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Agnelli (Confimi Industria): "Fate presto, il resto del mondo ci sta surclassando"

 
“Non possiamo più pretendere che le PMI italiane, che generano il 73,8% del PIL e hanno salvato l'economia nazionale durante la pandemia, continuino a resistere da sole. Ora è compito della politica e delle istituzioni intervenire con decisione”, dichiara Paolo Agnelli presidente di Confimi Industria.

La Confederazione della manifattura e dell'impresa privata propone un piano d'azione urgente per affrontare le principali criticità che stanno soffocando il tessuto produttivo italiano: una politica energetica competitiva, per allineare il costo dell'energia per le imprese italiane a quello dei paesi europei concorrenti, come la Spagna, che ha introdotto un tetto al prezzo energetico, una riforma fiscale che premi gli incrementi di redditività delle imprese, riducendo la pressione fiscale e contributiva; l'introduzione di una politica di protezione delle materie prime riciclabili per impedire l'export indiscriminato di rottami metallici strategici per l'economia circolare; la sospensione del Patto di Stabilità così da consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno alle imprese senza i vincoli attuali, fino alla ripresa economica; la rimodulazione del Green Deal e posticipare di dieci anni l'adozione delle norme più stringenti, per permettere una transizione industriale, finanziaria e culturale sostenibile per le aziende europee, in particolare nel settore automotive. 

Negli ultimi due anni, in Italia, hanno chiuso 330 mila imprese, un dato allarmante che si somma alla media degli ultimi dieci anni: 53 chiusure al giorno (CRIBIS - ISTAT). Questi numeri evidenziano uno scenario drammatico per il sistema economico italiano, ulteriormente aggravato dalle 116 milioni di ore di cassa integrazione registrate dall'INPS nel 2024. Il 2025 non promette meglio: un'impresa su quattro del sistema Confimi Industria prevede il ricorso alla cassa integrazione.

Le aziende italiane sono inoltre oppresse da una pressione fiscale e contributiva che le penalizza rispetto ai competitor europei. Il carico fiscale per le imprese italiane raggiunge il 44%, contro una media europea del 34%, e il costo del lavoro è tra i più alti d'Europa, nonostante le retribuzioni siano tra le più basse. A questa situazione si aggiunge un costo dell'energia quattro volte superiore alla media europea e la mancanza di politiche efficaci per contenere speculazioni sui prezzi.

L'assenza di una visione strategica e di una politica industriale adeguata è evidente non solo a livello nazionale, ma anche europeo. I parametri rigidi del Patto di Stabilità, la legge sulla concorrenza, il blocco degli aiuti di Stato e l'assenza di protezione per materie prime strategiche stanno minando la competitività delle nostre imprese. La prolungata guerra in Ucraina e la politica restrittiva della BCE hanno ulteriormente aggravato la situazione, con effetti negativi su esportazioni e consumi.

“Negli ultimi anni, molti marchi simbolo del Made in Italy sono stati acquisiti da aziende estere, un segnale evidente di una debolezza strutturale che non possiamo più ignorare. Dobbiamo agire ora per salvaguardare il nostro patrimonio industriale e culturale”, sottolinea Agnelli.

Il presidente conclude con un appello alla politica italiana ed europea: “Fate presto. Il resto del mondo ci sta surclassando, e non possiamo permetterci di perdere ulteriori pezzi del nostro sistema produttivo.”
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