la rinegoziazione dell’attuale accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Messico e Canada (USMCA).

In questa seconda fase, in cui prevalgono i rischi legati ai dazi statunitensi, crediamo che il CHF e il JPY sovraperformeranno le valute principali, poiché i mercati sono sempre più preoccupati per il rallentamento della crescita globale e la BNS e la BoJ hanno poco margine di manovra per procedere a un allentamento della politica monetaria. L’euro e la sterlina dovrebbero sottoperformare, poiché la BCE e la BoE dovranno verosimilmente tagliare i tassi di interesse più di quanto attualmente previsto dai mercati.

Valute ad alto beta del G10

Riteniamo che nei prossimi mesi le valute più volatili o “ad alto beta” del G10, tra cui il dollaro australiano, quello neozelandese e quello canadese, la corona norvegese e quella svedese, dovrebbero indebolirsi quanto l’euro, se non in misura maggiore. Le elezioni negli Stati Uniti potrebbero far aumentare le incertezze sul fronte commerciale, pertanto la crescita del commercio globale potrebbe rallentare, creando un ostacolo per queste valute. Saremo prudenti con il dollaro canadese e quello neozelandese e con la corona norvegese. Il dollaro canadese potrebbe essere esposto a una potenziale rinegoziazione dell’accordo di libero scambio USMCA, data l’elevata esposizione dell’economia canadese al commercio statunitense. La corona svedese potrebbe inizialmente indebolirsi. Tuttavia, è ancora sottovalutata e una continua stabilizzazione del mercato immobiliare locale potrebbe consentire alla valuta di sovraperformare all’interno del gruppo.

Valute dei mercati emergenti

Riteniamo che le valute dei mercati emergenti si indeboliranno nei prossimi tre mesi. A livello regionale, sembra giustificato un atteggiamento più negativo nei confronti dell’Asia, poiché diversi Paesi dipendono fortemente dal commercio con gli Stati Uniti. Potrebbero anche continuare a verificarsi ingenti deflussi di investitori nazionali, alla ricerca di performance migliori nei mercati azionari statunitensi. La sensibilità allo yuan potrebbe comportare ulteriori rischi. Per le valute dei mercati emergenti ad alto rendimento potrebbe essere necessario un approccio più articolato. Un ulteriore deprezzamento del peso messicano (a causa di una possibile rinegoziazione dell’USMCA) potrebbe estendersi alle valute latinoamericane. Preferiremo quelle meno sensibili alle politiche statunitensi e che mostrano miglioramenti nella politica macroeconomica, come la lira turca o il rand sudafricano.

Resilienza dell’oro e petrolio sotto pressione

La rivalutazione dei tassi di interesse negli Stati Uniti potrebbe inizialmente rappresentare un ostacolo per i prezzi dell’oro. Tuttavia, dato il perdurare dei tagli dei tassi nelle principali economie, la ripresa dei flussi di investimenti privati negli ETF dovrebbe sostenere i prezzi, insieme alla domanda ancora resiliente delle banche centrali.

Ci aspettiamo che i prezzi del petrolio rimangano sotto pressione a causa delle dinamiche dell’offerta, tra cui l’aumento della produzione statunitense e l’annullamento dei precedenti tagli alla produzione dell’OPEC. Anche le perturbazioni geopolitiche e legate alla politica statunitense comportano rischi di rialzo per i prezzi. Tuttavia, in assenza di eventi di rilievo che mettano a rischio l’offerta, il greggio Brent potrebbe scendere sotto i 70 dollari USA al barile nei prossimi 12 mesi.

Hedge fund

La performance determinata dalla volatilità è destinata a durare 

Aspetti fondamentali

·         Le condizioni di mercato favorevoli, tra cui alti tassi di interesse e volatilità, hanno favorito le strategie alternative. Ci aspettiamo il perdurare di questo contesto favorevole.

