Ambiente & Sostenibilità

Transizione verde, costi e forniture mettono alla prova le economie avanzate

Redazione
 
Transizione verde, costi e forniture mettono alla prova le economie avanzate

Nel 2024 le energie rinnovabili hanno registrato un nuovo record, rappresentando oltre il 90% della nuova capacità installata a livello globale, confermando una tendenza di crescita già evidente nel 2023, quando la capacità era aumentata di oltre il 50% rispetto all’anno precedente.

Transizione verde, costi e forniture mettono alla prova le economie avanzate

A trainare questa espansione è stata soprattutto la diffusione accelerata delle tecnologie pulite nei Paesi industrializzati, tanto che, secondo le proiezioni del modello POLES dell’Unione Europea, nello scenario a 1,5°C almeno l’80% dell’elettricità prodotta dai Paesi G20 proverrà da fonti non fossili entro il 2050, come evidenziato in un recente rapporto realizzato da ISPI e Deloitte: “Riuscire a bilanciare la spinta verso la decarbonizzazione con la necessità di garantire approvvigionamenti energetici stabili, prezzi sostenibili e filiere industriali resilienti” ha commentato Andrea Poggi, Head of DCM Public Policy & Stakeholder Relations Centre e DCM Innovation Leader (in foto) “rappresenta oggi una delle principali sfide strategiche per le economie avanzate, chiamate a guidare una transizione sostenibile anche sotto il profilo economico e geopolitico. Per affrontarla, è fondamentale promuovere un approccio sinergico e collaborativo tra istituzioni e imprese, valorizzando innovazione e tecnologie emergenti come leva di crescita.”

Tuttavia, nonostante i progressi, resta ancora molto da fare per centrare l’obiettivo globale di triplicare la capacità rinnovabile entro il 2030, una meta che secondo IRENA richiederà una crescita media annua del 16,6% fino alla fine del decennio. La sfida è resa ancora più complessa dalle attuali tensioni geopolitiche e commerciali, che incidono sull’equilibrio dei mercati energetici e mettono in luce la necessità di integrare gli obiettivi ambientali con quelli della sicurezza energetica. I dati contenuti nello studio “Reconciling Sustainability Transition Priorities with Energy Security ones: a focus on Industrialized Countries” confermano che la transizione verde è indispensabile per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, mentre le emissioni globali di CO₂ legate all’energia hanno toccato quota 37,7 gigatonnellate, con il settore elettrico responsabile del 36% del totale, seguito da industria, trasporti ed edilizia. Se non si invertirà la rotta, le conseguenze saranno drammatiche: entro il 2050 si stimano 14,5 milioni di morti legate al clima, danni economici pari a 12.500 miliardi di dollari e costi sanitari aggiuntivi fino a 1.100 miliardi. Ma mentre cresce l’urgenza climatica, i Paesi devono confrontarsi con una nuova instabilità globale che ha rimescolato le carte dell’approvvigionamento energetico.

La pandemia, la guerra in Ucraina e i conflitti in Medio Oriente hanno innescato una crisi delle catene di fornitura e un’impennata dei prezzi delle materie prime, in particolare in Europa, dove nell’agosto 2022 il gas ha raggiunto prezzi medi più che tripli rispetto al Giappone e quasi otto volte superiori a quelli degli Stati Uniti, erodendo la competitività delle imprese europee. Un’ulteriore fragilità nella corsa alla transizione è determinata dalla concentrazione geografica delle risorse minerarie essenziali per le tecnologie pulite: il 70% del cobalto proviene dalla Repubblica Democratica del Congo, la Cina controlla il 60% delle terre rare, l’Indonesia fornisce il 40% del nichel, l’Australia è leader nell’estrazione del litio con una quota del 55%, seguita dal Cile con il 25%. Anche la fase di lavorazione è fortemente polarizzata: la Cina detiene il 90% della raffinazione delle terre rare e tra il 60% e il 70% di quella di litio e cobalto, un dato che solleva interrogativi strategici per le economie avanzate.

“La transizione energetica non per forza incide negativamente sulla sicurezza energetica, e viceversa” - riflette Antonio Villafranca, Vice Presidente ISPI per la Ricerca. “È infatti nell'interesse stesso dei Paesi industrializzati guidare la transizione verde e garantire una crescita più strategica e sostenibile. Tuttavia, sono necessarie nuove politiche e risorse finanziarie per affrontare l'impatto a breve termine su imprese e famiglie”.

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