Economia

Fancy Food, rallenta la corsa del cibo Made in Italy negli USA ma l’obiettivo resta 9 miliardi di export nel 2025

di Demetrio Rodinò
 
Fancy Food, rallenta la corsa del cibo Made in Italy negli USA ma l’obiettivo resta 9 miliardi di export nel 2025
Il cibo italiano continua a sedurre gli Stati Uniti, ma la strada verso l’ambizioso traguardo dei 9 miliardi di euro di esportazioni agroalimentari nel 2025 si fa in salita. A lanciare l’allarme è Coldiretti, che in occasione dell’apertura del Fancy Food di New York ha fotografato uno scenario in chiaroscuro: da un lato la forza e l’attrattività del Made in Italy, dall’altro la zavorra dei dazi e l’effetto del dollaro debole che rischiano di rallentare la marcia.

Fancy Food, rallenta la corsa del cibo Made in Italy negli USA ma l’obiettivo resta 9 miliardi di export nel 2025

Il primo mese di applicazione delle nuove tariffe volute dall’amministrazione Trump ha infatti frenato bruscamente la crescita delle esportazioni italiane: +1,3% ad aprile, contro il +28,7% dello stesso mese del 2024. Il dato preoccupa non solo per il calo immediato, ma anche per le ricadute a lungo termine sul comparto, in un mercato da sempre strategico per le aziende italiane.

Tra i primi a pagare il prezzo dei nuovi dazi c’è il vino, che segna un calo in valore del 9% ad aprile rispetto al +18,1% di un anno fa. Va meglio ai formaggi, ancora in territorio positivo (+7%), ma lontani dal +24,5% di dodici mesi prima. L’olio d’oliva, invece, sprofonda: dal +75% dell’aprile 2024 a un preoccupante -17% oggi.

Le tariffe, inizialmente fissate al 20% e poi ridotte al 10%, impattano direttamente sui prezzi al consumo, alimentando l’inflazione e riducendo il potere d’acquisto degli americani. Secondo Coldiretti, un dazio permanente al 10% peserebbe per circa 800 milioni di euro sui cittadini statunitensi, spingendoli a cercare alternative più economiche. E qui entra in gioco il fenomeno dell’italian sounding, ovvero i falsi prodotti italiani che valgono oltre 40 miliardi di euro sul mercato Usa. Un rischio concreto per la reputazione del Made in Italy.

“È fondamentale che l’Unione Europea trovi una soluzione diplomatica condivisa per evitare le guerre commerciali, ma dobbiamo anche lavorare sui ‘dazi’ interni, ovvero la burocrazia, che ostacola le nostre imprese”, ha sottolineato Ettore Prandini, presidente Coldiretti (in foto). Sulla stessa linea Vincenzo Gesmundo, segretario generale Coldiretti: “I dazi rischiano di colpire tutta l’economia nazionale. Non accetteremo compromessi al ribasso sulla qualità dei nostri prodotti né sulla tutela dei consumatori”.

Anche Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, ha ribadito il ruolo strategico dell’alimentazione italiana come modello salutare: “Il consumatore americano è sempre più attento alla dieta mediterranea, alleata contro le malattie non trasmissibili, mentre l’ONU punta proprio sulla riduzione degli alimenti ultraprocessati”.

I timori attuali trovano conferma nel passato recente. Durante la prima presidenza Trump, i dazi su frutta, carni, formaggi e liquori avevano causato cali fino al -28%, con contrazioni significative anche per il vino (-6%), pur non colpito direttamente. Un’esperienza che dovrebbe spingere a riflettere sulla necessità di strategie più robuste e negoziati più efficaci.

Nonostante tutto, l’obiettivo dei 9 miliardi di euro resta in campo. Il 2025 si era aperto con un segno ancora positivo, grazie alla corsa agli acquisti di fine 2024 in vista delle tariffe. Ma ora l’incertezza domina, e molto dipenderà dai dati di maggio e giugno, quando finirà l’effetto “scorte” e si vedrà l’impatto reale dei dazi.

Nel frattempo, il Padiglione Italia al Fancy Food di New York resta una vetrina strategica per promuovere le eccellenze tricolori e difendere, con orgoglio e determinazione, la qualità e l’autenticità che fanno del Made in Italy un simbolo globale.
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