·         Le strategie azionarie alternative hanno guadagnato grazie alla fase di rialzo dei mercati e alla performance azionaria frammentata, mentre si prevede che le strategie macroeconomiche miglioreranno di pari passo con la maggiore visibilità sulle politiche e sui tassi di interesse statunitensi.

·         Le strategie event-driven e relative-value hanno registrato un miglioramento; le strategie non direzionali potrebbero riscontrare maggiori opportunità con l’incremento delle transazioni aziendali e della volatilità del mercato.

Negli ultimi due anni le strategie degli hedge fund hanno beneficiato di condizioni di mercato più favorevoli. Ciò è dovuto alle politiche divergenti delle banche centrali, ai tassi di interesse più elevati e alla maggiore volatilità tra le varie classi di asset. Nel 2025 prevediamo che i tassi di interesse rimarranno più elevati rispetto ai livelli dell’ultimo decennio, mantenendo inalterati i fattori che hanno determinato i rendimenti recenti.

Le strategie azionarie alternative hanno beneficiato della crescita dei mercati azionari e dell’ampliamento degli spread tra le performance dei singoli titoli. Ci aspettiamo che l’andamento del mercato fornisca un impulso anche nel 2025. Tuttavia, notiamo che l’elevato costo del capitale, le incertezze geopolitiche e gli sviluppi nell’intelligenza artificiale probabilmente aumenteranno la dispersione dei rendimenti, alimentando così le opportunità di selezione dei titoli.

Le strategie macroeconomiche hanno registrato un 2024 altalenante. Molte hanno dovuto fare i conti con il ritardo nel taglio dei tassi di interesse. Guardando al futuro, ci aspettiamo una maggiore visibilità sia sulla probabile evoluzione della politica statunitense, sia sulla traiettoria generale dei tassi di interesse. Ciò dovrebbe dare impulso e ci aspettiamo che lo slancio continui fino al 2025.

Anche le performance delle strategie event-driven e relative-value sono migliorate quest’anno. Dopo le elezioni negli Stati Uniti, si prevede che le speranze di una regolamentazione aziendale più flessibile favoriranno le operazioni societarie. Ciò aiuta i gestori degli arbitraggi sulle fusioni e aumenta l’attività sul mercato dei capitali, creando maggiori opportunità. La maggiore volatilità del mercato, in particolare dei tassi di interesse, ha aumentato la possibilità che queste strategie generino rendimenti.

Le condizioni di mercato sembrano ora favorevoli alle strategie degli hedge fund che sfruttano la volatilità di un asset sottostante (le cosiddette strategie “non direzionali”). Riteniamo che le prospettive per tali strategie nei prossimi anni siano migliori di quelle osservate per gran parte dell’ultimo decennio.

Le strategie alternative continuano a svolgere un utile ruolo di diversificazione nei portafogli multi-asset. Come sempre, la selezione del gestore rimane un fattore chiave in termini di performance.

Asset privati

Segnali di un’inversione di tendenza 

Aspetti fondamentali

·         Sebbene nel 2023 e nel 2024 le performance siano state modeste, prevediamo tempi migliori per i mercati privati nel 2025, spinti dal miglioramento del flusso delle operazioni e dalle uscite dagli investimenti esistenti.

·         Privilegiamo la diversificazione tra le strategie: dal private equity e dal debito, agli investimenti immobiliari e infrastrutturali.

·         Gli asset privati continuano a costituire parte integrante delle nostre allocazioni di portafoglio per gli investitori con un orizzonte temporale e una tolleranza al rischio adeguati.

Il private equity (PE) ha attraversato anni difficili, caratterizzati da un rallentamento delle operazioni e da un aumento del costo del capitale, in concomitanza con alti tassi di interesse. I fondi di private equity hanno dovuto mantenere gli investimenti più a lungo, il che a sua volta ha influenzato gli sforzi di raccolta fondi.

