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Tsunami 2004, Indonesia: Banda Aceh, a vent'anni dalla tragedia, torna a vivere

Barbara Bizzarri
 

Dopo la desolazione lasciata dallo tsunami che il 26 dicembre 2004, alle 07:59 dell’ora locale, colpì 240 km a ovest di Sumatra, in Indonesia, rompendo la faglia più lunga di qualsiasi altro terremoto mai registrato, pari a 1.500 chilometri, una provincia già martoriata da decenni di guerra civile, la più colpita all’epoca dal terremoto sottomarino che liberò un'energia equivalente a 23.000 bombe atomiche uccidendo 230mila persone, torna a nuova vita dopo vent’anni, simbolo della forza di chi sa affrontare, e ricostruire il proprio destino, anche quando sembra già segnato: Banda Aceh è stata ricostruita e sta di nuovo prosperando, come conferma Sam Clark di Experience Travel Group, agenzia di viaggi con sede nel Regno Unito, che ha cominciato a proporre viaggi in città.

Tsunami 2004, Indonesia: Banda Aceh, a vent'anni dalla tragedia, torna a vivere

"La trasformazione è stata straordinaria", spiega, citando quali tappe salienti di una visita qui la gente del posto, la cultura locale e i toccanti memoriali dello tsunami, così come la vicinanza della città ad altre attrazioni tra cui le Gayo Highlands dove si coltiva il caffè, i siti per lo snorkeling, le immersioni di Weh Island e le foreste pluviali del Gunung Leuser National Park, uno degli ultimi posti sulla Terra dove gli oranghi, specie in pericolo, vivono allo stato brado: "Banda Aceh e la provincia più ampia rappresentano l'ultima frontiera del turismo d'avventura in Indonesia. Il viaggiatore intrepido scoprirà che è un posto che vale la pena cercare".

Nel XIII secolo, Aceh divenne la prima roccaforte musulmana nell'arcipelago indonesiano, ultima fermata per molti pellegrini asiatici prima di salpare per l'Arabia per compiere l'hajj, e divenne nota come la "Porta per la Mecca". La Grande Moschea Baiturrahman è il più grande edificio religioso della città ed è aperta ai visitatori di tutte le fedi. Rimasta intatta nonostante lo tsunami, segno interpretato da molti come un segno divino, nell'immediato dopoguerra fu utilizzata sia come rifugio per i sopravvissuti che come obitorio temporaneo per i corpi in attesa di identificazione.

Provincia autonoma dell'Indonesia dal 1949, Aceh era un tempo un sultanato indipendente che raggiunse l'apice dei suoi poteri nel XVII secolo durante il regno di Iskandar Muda. La principale testimonianza di quel periodo è Gunongan, un lussureggiante giardino anche luogo di balneazione. Secondo storie popolari, fu un regalo per la moglie preferita di Muda, la principessa di Pahang, costruito sotto forma di una montagna stilizzata per alleviare la nostalgia che lei provava per gli altopiani della sua terra natale.

Il potente senso di identità di Aceh è considerato chiaramente visibile nelle sue danze tradizionali: "È importante che le eseguiamo come un gruppo", afferma una danzatrice. "Il Ranup Lampuan mostra come amiamo accogliere ospiti e visitatori mentre il Seudati dimostra la forza del nostro popolo e della nostra fede". Seudati deriva dalla parola " shahādah ", il primo dei cinque pilastri dell'Islam: nel Siron Tsunami Memorial Park, dove sono sepolti 46.718 corpi non identificati, su una scultura commemorativa di onde in avanzamento, un'iscrizione in arabo recita " Sii, ed è": "Si riferisce al potere della volontà di Dio - spiega una guida locale -. Tutto è deciso da Allah: che qualcuno sia annegato, trascinato in mare, mai trovato o mai nominato, dobbiamo accettare e rispettare la sua decisione, anche se non ne capiamo il motivo".

Nei 20 anni successivi allo tsunami, la risposta umanitaria è stata senza precedenti, unitamente a uno sforzo di soccorso internazionale. Sono state costruite più di 140.000 case, insieme a migliaia di chilometri di nuove strade, ponti, scuole, parchi, ospedali e moschee. Inoltre, la cultura dei coffee shop è diventata un nuovo elemento dell'identità di Banda Aceh, grazie al kopi sareng nero, caffè filtrato attraverso un tessuto fine e poroso, il più popolare nei menu: "Non c'è vita senza", dice Muzakir, barista del Solong, il più antico coffee shop della città, che vende più di 1.000 tazze al giorno: "L'unica cosa per cui smettiamo di bere caffè è la preghiera. E questo solo per 15 o 20 minuti". Molti bar servono caffè Gayo, coltivato negli altopiani vicino alla città di Takengon, nell'Aceh, i cui terreni vulcanici producono chicchi di Arabica ricchi di sapori di cioccolato, nocciola e caramello: "Ora è considerato uno dei migliori caffè al mondo, ed è importante per cambiare la percezione della regione. Non ci occupiamo più solo dello tsunami". Muzakir ritiene che il caffè abbia svolto un ruolo fondamentale nella trasformazione della città: "È uno strumento della società. Incoraggia una conversazione aperta tra uomini e donne e ci consente di esplorare nuove idee e modi per andare avanti. Nokia un tempo aveva una famosa frase ad effetto sui suoi telefoni che collegavano le persone: ad Aceh il caffè fa lo stesso lavoro".

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