La partecipazione di Matteo Salvini alla kermesse spagnola dell'estrema destra europea segna il punto di non ritorno di una politica che guarda all'altro lato dell'oceano come all'oracolo, non considerando che Donald Trump sta portando avanti non lo stravolgimento dell'assetto amministrativo degli Stati Uniti - fatti suoi, verrebbe da dire -, ma un processo di annientamento degli avversari, facendo tabula rasa di decenni di politica inclusiva e con l'obiettivo di imporre all'America ed agli americani stili di vita e di comportamento marchiati a fuoco dalla reazione, intesa come risposta al liberalismo.
Cresce la deriva anti-Ue e pro-Trump di Salvini, ma con quale obiettivo?
Ma gli Stati Uniti sono ben altra cosa rispetto all'Europa e anche rispetto all'Italia, a dispetto di quel che pensa Salvini, che ha ormai traghettato la Lega sulla sponda dell'estremismo di destra, predicando tanto di libertà da rivendicare, ma strizzando l'occhio a quell'America trumpiana che sta mettendo sotto i piedi i principi del diritto e del rispetto.
Però a Matteo Salvini questo sta bene.
Sta bene, ad esempio, che siano graziati coloro che hanno assaltato il Campidoglio e che lo hanno rivendicato, e che invece i funzionari statali che hanno indagato su di loro siano oggetto di una caccia all'uomo, come se fossero loro i colpevoli di qualcosa; sta bene che sia stata data attuazione alla cancellazione di diritti acquisiti da decenni, a cominciare da quelli delle donne, per le quali si cerca di annullare la libertà di decidere cosa fare di sé stesse, è sbianchettando, come fosse una parola sbagliata, le battaglie per il rispetto degli orientamenti sessuali, oggi guardati come ad una aberrazione.
Sta bene, poi, che gli immigrati irregolari vengano espulsi (e su questo formalmente non ci sono problemi), ma che vengano rispediti in patria, con un trasferimento aereo di 40 ore, come accaduto ad un centinaio di indiani, donne e uomini, senza mai essere liberati dalle catene, a piedi e polsi, anche quando andavano in bagno; sta bene, per finire, che si dia ad un imprenditore il mandato di controllare le spese di un ministero - la Difesa - con il quale è legato da contratti miliardari senza che in questo sia eccepito anche solo un minimo di conflitto di interessi.
Ma l'elenco sarebbe più lungo di questo, se solo si avesse il tempo e la voglia di raccontare come sta cambiando un Paese che, non considerando i mille difetti che ha, era considerato amico e ora viene elevato ad esempio di quello che si vorrebbero fare in Europa.
Ed è qui che bisognerebbe chiedere come il governo ''legga'' le esternazioni di Salvini che, mettendo nel mirino, l'Ue in qualche modo induce a pensare che non si riconosce nell'Istituzione, accusata di cercare di attuare misure liberticide.
La politica d'oltreoceano che Salvini celebra come rivoluzionaria sta creando le condizioni per un mondo diverso e peggiore, in cui gli interessi degli Stati Uniti (a torto o a ragione, non spetta a noi dirlo) vengono anteposti a quelli degli altri, dimenticando che magari in questi ''altri'' ci sono Paesi che hanno contribuito a rendere grande l'America, commercialmente e, quindi, economicamente.
Forse Salvini pensa che, seguendo le logiche trumpiane, alla fine tutto andrà per il meglio.
Ma vada a dire alla sua gente (parliamo del Nord industriale e laborioso, ovviamente) che da domani le esportazioni verso gli Stati Uniti cominceranno a rarefarsi per le tariffe punitive che Trump sta imponendo.
Vada a dire che è un sacrificio da sopportare per il bene dell'Idea, quella di un'Italia padrona a casa sua.
Ma essere padroni in una casa resa povera dalle decisioni del suo ormai conclamato idolo Donald Trump sarà una cosa di cui essere felici?