Tuttavia, il flusso di operazioni di PE è migliorato nella seconda metà del 2024, trainato dal settore tecnologico. Stanno riemergendo operazioni di maggiore rilevanza. Gli investimenti in intelligenza artificiale, sanità, tecnologie pulite e fintech hanno determinato un miglioramento nella raccolta di capitali di rischio nel 2024, dopo 18 mesi di calo. Dovrebbero seguire liquidità e uscite. L’ultimo tassello mancante è un forte mercato delle offerte pubbliche iniziali (IPO). Siamo moderatamente ottimisti in merito, in un contesto di calo dei tassi di interesse globali e di solida performance del mercato azionario.

Nei portafogli di private equity, privilegiamo un’allocazione core alle strategie di buyout, con una certa esposizione al capitale di rischio e alle “situazioni speciali”, ad esempio per le ristrutturazioni aziendali. Le strategie di buyout incentrate sulle piccole e medie imprese offrono valutazioni interessanti e una minore dipendenza dai mercati delle IPO. Ci concentriamo sulle aziende che operano attivamente per migliorare i propri asset anziché fare affidamento sulla leva finanziaria o su un miglioramento delle valutazioni.

L’interesse degli investitori per gli investimenti infrastrutturali privati dovrebbe rimanere forte anche nel 2025. Le infrastrutture sono una classe di asset difensiva e resiliente che offre alcuni vantaggi in termini di copertura dall’inflazione e può stimolare la crescita e il reddito nei portafogli. La crescita degli asset e dei mercati infrastrutturali è trainata da tendenze secolari quali l’urbanizzazione, l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della connettività digitale e la transizione verso forme di energia più sostenibili.

Anche il credito privato, ovvero i prestiti non bancari alle società quotate, ha registrato una forte crescita negli ultimi anni. Ci aspettiamo che questa classe di asset registri un incremento grazie all’ampio mercato a cui si rivolge e ai vantaggi per i creditori. Continuiamo a vedere un buon valore nel credito privato e interessanti vantaggi in termini di diversificazione del portafoglio derivanti dagli investimenti obbligazionari tradizionali.

INVESTIMENTI SOSTENIBILI

Investimenti sostenibili

Sostenibilità nel 2025: adattamento

Aspetti fondamentali

      La schiacciante vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi, gli sviluppi politici in Europa e il consolidamento degli interessi comuni dei Paesi BRICS+ probabilmente ridetermineranno le priorità politiche in materia di commercio internazionale, migrazione, difesa, autosufficienza energetica, politica industriale, infrastrutture e sostenibilità.

      Vediamo emergere cinque tendenze chiave: numerose piccole transizioni verso le emissioni zero in linea con le priorità nazionali, la convergenza tra politica industriale e obiettivi sostenibili, un’attenzione continua alle infrastrutture per supportare un’economia più sostenibile, l’intreccio tra digitalizzazione e sostenibilità e un’evoluzione più multidimensionale della sostenibilità.

      Ci concentriamo sugli investimenti sostenibili che si basano su dati economici convincenti o allineati con questi cambiamenti nelle priorità politiche e quelli che derivano dall’adattamento del settore privato.

