Salute

Gattoterapia: istruzioni per l’uso

Barbara Leone
 
Gattoterapia: istruzioni per l’uso

Nel grande teatro delle terapie alternative, dove si sfregano cristalli, si dialoga con le piante e si medita guardando l’infuso di zenzero come fosse un oracolo tibetano, fa irruzione – con la consueta, elegante indifferenza – Sua Maestà il Gatto.

Gattoterapia: la cura silenziosa che non ha bisogno di parole

Non con tamburi e fanfare, giammai: con un miagolio, forse. Un passo felpato. E uno sguardo che dice: "Ti curo, ma non insistere".
Del resto la scienza, quella seria, con grafici, percentuali e laboratori odoranti di disinfettante, già da tempo lo conferma: il gatto cura. E cura perché è un terapeuta specializzato in silenzi, impassibilità e fusa terapeutiche. Dimenticate il golden retriever da film americani, tutto entusiasmo e facce buffe, che tutti reputano il re della pet therapy: il vero dottore è altezzoso e vi guarda come se foste voi il caso clinico.

Non è un caso che Ennio Flaiano, uomo acuto e lievemente disilluso, dicesse: "Il mio gatto fa quello che vorrei fare io, ma con meno letteratura". E aveva ragione. I gatti non spiegano, non giustificano, non implorano. Combattono, sbuffano, dormono. E poi, magicamente, si concedono: un’offerta affettuosa, non richiesta, che non ha bisogno di parole.

Fusa e ossitocina: cosa dice la scienza sull’effetto terapeutico dei gatti

E infatti la gattoterapia, nome che già da solo suona come una carezza con artigli retrattili, è ormai oggetto di attenzione accademica. E non solo perché su internet circolano più video di gatti che molecole d’ossigeno: i ricercatori hanno scoperto che quei piccoli divini dissimulatori, con un semplice "ronf ronf", stimolano l’ossitocina: l’ormone dell’amore, del legame, della pace interiore.

Accarezzare un gatto - se e quando lui acconsente - abbassa la pressione, rallenta il battito cardiaco e, secondo alcuni studi, riduce persino il rischio di infarto. In altre parole, è una sorta di ansiolitico vivente, che però si offende se non gli aprite la porta in tempo. Le persone che convivono con un gatto, pare, vivono più a lungo.

Non perché camminino di più - anzi, spesso restano ore ipnotizzate a fissarlo mentre dorme in posizioni che sfidano le leggi della biomeccanica - ma perché lo stress si dissolve come una scatoletta aperta. Non è un caso se in molti ospedali e case di cura la gattoterapia sia ormai una risorsa preziosa.

Gattoterapia e Alzheimer: quando una coda che si muove riaccende i ricordi

I pazienti affetti da Alzheimer, ad esempio, sembrano reagire con inattesa lucidità alla presenza felina. La coda che si muove pigramente, le fusa che vibrano sotto la mano, quel misterioso senso di compagnia senza invadenza: tutto concorre a risvegliare memorie, affetti, attenzione.

Perfino i bambini – quelle creature rumorose e imprevedibili – traggono giovamento dalla presenza di un gatto in casa. Alcune ricerche suggeriscono che crescano più forti, meno allergici, più resistenti all’asma. Certo, possono imparare anche l’importanza del rispetto: tirare la coda al gatto è un modo molto diretto per scoprire cosa significhi la parola ''conseguenza''.

A differenza dei cani - adorabili, ma sempre un po’ troppo di tutto - il gatto offre una lezione più raffinata: ti accoglie solo se lo meriti. La relazione non si costruisce con croccantini e gridolini: si guadagna con il silenzio, l’osservazione, la pazienza. In breve, si impara ad amare senza chiedere. E nel farlo, senza accorgersene, si guarisce un po’. Si guarisce dal bisogno compulsivo di essere amati sempre e comunque, dall’ansia di dover spiegare ogni emozione, dalla frenesia dell’efficienza.

Il gatto come maestro zen: vivere meglio con più silenzio e meno stress

Il gatto non corre. Non serve. Ti guarda, con quel suo sguardo da filosofo greco in pelliccia, e ti dice: "Respira. Dormi. Lascia perdere''. E no. Non stiamo parlando di una moda new age con profumo di incenso. Perché la gattoterapia esiste eccome, ed è una pratica silenziosa e concreta, fondata su relazioni autentiche oltre che su studi scientifici. Non servono tappetini, campane tibetane o abbonamenti mensili: basta sedersi, attendere, e lasciarsi scegliere.

In vacanza, in città, tra un esaurimento e l’altro, un gatto può diventare il miglior alleato della salute mentale. Con la sola controindicazione che, a differenza dello psicanalista, non accetta appuntamenti e detesta la puntualità. Ma in cambio, regala una forma di presenza profonda e discreta, un amore che non ha bisogno di parole, né di selfie.
Baudelaire, che di spleen se ne intendeva, scriveva dei gatti come creature ''dotate d’uno spirito sottile e pericoloso''. Ma forse, oggi, il pericolo più grande è non averne uno accanto.

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