Esteri

World Media Headlines: terremoto e tsunami nel Pacifico, svolta diplomatica su Gaza, e nuove offensive in Ucraina

Barbara Leone
 
World Media Headlines: terremoto e tsunami nel Pacifico, svolta diplomatica su Gaza, e nuove offensive in Ucraina

Le redazioni internazionali sono in fibrillazione per il violento terremoto che ha scosso la costa orientale della Russia. Un sisma di magnitudo 8.8 – tra i più forti mai registrati a livello globale – ha colpito una zona poco popolata, ma ha innescato un’immediata allerta tsunami in tutto il Pacifico. Secondo la CNN, le autorità delle Hawaii si stanno preparando all’impatto di onde alte fino a tre metri in alcune aree costiere settentrionali.

World Media Headlines: terremoto e tsunami nel Pacifico

Il sindaco di Honolulu ha invitato la popolazione a cercare rifugio in zone più elevate, mentre il governatore Josh Green ha esortato all’evacuazione immediata delle aree a rischio, avvertendo che l’onda “circonderà le isole”. Anche il Giappone ha rilevato le prime onde, per ora più contenute del previsto, ma le autorità mantengono alta l’allerta, invitando la popolazione a non abbassare la guardia. Preoccupazioni arrivano anche dalla California settentrionale: il National Weather Service ha segnalato un rischio elevato in un tratto specifico di costa, dove la conformazione sottomarina potrebbe amplificare l’energia delle onde, aumentandone la pericolosità. Le immagini trasmesse in diretta da webcam a Kauai e Oahu mostrano già un anomalo ritiro del mare, spesso preludio all’arrivo di uno tsunami.

Altro tema caldo in evidenza su tutti i media: il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato la storica decisione di riconoscere lo Stato di Palestina, segnando una svolta radicale nella politica estera del Regno Unito. Come riportato dalla BBC, Starmer avrebbe valutato un rinvio solo nel caso in cui Israele avesse adottato “misure sostanziali” per porre fine alla crisi umanitaria a Gaza, accettando un cessate il fuoco e riaprendo la prospettiva di una soluzione a due Stati. Ma il netto rifiuto da parte del governo israeliano ha reso il riconoscimento "irreversibile", secondo un alto funzionario di Downing Street.

La reazione di Tel Aviv non si è fatta attendere: il primo ministro Benjamin Netanyahu ha duramente condannato la mossa, accusando Starmer di “premiare il terrorismo di Hamas” e avvertendo che “uno Stato jihadista al confine con Israele oggi minaccerà la Gran Bretagna domani”. La posizione britannica, che si allinea a quella della Francia, contribuisce all’isolamento diplomatico di Israele, già sotto pressione per la sua condotta nella Striscia di Gaza. Anche Donald Trump ha espresso la sua contrarietà, prefigurando una possibile frizione tra Londra e Washington.

Nel frattempo, a New York, il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha ricevuto un’ovazione annunciando la decisione durante una conferenza presieduta da Francia e Arabia Saudita. Lammy ha ribadito la volontà di sostenere i moderati di entrambe le parti, denunciando come “moralmente e strategicamente sbagliato” il rifiuto israeliano della soluzione dei due Stati. Ha inoltre ricordato la responsabilità storica della Gran Bretagna, le cui promesse contraddittorie in epoca coloniale hanno contribuito al conflitto.

Il documento finale della conferenza condanna Hamas, ma si propone di riaprire la finestra per un possibile negoziato di pace. Il quotidiano israeliano Haaretz conferma che la decisione del Regno Unito sta generando un effetto a catena. Diversi Stati occidentali, tra cui Australia, Canada, Finlandia, Nuova Zelanda, Portogallo, Andorra e San Marino, hanno firmato una dichiarazione congiunta che apre alla possibilità di riconoscere formalmente uno Stato palestinese.