Un panorama politico e macroeconomico in evoluzione

Sono in atto diversi cambiamenti politici e strategici a livello globale che ridefiniranno l’agenda della sostenibilità a partire dal 2025. Questi cambiamenti non si stanno verificando solo nel periodo successivo alle elezioni negli Stati Uniti, ma anche in Europa, con le imminenti elezioni tedesche e quelle in Francia e nel Regno Unito. Nel complesso, ci aspettiamo quadri politici in materia di sostenibilità meno ambiziosi rispetto al passato in Europa e negli Stati Uniti e sviluppi maggiormente guidati dal settore privato. In Cina ci aspettiamo un quadro invariato e altamente efficace di sostegno politico multiforme, che miri a mantenere il predominio del Paese nella catena del valore delle tecnologie pulite. Negli Stati Uniti, il nostro scenario di base prevede che i sussidi dell’Inflation Reduction Act (IRA) legati all’ambiente saranno ridotti o parzialmente ritirati. Tuttavia, crediamo che la legge bipartisan sulle infrastrutture garantirà la continuità ai settori coinvolti. In Europa, il rapporto di Mario Draghi sul futuro della competitività europea e la Commissione europea chiedono maggiori investimenti nelle tecnologie verdi e un’enfasi su una visione strategica a lungo termine che integri la sostenibilità. Tuttavia, ciò sarà probabilmente limitato dalla mancanza di un’azione politica coordinata da parte dell’UE, dalle limitazioni fiscali e dal vuoto politico interno nei Paesi chiave. La Cina probabilmente calibrerà l’entità e l’orientamento del proprio sostegno politico in funzione delle decisioni di politica commerciale degli Stati Uniti e dell’Europa, compresi i dazi doganali. Dal punto di vista economico, ci aspettiamo che i cambiamenti politici si traducano in una maggiore crescita e inflazione negli Stati Uniti, e in una crescita più bassa e tassi di interesse delle banche centrali più bassi nell’UE.

Infine, il vertice sul clima COP30 che si terrà a Belém, in Brasile, nel novembre 2025 sarà fondamentale in quanto segnerà il decimo anniversario dell’accordo di Parigi. Particolare attenzione sarà rivolta alle esigenze delle comunità vulnerabili e alla giustizia climatica. È probabile che la presidenza brasiliana dei Paesi BRICS promuova una posizione unitaria tra i Paesi in via di sviluppo.

Cinque tendenze di sostenibilità per il 2025

Numerose piccole transizioni verso economie a emissioni zero che avvengono a velocità diverse

L’efficienza energetica degli elettrodomestici migliora costantemente ogni anno, anche grazie all’inasprimento degli standard minimi di efficienza energetica e all’aumento del costo dell’energia. Il sistema energetico si sta decarbonizzando a ritmo sostenuto, in particolare grazie all’energia solare fotovoltaica (FV) e all’accumulo tramite batterie. L’efficienza energetica industriale è un obiettivo importante per gli investimenti, favorito dalle circostanze geopolitiche. Anche il potenziale di risparmio sui costi operativi, l’automazione e la robotica rappresentano canali chiave per aumentare la produttività industriale. Altrove, i modelli di business basati sui servizi, come il mercato del noleggio di attrezzature, continuano a guadagnare terreno. I nuovi materiali da costruzione “circolari” – che possono essere riutilizzati, adattati e ricostruiti, tra cui alcuni compositi circolari di calcestruzzo o legno e plastica – stanno raggiungendo un punto di svolta. Nel frattempo, nei sistemi alimentari, l’attenzione si sta spostando sulle proteine alternative nel tentativo di decarbonizzare la produzione.

Convergenza tra politica industriale e obiettivi sostenibili

La Cina allinea da tempo gli obiettivi di sostenibilità con lo sviluppo strategico dei settori industriali. È prevedibile che ciò accada anche negli Stati Uniti e in Europa, dove il settore manifatturiero è in calo. Anche in India si possono prevedere sviluppi più ampi, dove i programmi di incentivazione stanno alimentando il settore nazionale dei veicoli elettrici (EV) e dell’energia solare.

Attenzione continua alle infrastrutture

In generale, le infrastrutture continueranno a sostenere gli sforzi di transizione ed efficienza, di pari passo con l’adattamento ai cambiamenti demografici e alle rivoluzioni tecnologiche.

Intreccio tra tecnologia, digitalizzazione e sostenibilità

La tecnologia svolge un ruolo abilitante generale, con una spina dorsale digitale che attraversa le transizioni ambientali e sociali. Gran parte della sostenibilità riguarda un migliore processo decisionale, una migliore allocazione delle risorse, l’efficienza e l’ottimizzazione dei processi. Si tratta di campi di applicazione naturali per le tecnologie digitali, che traggono vantaggio dalla maggiore disponibilità di dati e dalle applicazioni di intelligenza artificiale. Tali applicazioni includono reti intelligenti, sensori che facilitano la manutenzione predittiva delle apparecchiature industriali e software di gestione dell’energia.

