Economia

L'Ance lancia l'allarme: la Legge di bilancio rischia di fermare l'edilizia italiana

Barbara Leone
 
È un grido d’allarme quello lanciato dall’Ance nel corso dell’audizione presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato svoltasi lunedì in seduta congiunta nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del DDL di Bilancio 2025. La Presidente Brancaccio ha, infatti, espresso forte preoccupazione per gli effetti negativi che la Legge di bilancio rischia di avere sul settore delle costruzioni e quindi sulla crescita italiana. Fermare l’edilizia significa fermare il Paese. Negli ultimi tre anni, infatti, il Pil italiano è stato superiore a quello di Francia e Germania (+14,8% contro rispettivamente +10,7% e +4,8%), grazie al contributo determinante che il settore ha fornito in termini di sviluppo e aumento dell’occupazione: circa un terzo della crescita è stata legata al settore. E fortissima preoccupazione per l’assenza della proroga al 2025 delle misure relative al caro materiali per i lavori pubblici in corso di realizzazione. Sono queste, in sintesi, le due principali osservazioni contenute nella dettagliata analisi della Legge di bilancio illustrata dall’associazione nel corso dell’audizione. una Manovra che, secondo l’Ance, “si caratterizza per la mancanza di una chiara visione per il futuro”.

L'Ance lancia l'allarme: la Legge di bilancio rischia di fermare l'edilizia italiana

Quattro gli ambiti strategici prioritari sui quali secondo l’Ance occorre intervenire: la casa; la messa in sicurezza del territorio; la riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano; la prosecuzione dell’ammodernamento infrastrutturale avviato con il PNRR. Purtroppo, la manovra interviene solo marginalmente su questi temi, che non trovano un’adeguata allocazione di risorse o ricevono risorse molto diluite nel tempo, limitando quindi il contributo alla risoluzione di problemi urgenti nel Paese. La manovra torna indietro in particolare su alcune misure rivolte ai giovani come le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa. Viceversa, la previsione di un “Piano Casa Italia” rappresenta un segnale positivo per la definizione di una politica che risponda ai crescenti bisogni abitativi e garantire il diritto alla casa. Ma l’assenza di una dotazione finanziaria adeguata rischia di limitarne fortemente l’efficacia, riducendo le possibilità di intervento concreto sul territorio in tempi ragionevoli. Rispetto a questa emergenza, l’Ance ha elaborato una proposta di modello di intervento pubblico-privato finalizzato a realizzare un Piano casa basato sulla riqualificazione di parti 2 degradate delle città italiane e la rifunzionalizzazione di alcune zone urbane con la realizzazione di opere di pubblica utilità. Tale proposta consentirebbe di offrire una soluzione al problema della casa per ampie fasce della popolazione (case per studenti, RSA, Silver house, case per lavoratori), e non solo per i lavoratori delle imprese.

E’ positivo l’istituzione di un fondo destinato al finanziamento degli interventi di ricostruzione, con una dotazione di 1.500 milioni di euro per l’anno 2027 e 1.300 milioni di euro annui dal 2028. Ma occorre pensare anche alla prevenzione, che purtroppo risulta assente nella manovra. Gli eventi delle ultime settimane in Italia e in Europa dimostrano l’urgenza di avviare un piano di prevenzione per limitare la perdita di vite umane e gli ingenti danni economici provocati da eventi naturali dalla frequenza e dalle dimensioni sempre più preoccupati. Per l’Ance, la priorità rimane quindi il varo di un piano di prevenzione e di messa in sicurezza del territorio dai rischi naturali. Sotto questo profilo, l’Ance valuta molto negativamente il taglio di 2,4 miliardi dei contributi alle regioni per la messa in sicurezza del territorio e degli edifici nei prossimi 10 anni.

