In un'atmosfera surreale, davanti ad una folla commossa ed adorante, Charlie Kirk, l'attivista di destra ucciso mentre parlava agli studenti di un'università dello Utah, è stato ricordato, anche se parlare in questi termini è riduttivo, visto che ormai è stato elevato nell'olimpo degli eroi del conservatorismo, icona del pensiero che vede in Donald Trump quasi l'esecutore di un mandato divino: restituire l'America agli americani. Non a tutti, ma a quella parte che si ritrova in Dio, Patria e Famiglia, non necessariamente in quest'ordine.
La vedova di Charlie Kirk perdona l'assassino, Trump ne chiede la testa
Lacrime a fiumi, la maggior parte sincere. Lodi e rimpianti, anch'essi in dosi industriali, anche se qualche commemorazione, forse sapendo già quale fosse l'attesa dell'uditorio, è andata oltre alla realtà delle cose, esagerando in modo così marchiano da fare pensare a molti d'avere capito male.
Come quando Robert Kennedy Jr (il cui padre, fratello di JFK, fu ucciso mentre era ad un passo dall'elezione a presidente degli Stati Uniti) ha paragonato, tanto per restare con i piedi per terra, Charlie Kirk a Gesù, con un ardito collegamento all'età del Nazareno a quella dell'attivista.
"Cristo è morto a 33 anni, ma ha cambiato il corso della Storia - ha detto -. Charlie è morto a 31 anni. Anche lui cambiato il corso della Storia". Ovviamente ha raccolto applausi, perché era questo che la gente voleva sentire.
In tanti hanno parlato, tutti hanno voluto dire la loro, ricordando Kirk e lodandone la capacità di intercettare le inquietudini di molti giovani che, digiuni di politica, lo hanno seguito nel suo cammino di conservatore.
Molti avevano titolo a parlare, altri forse un po' meno. Ma tutti hanno detto la loro, mentre saliva l'emozione per l'intervento di Donald Trump e, prima, per sentire la moglie di Kirk, Erika, che, in un momento emozionalmente molto alto (il suo ingresso, in completo pantalone bianco, è stato accompagnato da un sottofondo musicale e da una pioggia di scintille che sapevano tanto di happening e non di una cerimonia funebre) , ha parlato del rapporto con il marito, di come ne condividesse le idee, di come fosse partecipe delle sue scelte, ma mai come sottoposta.
Poi, spiazzando una folla che urlava la sua rabbia contro l'omicida, ha detto parole che forse Donald Trump non voleva sentire parlando, ma senza mai citarlo per nome, dell'assassino del marito: ''Lo perdono", citando quello che disse Gesù sulla croce: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno". Parole che hanno fatto scattare in piedi le migliaia di persone che si trovavano nello stadio.
"Lo perdono perché è quello che hanno fatto a Cristo. La risposta all'odio non è l'odio", ha detto aggiungendo che la missione di suo marito era stata quella di salvare i giovani da vite insoddisfacenti "consumate da risentimento, rabbia e odio". "Voleva salvare dei giovani, proprio come quello che gli ha tolto la vita", ha detto, con la voce rotta.
Parole belle, un invito a mettere da parte l'odio, che sono state rivolte a tutte, anche a chi, in questi giorni, sta scatenando - negli Stati Uniti, ed anche altrove - una ondata di odio nei confronti della sinistra, non tracciando i contorni di questa definizione, ma infilandoci dentro tutti gli avversari che non la pensano come i conservatori.
Parole di perdono, che non sono state raccolte dal comandante in capo delle falangi della destra, Donald Trump, che, osannato al suo arrivo nello State Farm Stadium di Phoenix, ha invece usato parole durissime nei confronti dei suoi nemici politici, accomunando chi si professa di sinistra a chi fa della violenza il suo verbo.
''Charlie non odiava i suoi oppositori, io li odio e non gli auguro il meglio'', ha detto.
Trump ha fatto un discorso che poco ha che fare con la sua carica, di presidente degli Stati Uniti e degli americani, quindi di elemento d'aggregazione, dividendo invece il Paese tra chi sta con lui e tutti gli altri che per questo sono meritevoli del suo odio.
''La lezione della vita di Charlie è che non bisogna mai sottovalutare ciò che una persona può fare con un buon cuore, una giusta causa, uno spirito allegro e la volontà di combattere, combattere, combattere", ripetendo le parole che pronunziò quando, nel 2024, sfuggì ad un tentativo di omicidio.
"Stiamo salvando il nostro Paese - ha continuato - E Charlie è un fattore importante".
L'intervento è salito di tono, tradendo quanto aveva appena detto e auspicato Erika Kirk, che non ha mai menzionato Tyler Robinson, l'omicida, Trump ha aizzato la folla, spianando la strada all'avallo politico alla richiesta condanna a morte per l'assassino.
E lo fatto in modo inequivocabile: ''A Dio piacendo, riceverà la punizione completa e definitiva per il suo orribile crimine".
"Alcune delle stesse persone che ti chiamano 'hater' per aver usato il pronome sbagliato erano piene di gioia per l'uccisione di un padre con due bellissimi bambini piccoli", ha denunciato. Come hanno capito in molti, il presidente ha letto, da un gobbo, il suo discorso, ma quando deviava, cercando di parlare a braccio di Charlie Kirk, le sue improvvisazioni sul tema sono apparse evidenti. Ma, ha riferito qualcuno di coloro che erano sugli spalti, l'attenzione rivolta a Trump è stata nettamente inferiore rispetto a quella riservata alla vedova di Kirk, con molti che erano intenti a telefonare, quando non avevano cominciato ad abbandonare lo stadio.
Alla fine, giornalisticamente parlando, resta da capire quale sia stata l'immagine più iconica della manifestazione: Erika Kirk in lacrime, al suo ingresso sul palco; il presidente che parla, con le mani che stringono il leggio con l'emblema della sua carica, circondato da vetri anti-proiettile; il tycoon a colloquio con Elon Musk; l'abbraccio tra Trump e la vedova dell'attivista, che ha segnato la fine della cerimonia.