Evoluzione multidimensionale della sostenibilità

Oltre alla misurazione delle impronte di carbonio e alla quantificazione degli impatti climatici, la sostenibilità incorpora oggi una comprensione molto più olistica della natura e delle dimensioni sociali. I primi rapporti allineati relativi al TNFD (Taskforce on Nature-related Financial Disclosure) saranno disponibili per il 2024 e il 2025. Ad oggi sono più di 400 le aziende che hanno aderito all’iniziativa. In questo contesto, la biodiversità gioca un ruolo sempre più importante, così come l’accesso e la convenienza di beni e servizi di base essenziali, tra cui cibo, assistenza sanitaria e finanza. 

Rischi, opportunità e implicazioni per gli investimenti sostenibili 

Nel 2025, prevediamo che il sentiment negativo sugli investimenti legati a energia pulita e veicoli elettrici persisterà e che la volatilità rimarrà elevata nei settori sensibili ai dazi e ai tassi di interesse. Dopo una performance notevole per i servizi di pubblica utilità nel 2024, abbiamo adottato un atteggiamento meno positivo nei confronti del settore. Negli Stati Uniti, l’aspetto economico dei progetti eolici offshore sarà messo a dura prova dalla posizione della nuova amministrazione. Quanto all’energia solare, nonostante le ottime prospettive a lungo termine, prevediamo tendenze divergenti tra i leader delle centrali fotovoltaiche e le aziende che operano nel settore residenziale. Queste ultime sono maggiormente a rischio a causa della loro sensibilità ai sussidi e ai tassi di interesse, mentre i primi beneficiano già del più basso costo livellato dell’energia tra tutte le fonti energetiche È probabile che il ritmo delle installazioni delle rinnovabili negli Stati Uniti rallenti, mentre la sicurezza energetica continuerà a rappresentare un forte fattore trainante per l’energia solare in Cina e nell’UE. La selettività in questo settore sarà quindi fondamentale.

Gli investitori interessati ad acquisire esposizione al boom infrastrutturale nelle reti di distribuzione elettrica, nella gestione delle risorse idriche e nel trasporto ferroviario potrebbero prendere in considerazione obbligazioni verdi, sociali o di sostenibilità, che offrono rendimenti discreti, e/o investimenti nel mercato privato. Qualsiasi ristrutturazione infrastrutturale o nuova infrastruttura darà priorità all’efficienza energetica e supporterà l’utilizzo di materiali sostenibili. Nei settori tecnologici, che svolgono un ruolo chiave nella sostenibilità, i beneficiari del trend dell’intelligenza artificiale hanno registrato ottime performance nel 2024. Nel 2025 diversificheremo le nostre esposizioni verso specialisti di software di progettazione e automazione.

Riteniamo che il 2025 segnerà anche una svolta nella definizione di soluzioni di investimento sostenibili, poiché andremo oltre la semplice decarbonizzazione e ci concentreremo sugli investimenti incentrati sulla natura e sull’assistenza sanitaria preventiva. Pertanto, prenderemo in considerazione anche le aziende che ampliano l’accesso alla medicina attraverso servizi diagnostici essenziali e trattamenti personalizzati. Riteniamo che la recente sottoperformance del settore debba giungere al termine. Altrove, un settore degli investimenti sostenibili che probabilmente sarà maggiormente immune ai cambiamenti politici è l’adattamento, poiché il settore privato deve adattarsi ai rischi fisici insiti nei cambiamenti climatici, indipendentemente dalla posizione prevalente dell’amministrazione. L’agricoltura di precisione (ovvero l’impiego di tecnologie moderne basate su dati per migliorare i metodi di coltivazione) e la sicurezza alimentare e idrica saranno sempre più al centro dell’attenzione. In questo contesto, un altro aspetto da monitorare saranno gli sviluppi a livello di test e rimozione dei PFAS.

 

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