Esteri

Africa: 35 milioni di persone costrette a fuggire per guerre e disastri climatici

Redazione
 
Secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), il numero di sfollati interni in Africa è triplicato negli ultimi 15 anni, passando da 11,6 milioni nel 2009 a 35 milioni nel 2024.
La crescita esponenziale è attribuita principalmente ai conflitti armati e all’aggravarsi dei disastri climatici, con inondazioni e siccità che rappresentano una minaccia crescente.
L'IDMC sottolinea come, nonostante i progressi compiuti da alcuni governi africani, la situazione rimanga critica. Alexandra Bilak, direttrice dell’IDMC, ha dichiarato: ''La situazione degli sfollati in Africa è assolutamente critica, ma non senza speranza. Ci sono molti buoni esempi nel continente di governi che lavorano per affrontare le sue cause profonde''. I dati mostrano che circa 32,5 milioni di sfollati sono fuggiti a causa di conflitti armati.

Questo numero è concentrato principalmente in cinque Paesi: Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Nigeria, Somalia e Sudan.
Tuttavia, l’emergenza climatica sta aggravando ulteriormente la situazione. Nel 2023, gli spostamenti causati da disastri climatici hanno raggiunto i 6,3 milioni, sei volte di più rispetto agli 1,1 milioni registrati nel 2009.
Le inondazioni rappresentano la principale causa di sfollamento climatico, responsabili del 75% degli spostamenti forzati nel 2023, seguite dalla siccità con l’11%.
Bilak ha spiegato che ''i disastri stanno facendo sfollare sempre più persone ogni anno, in particolare le inondazioni che spostano le persone in tutto il continente. A volte conflitto e disastro si sovrappongono, come in Nigeria, dove le persone in fuga dalla violenza di Boko Haram si ritrovano a fuggire di nuovo dalle inondazioni che si verificano quasi ogni anno''.

Un aspetto cruciale del rapporto riguarda la distinzione tra sfollati interni e coloro che sono attualmente lontane dalle loro case, ma anche quelli che si spostano più volte o che sono tornati, ma potrebbero dover fuggire di nuovo. Questo ciclo di migrazione forzata rappresenta un ostacolo significativo per la stabilità sociale ed economica dei Paesi coinvolti. Il rapporto dell’IDMC mette in luce la necessità di un impegno più concreto e coordinato da parte della comunità internazionale. L’approccio richiesto non si limita all’assistenza umanitaria immediata, ma include soluzioni a lungo termine per affrontare le cause profonde dello sfollamento, come la prevenzione dei conflitti, la gestione sostenibile delle risorse naturali e il rafforzamento della resilienza climatica.

''Non è troppo tardi per aiutare coloro le cui vite sono state stravolte
- ha concluso Alexandra Bilak -. Aiutarli a trovare soluzioni al loro sfollamento è parte integrante del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo di un Paese''.
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