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Orario di lavoro, Cassazione: retribuire tragitto timbratore-postazione

Conflavoro
 

L’orario di lavoro, la sua gestione e il calcolo della retribuzione, da sempre sono uno dei temi più discussi nel mondo del lavoro e di conseguenza tra i più trattati dalla giurisprudenza.

Ogni settore ha le sue peculiarità esattamente come ogni azienda, ed è proprio su quest’ultimo aspetto che si collega la recente Ordinanza 14848 del 28 maggio 2024 della Corte di Cassazione, sezione Lavoro.

Il caso di dibattito sull’orario di lavoro

L’ordinanza riguarda un’azienda di telecomunicazioni nella quale è presente lo strumento del timbratore per registrare l’orario di lavoro in entrata e in uscita, dei dipendenti. Il motivo alla base del ricorso di 3 lavoratori – in prima battuta al tribunale territoriale – è relativo all’obbligo di dover essere presenti alla postazione di lavoro e con il computer debitamente acceso, all’orario di lavoro previsto.

Ciò comportava per i lavoratori la necessità di presentarsi in anticipo ai tornelli per la timbratura, posti all’ingresso della sede aziendale, per poter raggiungere tempestivamente la propria postazione ed effettuare la procedura di log in entro l’orario di lavoro prestabilito. Situazione analoga per la fase di log out ed uscita dall’azienda.

La normativa italiana e la giurisprudenza europea

La decisione della Suprema Corte parte dalla definizione di orario di lavoro di cui al D. Lgs. 66/2003 e dalla giurisprudenza comunitaria, con specifico riferimento alla Direttiva 2003/88/CE. Quest’ultima infatti esclude dall’orario di lavoro il periodo durante il quale i lavoratori possono gestire liberamente il tempo a disposizione, mentre rientra nell’orario di lavoro il lasso di tempo in cui i lavoratori sono a disposizione del datore di lavoro e quindi obbligati giuridicamente.

In materia di orario di lavoro, il principio fondamentale è proprio quello dell’eterodirezione – ovvero la dipendenza dalle direttive aziendali – nonché il principio di diritto espressamente richiamato dall’Ordinanza, secondo cui “il tempo retribuito richiede che le operazioni anteriori o posteriori alla conclusione della prestazione di lavoro siano necessarie e obbligatorie”.

Di conseguenza, l’Ordinanza si allinea all’orientamento ribadito anche dalla Cassazione 27008/2023, dall’Ordinanza 27799/2017 e dall’Ordinanza 12935/2018, per cui il tempo per raggiungere il luogo di lavoro rientra nel concetto di attività lavorativa laddove lo spostamento sia funzionale allo svolgimento della prestazione lavorativa, proprio come le attività preparatorie e preliminari allo svolgimento della mansione.

La decisione della Cassazione

Alla luce di tutto ciò pertanto la Suprema Corte rigetta il ricorso presentato dall’azienda, confermando il parere del tribunale territoriale, anche evidenziando la circostanza per cui è stata l’azienda a strutturare la sede di lavoro, la collocazione delle postazioni e il percorso da fare per raggiungerle definendo anche che, all’orario di inizio turno, i lavoratori dovessero essere alla propria postazione con il computer inizializzato e pronto all’uso.

Questo episodio si inserisce nella scia di un precedente caso relativo ai dipendenti di un’acciaieria discusso nella sentenza 13466 del maggio 2017, secondo cui “ai fini della misurazione dell’orario di lavoro, l’art. 1, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 66 del 2003 attribuisce un espresso ed alternativo rilievo non solo al tempo della prestazione effettiva ma anche a quello della disponibilità del lavoratore e della sua presenza sui luoghi di lavoro; ne consegue che è da considerarsi orario di lavoro l’arco temporale comunque trascorso dal lavoratore medesimo all’interno dell’azienda nell’espletamento di attività prodromiche ed accessorie allo svolgimento, in senso stretto, delle mansioni affidategli, ove il datore di lavoro non provi che egli sia ivi libero di autodeterminarsi ovvero non assoggettato al potere gerarchico”.

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