L’ISTAT registra un peggioramento diffuso nel clima di fiducia a luglio 2025, sia tra i consumatori che tra le imprese italiane, confermando un trend di incertezza che coinvolge trasversalmente quasi tutti i settori produttivi.
ISTAT: fiducia in calo a luglio 2025 per imprese e consumatori, pesa l’incertezza economica
L’indice del clima di fiducia dei consumatori scende a 95,4 dal 96,5 di giugno, segnando il valore più basso degli ultimi quattro mesi. Il peggioramento riguarda tutte le componenti:
- Clima economico generale: da 101,4 a 100,1;
- Clima personale: da 95,4 a 94,7;
- Clima corrente: da 96,1 a 95,1;
- Clima futuro: da 97,0 a 96,1.
A influire negativamente sono la percezione del quadro economico nazionale, l’aspettativa su prezzi al consumo ancora elevati e la prudenza nei giudizi sull’opportunità di effettuare acquisti importanti nei prossimi mesi.
Anche l’indice del clima di fiducia delle imprese italiane cala a 96,2 da 97,2 di giugno, toccando il livello minimo da fine 2023. L’indebolimento interessa quasi tutti i comparti:
- Industria manifatturiera: da 87,2 a 86,6, con peggioramento delle attese sulla produzione;
- Costruzioni: da 100,0 a 99,2, frenate dalle aspettative sugli ordini;
- Commercio al dettaglio: da 105,1 a 103,4, specialmente nei negozi tradizionali;
- Servizi di mercato: da 100,1 a 98,1, penalizzati dal calo dei giudizi sull’andamento degli affari.
- Unica eccezione il settore dei servizi turistici, dove si registra un lieve miglioramento grazie all’avvio della stagione estiva e alla crescita della domanda interna e internazionale.
Il peggioramento del sentiment registrato a luglio evidenzia una crescente cautela da parte delle famiglie e degli operatori economici, legata a molteplici fattori:
- persistente inflazione percepita e tassi d’interesse elevati;
- rallentamento di alcune economie europee partner;
- incertezza sulle politiche fiscali dopo l’estate;
- clima di instabilità geopolitica e commerciale a livello globale.
L’ISTAT sottolinea come l’indebolimento della fiducia potrebbe incidere negativamente sulle decisioni di spesa e investimento, proprio in un momento in cui l’economia italiana mostra segnali di rallentamento dopo la crescita del primo trimestre.