Nella foto: Pietro Salini, AD di Webuild, e Matteo Salvini, Ministro delle Infrastrutture
Tanto s'è detto e scritto sul collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto di Messina, un sogno che si coltiva non da ieri, perché ad esso pensarono lontanissimi progenitori delle genti siciliana e calabrese. Che ora, lo diciamo per chi non conosce bene il sentimento che si coglie camminando per le strade di Messina e Villa San Giovanni, sembrano infastidite dal fatto che un'opera che dovrebbe essere di aiuto alle due regioni, divise da un breve tratto d'acqua segnato dalle correnti, sia diventata un recinto dove contendenti, animati da molte motivazioni si affrontano, dando la priorità alla celebrazione dell'immagine. Quindi della politica, dove tutti dicono di concorrere al benessere della gente, ma lasciando delle zone di conoscenza inesplorate che lasciano aperte molte questioni.
Il Ponte delle nebbie tra Calabria e Messina poggia, prima che sui pilastri, su polemiche e dubbi
Il bombardamento mediatico scatenato da Matteo Salvini (novello Paolo di Tarso, un tempo avversatore, ora entusiasta sostenitore dell'opera, peraltro refrattario a qualsiasi critica) ha, in effetti, avuto dei risultati, alcuni taumaturgici. Come l'avere riportato in vita società, uffici, consulenti e progetti che sembravano essere stati ormai sepolti, sotto una coltre di spessa polvere, che si potrebbe definire ragionevolezza.
Lui, il ministro delle Infrastrutture, non intende recedere e va avanti per la sua strada, magnificando un'opera che, a detto di chi tecnico non ne condivide spirito e futura realizzazione, reca con sé delle ipotetiche, ma pur sempre possibili criticità. Trattandosi di un'opera dai costi miliardari (sempre che oggi si abbia una idea non su quello che si pensa, ma su lieviteranno), dall'impegno enorme e di realizzazione lunga nel tempo, forse - e lo diciamo con il massimo rispetto per i due schieramenti - sarebbe stato il caso di mettere tutte le carte sul tavolo, non solo quelle che convengono a qualcuno e discuterne.
Se poi di costi si vuole proprio parlare, qualche domanda ce la si deve porre.
Perché quello che l'amministratore delegato dalla Stretto di Messina, Pietro Ciucci, ha stimato il 27 novembre scorso è di 13,5 miliardi. Che sono bei soldi, e comunque più rispetto alla originaria quantificazione.
Per evitare errori, riportiamo cosa scrisse, un anno fa, Wired: "Rispetto al progetto del 2011, accantonato in quella fase dal governo guidato dall'allora presidente del Consiglio, Mario Monti, in occasione dei tagli operati sulla spesa pubblica, i costi previsti per la realizzazione del ponte sono aumentati, passando da 8,5 a 13,5 miliardi, ai quali va aggiunto un ulteriore miliardo di opere accessorie. Con la legge di bilancio, l’esecutivo ha stanziato 11,63 miliardi di euro fino al 2032, dei quali 9,3 saranno a carico dello Stato e 718 milioni graveranno sul fondo si sviluppo e coesione (Fsc). Altri 1,6 miliardi saranno invece investiti dalle due regioni, Sicilia e Calabria. Per il 2024 la cassa consta di 780 milioni".
Numeri enormi per una singola opera, la cui realizzazione è stata affidata al consorzio Eurolink, guidato da Webuild.
La quale, ultimo, dovrà mettere in pista tutta la sua potenza di fuoco lavorativa e tecnologica per affrontare una scommessa a dir poco impegnativa, mentre, dice Report, la sua ultima opera (la realizzazione di un ponte in Romania, quello di Braila, che scavalca il Danubio), qualche problemino lo ha avuto.
Come, riferisce la trasmissione di Sigfrido Ranucci, lo scollamento dell'asfalto a poco tempo di distanza dalla sua inaugurazione, nel luglio di due anni fa, e la strana vicenda di qualche centinaio di bulloni solo infilati nella lamiera dei parapetti, ma non avvitati, come avrebbero dovuto essere.
Il ponte doveva costare mezzo miliardo di euro, ma, come accade pressoché sempre in caso di revisione, ne servirebbero altri 40. Il rimpallo delle responsabilità finirà in tribunale.
Quando Webuild ha appreso che Report si sarebbe occupata del gruppo, ha risposto usando l'arma atomica, giudiziariamente parlando, della diffida, dicendosi ''sorpreso per il comportamento della Rai laddove consenta la diffusione di notizie false che pregiudicano il lavoro delle aziende italiane, smentisce di nuovo le notizie circolate, totalmente prive di fondamento, che intendono diffondere fake news su opere strategiche per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, come Ponte sullo Stretto di Messina e Terzo Valico dei Giovi, e diffida Report a pubblicare quanto di seguito riportato riservandosi in caso contrario di adire le vie legali per tutelare la propria immagine e il valore dell’azienda per tutti i suoi stakeholder".
Ora la trasmissione di Raitre ha mostrato sia l'asfalto del ponte sollevatosi di una decina di centimetri e immagini dei bulloni ''fantasma'', fatto incontrovertibile, di cui comunque bisognerà accertare la genesi, se per incuria, cattiva scelta dei materiali o errore o volontà umani.
Webuild ne ha per tutti, rivendicando la correttezza del suo comportamento e, quindi, di ogni suo passo, come la tenuta dei giusti rapporti con l'INGV in merito alle attività di analisi del rischio sismico e di faglie attive nel progetto del Ponte sullo Stretto.
Una presa di posizione che ha provocato la durissima reazione di Angelo Bonelli, dei Verdi, ma anche dell'INGV.
Per Bonelli "il Ponte sullo Stretto solleva questioni ambientali, geologiche e sismiche che richiedono analisi trasparenti e dati oggettivi, non interpretazioni distorte. Restano attuali tutte le critiche che abbiamo avanzato nei confronti di un progetto che consideriamo inutile e vecchio di 33 anni e questo è inaccettabile''.