A Roma tutti lo sospettavano, lo pensavano e dicevano, guardando il panorama delle strade cittadine segnato da buche che potrebbero essere già in età pensionabile. Buche piccole e grandi, basse o profonde; buche che, a seconda delle stagioni, in autunno ed inverno possono fare concorrenza alle piscine del Foro Italico.
Buche artigianali, dai contorni frastagliati, o di geometrica bellezza.
Ma pur sempre buche restano ingenerando nel cittadino (sia quello appena stabilitosi in città, che i romani da sette generazioni, che i turisti che affollano la capitale e talvolta si chiedono se quella che hanno davanti è una fontana da poco scoperta e non una semplice buca) la domanda di sempre: ma come è mai possibile che questa bellissima città debba vedersi caratterizzata da un fenomeno che pure è presente altrove, ma che a Roma ha ormai raggiunto livelli da letteratura fantasy?
Cioè di una cosa che c'è, ma di cui è meglio non cercare la genesi. Soprattutto quando si vedono operai intenti a rattoppare una buca, che a distanza di poche ore di ripresenta in tutta la sua ampiezza e profondità, devastanti per pneumatici e sospensioni.
Ma oggi, grazie ad una indagine, diretta dalla Procura di Roma e condotta dalla Guardia di Finanza, tutti hanno una risposta.
La maggior parte delle buche di Roma viene riparata, come forse avrebbero detto gli abitanti di quella antica, quella degli avi, che giravano in tunica e toga per le strade della "Caput mundi", ricorrendo al conclamato metodo a "mentula canis"...
Ci scusiamo per il ricorso ad un latino che più maccheronico non c'è, ma è il solo modo per fare capire che, sebbene tutti si sapesse che certe riparazioni erano fatte solo perché durassero poche ore, ora questo perverso e soprattutto illegale meccanismo è venuto alla luce.
Oggi la Finanza è andata anche in Campidoglio per sequestrare degli atti, ma il quadro accusatorio sembra definito e, anche se bisogna attendere i tempi della giustizia, cinque funzionari (quattro comunali, uno di una società della Regione Lazio) e un imprenditore sono finiti nel registro degli indagati.
In cosa sarebbe consistito il metodo illegale che agli indagati viene contestato?
Gli appalti per gli interventi di riparazione dei danni al manto stradale sarebbero stati assegnati (non nel rispetto delle regole che presiedono a questi lavori pubblici e quindi fraudolento) ad una ditta che fa capo ad un imprenditore, Mirko Pellegrini, che avrebbe ricambiato le attenzioni dei funzionari pubblici con dazioni di denaro oppure, una cosa che si ripropone ormai con inquietante frequenza, assumendo figli o altri parenti nelle sue società.
Anche perché, anche se una mano lava l'altra, qualche piccola area di sporco resta appiccicata.
Ma l'inghippo non si sarebbe fermato a questo, di per sé un comportamento obbrobrioso, poiché si sostanziava penalizzando altre aziende che operano in modo onesto, perché gli operai di Pellegrini, sempre stando alle accuse, per riparare le buche utilizzavano materiale di qualità scadente. Quindi, non appena le automobili ci passavano nuovamente sopra o si abbatteva un temporale, ecco che si compiva, anzi si ripeteva il miracolo: la buca tornava tale e quindi necessitava di un altro intervento riparatore. Ed è inutile dire a chi veniva assegnato.
Per chi avesse dubbi, come è lecito, sulla veridicità del meccanismo scoperto delle Fiamme Gialle, basta leggere quello che viene contestato a Pellegrini, cioè di non avere adempiuto "dolosamente agli obblighi contrattuali previsti", ponendo in essere "espedienti ingannevoli per far apparire l'esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti, con particolare allo spessore del manto di asfalto e alle qualità del materiale impiegato".