La manovra appare deficitaria anche sul tema della riqualificazione energetica e strutturale degli edifici per l’assenza di una politica di medio termine, necessaria per attuare le previsioni della direttiva case green e un piano serio di decarbonizzazione degli edifici. Con riferimento poi alle nuove aliquote di agevolazione fiscale previste per le ristrutturazioni, l’ANCE ribadisce che fissare una percentuale di agevolazione inferiore al 50%, come quelle previste al 36% e al 30%, rischia di dare impulso al lavoro in nero, innescando un circolo vizioso a danno della sicurezza dei lavoratori, dell’efficacia degli interventi, della qualità dell’abitare, della competitività delle imprese regolari e anche delle stesse entrate erariali. I timori che la riforma del Patto di stabilità e crescita potesse determinare un contenimento degli investimenti pubblici ordinari, espresso più volte dall’Ance, trovano conferma nel carattere restrittivo della manovra per il prossimo triennio. In particolare, si riscontrano numerosi tagli a programmi di spesa riguardanti investimenti in opere pubbliche di competenza degli enti territoriali, per circa 8,9 miliardi di euro per il periodo 2025-2034, di cui 1,45 miliardi nel triennio 2025- 2027. Risultano ridotti, e in alcuni casi azzerati, i principali contributi agli investimenti territoriali, come le piccole e medie opere (1,3 miliardi), il programma per la rigenerazione urbana (800 milioni), i fondi per la progettazione (800 milioni) oltre quelli già citati contro il rischio idrogeologico, che dovevano alimentare l’attività di investimento a livello locale.

Possibili ulteriori effetti negativi sugli investimenti in opere pubbliche a livello territoriale deriveranno anche dai vincoli provenienti dal nuovo Patto di stabilità. La manovra, infatti, dispone un contributo complessivo alla finanza pubblica da parte degli enti territoriali nel prossimo quinquennio di 7,8 miliardi euro, di cui 3,7 miliardi nel prossimo triennio. Ulteriori effetti sugli investimenti in conto capitale, infine, potranno derivare dalle misure di spending review rivolte alle amministrazioni centrali dello Stato, che con tagli indiscriminati alla spesa pubblica rischiano, come avvenuto in passato, di colpire la spesa più facilmente comprimibile, senza l’introduzione di alcun meccanismo di efficientamento della macchina pubblica. Parallelamente a questa lunga serie di tagli, la Legge di bilancio prevede l’istituzione di un maxi-fondo da 24 miliardi di euro per il finanziamento di investimenti e infrastrutture a partire dal 2027 che, come annunciato, dovrebbe garantire le risorse necessarie a dare attuazione a riforme e investimenti nel dopo PNRR. Se appare positiva la volontà di garantire una maggiore stabilità alla politica infrastrutturale, si evidenzia che la strategia si basa su una gestione centrale delle risorse che rischia di determinare un allungamento dei tempi di effettivo utilizzo dei fondi. Inoltre, la norma non precisa gli ambiti di utilizzo dei fondi, 4 lasciando incerta la definizione delle priorità e quindi inficiando la possibilità di programmare al meglio le risorse.

Il problema del costo dei materiali continua a rappresentare un ostacolo alla tempestiva realizzazione dei cantieri in Italia. Perché i livelli dei prezzi rimangono elevati: circa il 30% sopra i livelli di 3/4 anni fa. Le imprese di costruzioni si trovano a dover sostenere aumenti dei costi insostenibili per tutti i contratti stipulati prima degli aumenti anomali. E’ quindi necessario che nel corso dei lavori parlamentari, venga trovato lo spazio per finanziare la proroga delle misure per evitare il blocco di migliaia di cantieri ad inizio gennaio e poter realizzare gli investimenti previsti nell’ambito del PNRR (e non solo) e garantire gli importanti effetti sulla crescita economica previsti dalla Manovra. Secondo le stime dell’Ance, infatti, sono a rischio più di 10 miliardi di investimenti nel 2025. Un pericolo “blocco cantieri” di cui il Governo non ha tenuto conto nelle sue stime e che rischia di azzerare la crescita prevista nel 2025 e di determinare un taglio delle rate del PNRR.

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