Politica

Mark Rutte in ginocchio davanti a Trump, uno schiaffo al suo ruolo e alla Nato

Redazione
 
Mark Rutte in ginocchio davanti a Trump, uno schiaffo al suo ruolo e alla Nato

Il personaggio lo si conosceva. E lo stesso che, quando Donald Trump, ricevendolo nello Studio Ovale, stappò la bottiglia di champagne delle sue folli espansionistiche, dicendo chiaramente che voleva mangiarsi la Groenlandia, non aprì bocca, se non per accennare ad un sorrisetto, nonostante il fatto che l'isola faccia parte del territorio della Danimarca, Stato della Nato di cui lui, Mark Rutte, è segretario generale.

Mark Rutte in ginocchio davanti a Trump, uno schiaffo al suo ruolo e alla Nato

Già questo avrebbe dovuto essere causa per lui di parecchi grattacapi, perché, restando in silenzio, ha mostrato, oltre alla sua furbizia (mai inimicarsi chi è più potente di te), anche la sua inadeguatezza politica a restare in una posizione che impone invece anche il coraggio di esprimere dissenso, davanti ad affermazioni inverosimili o, come nel caso di quelle di Trump sulla Groenlandia, che mostrano il totale disprezzo per il diritto internazionale e per quello dei popoli alla sovranità e, quindi, all'autodeterminazione.

Pensavamo di avere visto tutto, che Rutte non potesse andare oltre il fondo. Ed invece c'è riuscito con uno sbracamento inaccettabile, soprattutto in un momento in cui le vicende internazionali impongono fermezza, ma anche la consapevolezza che si deve perseguire la pace, sia quando una guerra è in atto che quando possa manifestarsi nel tempo.

Con Mark Rutte siamo davanti ad un ircocervo della politica che, a differenza della significazione etimologica del termine, piuttosto che l'insieme di due nature diverse e anche antitetiche, il capro e il cervo, è la fusione tra l'adulatore sfrenato e il servo prono allo schioccare delle dita del padrone di turno.

Per averne conferma basta leggere il messaggio che ha inviato a Trump e che il presidente americano (altro caso di sfrenato utilitarismo) ha pensato bene di rendere pubblico, per sostenere la sua irrefrenabile voglia di consenso.

''Signor presidente, caro Donald, congratulazioni e grazie per la tua azione decisiva in Iran, davvero straordinaria, nessun altro avrebbe osato realizzare. Ci rende tutti più sicuri. Stasera volerai verso un altro grande successo a L’Aia. Non è stato facile, ma siamo riusciti a far firmare a tutti il 5%! Donald, ci hai guidati verso un momento davvero importante per l’America, l’Europa e il mondo. Raggiungerai qualcosa che nessun presidente americano è riuscito a fare negli ultimi decenni. L’Europa pagherà molto, come è giusto che sia, e sarà una tua vittoria. Buon viaggio e ci vediamo alla cena di Sua Maestà!''.

Più che un messaggio del segretario della Nato sembra Ermanno Catenacci, il personaggio del fascista ottuso che Giorgio Bracardi regalò alla trasmissione radiofonica Alto gradimento, di Arbore e Boncompagni.
Se Achille Starace e Joseph Goebbels si fossero messi a scrivere insieme un messaggio del genere a Mussolini o Hitler non sarebbero riusciti a essere più vomitevoli, dando a Troisi e Benigni di ''Non ci resta che piangere'', alle prese con la lettera da mandare a Savonarola, la statura di un von Metternich o di un Cavour. Ma di cosa ci meravigliamo, in fondo: senza gli Stati Uniti la Nato è poca cosa e Stati Uniti significa Donald Trump. Quello che brama il Nobel per la Pace e che più d'uno, in America, vorrebbe effigiato sul monte Rushmore, insieme ai presidenti più importanti.

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