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Garante privacy: ormai è rissa tra governo e opposizioni

Redazione
 
Garante privacy: ormai è rissa tra governo e opposizioni

Per essere una authority (cioè un organismo che tutela o veglia sui diritti della collettività, avendone ben chiare le esigenze), il garante della privacy sembra non avere avuto ben chiare le proprie competenze. Al punto che oggi se ne ipotizza l'azzeramento, dimenticando che esso può avvenire solo per decisione del Parlamento o, per ipotesi, per le contestuali dimissione dei componenti.

Garante privacy: ormai è rissa tra governo e opposizioni

Lasciando la questione agli alchimisti delle formule, questa storia rischia di diventare l'ennesima conferma che l'invadenza della politica è senza barriere, non perché non ce ne siano (basterebbero solo il senso della misura o quello della decenza), ma perché vengono superate con una disinvoltura che tracima nell'arroganza.

A far esplodere la questione, anzi il bubbone, è stata la durissima sanzione inflitta alla trasmissione Report di Sigfrido Ranucci, pari a 150 mila euro (che colpisce la Rai, ovvero noi tutti, quelli che pagano il canone anche se la stessa Rai non la guardano nemmeno, visto il livello della proposta che il servizio pubblico offre).

Sanzione inflitta dopo che la moglie dell'ex ministro Sangiuliano aveva denunciato la messa in onda di una sua conversazione privata (con il marito, fedifrago confesso), carpita illecitamente.
Ora, premettendo che sulla opportunità della messa in onda della conversazione potrebbero sussistere delle perplessità in materia di rispetto di comunicazioni tra coniugi, senza che esse abbiano alcuna rilevanza penale, ma solo giornalistica, il casus belli è deflagrato nel momento in cui s'è scoperto che il componente dell'authority in quota Fratelli d'Italia, il giorno prima dell'irrogazione della sanzione, si è recato nella sede del suo partito di riferimento incontrando Arianna Meloni, sorella del presidente del consiglio e a capo della macchina politica di FdI, per poi dire, una volta che la cosa è venuta a galla, che si è trattato di un caso.

Circostanza che sarebbe smentita da una mail che Agostino Ghiglia avrebbe indirizzato ai suoi collaboratori, dicendo che andava nella sede del partito appunto per incontrare Arianna Meloni. Non è che, in questa sede, sia possibile infilarsi nei meandri dell'accaduto e delle reazioni politiche che esso - insieme ad altri vicende, comunque - ha generato, ma sembra scontato dovere rilevare che, anche questa volta, sembra essere entrati nei padiglioni della Fiera dell'Ipocrisia, dove tutti sanno - ma non possono ammetterlo - che i componenti di una agenzia di controllo, una authority, sono di nomina politica e, quindi, devono rispondere delle loro decisioni ai partiti di cui sono espressione.

Il resto è aria fritta perché sollevare adesso la questione, dopo che è esploso il caso, è nascondere che tutti sapevano come vanno le cose e le hanno accettate in una sorta di accordo di mutua convenienza, sapendo che le varie anime della politica erano rappresentate nell'organismo.

Ma, se i componenti sono espressione diretta o soltanto indicati dai partiti, come si può accettare o anche solo pensare che la politica continui impunemente a fare e disfare a seconda delle convenienze?
Noi, che non siamo politici, ma semplici osservatori, piuttosto che scandalizzarci di come certe decisioni sono o sarebbero state prese, avremmo qualcosa da ridire sulle presunte spese allegre che, secondo alcune testate giornalistiche, sarebbero state fatte dai componenti dell'authority, sulle quali forse sarebbe il caso di appuntare l'attenzione.

Non perché non siano state formalmente giustificate, quanto sul fatto che la motivazione per la quale sono state affrontate suoni insulto rispetto ai sacrifici che vengono chiesti al Paese. Se servire lo Stato dovrebbe essere gratificazione assoluta, pensare che chi viene nominato in una agenzia di controllo lo è perché trombato in qualche elezione o perché ha ricoperto incarichi ufficiali in un partito è una offesa alla gente, che continuerà a pensare che la casta, quale che ne siano i componenti, continuerà nell'opera di rapace e incontenibile spoliazione del Paese.

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