Giugliano, in Campania, popoloso comune della città metropolitana partenopea dove forse l'acustica è materia di fede più che di Conservatorio, ha regalato all'agiografia delle bizzarrie nostrane un episodio di rara squisitezza. Durante la messa domenicale nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, un sessantasettenne del luogo, evidentemente giunto al parossismo della sopportazione uditiva, ha deciso di esprimere il proprio dissenso con quella che potremmo definire una performance di protesta sonora.
Il Tamburino (im)pietoso di Giugliano
L'uomo - già noto alle cronache carabiniere per precedenti lamentele sulla campanolatria locale - è entrato nell'aula liturgica armato di tamburo. Non un tamburello basco, si badi, né un modesto bongo da spiaggia, ma un tamburo degno di questo nome.
E lì, nelle navate ricolme d’incenso e di devoti in preghiera, ha dato inizio a un assolo percussivo. Una sorta di occhio per occhio, decibel per decibel. Dopo alcuni minuti, il nostro Ringo Starr del malcontento se n'è andato spontaneamente, lasciando dietro di sé un'assemblea basita e diversi fedeli che nel frattempo avevano già allertato le forze dell'ordine. I carabinieri sono sopraggiunti per ricostruire l'accaduto, trovandosi presumibilmente di fronte a una di quelle situazioni in cui il verbale scrive da sé. Il parroco, con pazienza biblica (è il caso di dire), ha dichiarato di non voler sporgere denuncia. Almeno per ora. Forse perché la carità cristiana impone clemenza o forse perché persino lui ha intravisto nella vicenda una sorta di comicità esistenziale che trascende la mera querela.
La questione di fondo rimane tuttavia spinosa: l'uomo abita nelle vicinanze della chiesa e da tempo lamenta il disturbo delle campane. Una situazione che richiama alla mente l'eterno dilemma di chi compra casa accanto a un aeroporto e poi si stupisce del rumore degli aerei, o di chi elegge domicilio nelle vicinanze di una discoteca e pretende il silenzio tombale alle undici di sera. Certo, le campane suonano. È nella loro natura ontologica, nella loro ragion d'essere.
Aspettarsi che una chiesa smetta di far rintoccare i bronzi sacri equivale a chiedere a un gallo di fare lo straordinario notturno senza cantare all'alba. Eppure il nostro protagonista, nella sua furia percussiva, ha sollevato una questione che meriterebbe forse più attenzione: fino a che punto il sacro ha diritto di disturbare il profano? La vicenda si chiude senza strascichi giudiziari, almeno per il momento. Nessun danno, nessun ferito, solo una manciata di minuti di interruzione liturgica e un aneddoto che entrerà di diritto negli annali delle più pittoresche contestazioni mai messe in scena nel ridente paesino partenopeo. Resta da capire se il sessantasettenne abbia trovato catarsi in questa sua tamburacea rivolta, o se le campane continueranno a perseguitarlo nelle sue ore di presunta quiete. Magari la prossima volta si presenta con un gong. O con le maracas. A Giugliano, in Campania, le sorprese non finiscono mai.