Tra i firmatari figurano anche Paesi che già hanno compiuto questo passo, come Islanda, Irlanda e Spagna, mentre Malta ha da poco annunciato il proprio riconoscimento. La dichiarazione congiunta condanna l’attacco di Hamas del 7 ottobre, chiede un cessate il fuoco immediato e il rilascio degli ostaggi, e invita a instaurare relazioni diplomatiche con Israele. Tuttavia, il riconoscimento della Palestina è visto come condizione imprescindibile per la costruzione di una pace duratura.

L’ambasciatore israeliano all’ONU, Danny Danon, ha definito il gesto britannico “puramente simbolico” e ha ribadito che Israele non arretrerà dopo l’attacco del 7 ottobre. “Riporteremo a casa gli ostaggi e sconfiggeremo Hamas”, ha dichiarato. Nel frattempo, riferisce sempre Haaretz, l’aviazione israeliana ha colpito obiettivi nella provincia siriana di Sweida, abitata prevalentemente da drusi. L’attacco avrebbe preso di mira combattenti beduini e milizie filogovernative, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani.

Parallelamente, Hamas ha indetto tre giorni di proteste globali, dall’1 al 3 agosto, invitando manifestazioni presso le ambasciate israeliane e statunitensi. Intanto, il New York Times ha pubblicato una nota dell’editore per chiarire la situazione clinica di un bambino di 18 mesi, Mohammed Zakaria al-Mutawaq, fotografato a Gaza in gravi condizioni. Il giornale ha rettificato specificando che, oltre alla malnutrizione, il piccolo soffriva anche di patologie preesistenti, pur sottolineando che “i bambini di Gaza sono malnutriti e muoiono di fame”.

Sul fronte orientale, continuano senza sosta gli scontri tra le forze ucraine e quelle russe. Le Monde riferisce che nella sola giornata di ieri lo stato maggiore ucraino ha contato 171 battaglie. I russi hanno intensificato i bombardamenti, effettuando 57 attacchi aerei, sganciando 109 bombe guidate e impiegando quasi 3.700 droni kamikaze. Gli attacchi d’artiglieria hanno superato quota 5.700. Particolarmente critiche le zone dell’oblast’ di Donetsk, dove gli ucraini sono riusciti a respingere circa sessanta assalti nella regione di Pokrovsk.

A sud, dieci offensive russe si sono concentrate su Novopavlivka, mentre nuove avanzate sono state segnalate vicino al confine con Dnipropetrovsk, dove le forze di Mosca rivendicano il controllo del villaggio di Maliivka. L’offensiva russa non si arresta nemmeno a nord: ventidue assalti si sono verificati nella zona di Sumy, e altre decine nella regione di Kharkiv, dove droni russi hanno colpito nuovamente il quartiere Shevchenkivsky all’alba di mercoledì, danneggiando edifici e veicoli, fortunatamente senza vittime.

Negli Stati Uniti, un nuovo sondaggio Reuters/Ipsos indica che l’indice di gradimento del presidente Donald Trump è sceso al 40%, il livello più basso del suo secondo mandato. L’opinione pubblica continua a esprimere preoccupazioni sulla sua gestione dell’economia e dell’immigrazione, due temi che restano centrali nel dibattito politico in vista delle prossime elezioni.

Sul fronte economico, le borse asiatiche restano stabili in attesa di due appuntamenti chiave: la decisione della Federal Reserve e la scadenza di importanti dazi. Intanto il dollaro cede terreno, mentre l’euro si prepara a chiudere in calo per la prima volta dall’inizio dell’anno. Dopo un lungo rally, il prezzo del petrolio registra una battuta d’arresto, mentre i mercati valutano l’impatto delle ultime dichiarazioni di Trump nei confronti della Russia. In chiusura, Reuters segnala che Tesla ha firmato un accordo da 4,3 miliardi di dollari con LG Energy Solution per la fornitura di batterie, mossa che consentirà all’azienda di Elon Musk di ridurre ulteriormente la dipendenza dalla Cina in un settore strategico per la mobilità elettrica del futuro.

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