Politica

Da dieci anni Sergio Mattarella è il presidente di tutti

Demetrio Rodinò
 

Dieci anni in politica sono tanti o pochi, a seconda di chi siede sulla poltrona comoda di quelli che decidono e giudicano.
Dieci anni, un lasso di tempo in cui fortune politiche si creano dal nulla e conclamate carriere vengono distrutte o dissipate, per ragioni che spesso attengono alla disperante bramosia del potere, che poi coincide con la necessità di imporre la propria volontà su quella degli altri.

Da dieci anni Sergio Mattarella è il presidente di tutti

I dieci anni di Sergio Mattarella al Quirinale non si sottraggono a questo dogma della politica perché il suo quasi mandato e mezzo, se sembra essere volato via, per qualcuno è stato lento, interminabile, per il semplice motivo che lui, il Presidente, non si è mai sottratto a quello che il ruolo che ha designato e disegnato la Costituzione: garante della Carta su cui è nata la repubblica, per assicurare a tutti i medesimi diritti, quale che sia il colore della pelle, la religione, l'orientamento sessuale e, soprattutto, quale che sia il suo indirizzo politico.

Un ruolo delicato perché delicatissima è la funzione, che Sergio Mattarella ha esercitato non cadendo negli eccessi di alcuni suoi predecessori che, alzando la voce, interferendo con l'andamento della politica, badando più alla loro immagine che ai fatti concreti.

Anzi tutto il contrario, avvalendosi del prestigio personale (e anche dell'eredità morale e politica che s'è trovata addosso, non richiesta, del fratello Piersanti, che spirò tra le sue braccia, ucciso dalla mafia che lo volle fermare per avere cercato di disincrostare la Regione Sicilia dal cancro morale di Cosa Nostra), Sergio Mattarella ha fatto sì che l'andamento della politica non deragliasse, che accadimenti traumatici non ne condizionassero il tragitto.

Tutto con la sua voce forse anche monotona - con il continuo ruotare della fede intorno all'anulare sinistro -, ma con cui ha detto cose importanti, fondamentali per la salvaguardia di quella Costituzione di cui è guardiano quando altri cercano di adattarla alle esigenze di pochi rispetto al resto del Paese.

Il presidente della repubblica non è certo stato solo nella difesa della Costituzione e quindi anche delle sue prerogative, perché altri italiani baciati dalla saggezza gli sono stati accanto (forse sarebbe più esatto dire, un passetto indietro) quando si è trattato di fare capire a chi non vuole intendere che il sistema di pesi e contrappesi della Carta è stato pensato appunto per evitare distorsioni o manipolazioni, magari infilandosi in qualche crepa lessicale.

Mai, come durante il decennio ''mattarelliano'', s'è sentita risuonare, nei silenziosi corridoi del Quirinale e, quindi, di rimbalzo in quelli chiassosi dei Palazzi, la definizione di ''moral suasion'', che significa sostanzialmente un invito a correggere comportamenti o scelte.

Ma che, in sostanza, è stato, in parecchie occasioni, il segnale che Mattarella ha lanciato ogni qual volta le scelte della politica erano appunto per la politica e non per il Paese. E a quel segnale, che arrivava come le occhiate con cui la madri di un tempo fulminavano i figli avvertendosi che un'altra marachella e sarebbero volati ceffoni, ha rimesso in carreggiata la macchina di chi, ritenendo che l'essere eletto lo abiliti a tutto, stava sbandando.

Per questo tutti dovrebbero ringraziare Sergio Mattarella sia quelli che lui ha fermato un passo prima che cadessero nel precipizio del disprezzo della Costituzione, ma anche quelli che lo hanno visto - sbagliando - come un uomo che, per il suo trascorso politico, fosse di parte, fosse arruolabile.

Lui resta importante per tutti, anche per coloro che magari sognano di vederlo andare via prima possibile per mettere al suo posto qualcun altro che non abbia il suo trascorso - politico, ma anche da giurista - e che andrebbe al Quirinale per grazia ricevuta.

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