Nelle ultime settimane l'attenzione di analisti e mercati si è focalizzata sull'insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Questo evento ha suscitato notevole interesse e offre spunti significativi per analizzare le prospettive economiche future.
Economia USA: mercati attendisti come la Fed
A sole tre settimane dall'inizio della sua amministrazione, abbiamo assistito a una rapida implementazione delle politiche promesse durante la campagna elettorale attraverso un'ondata di ordini esecutivi. Oltre 90 provvedimenti hanno avuto effetto immediato a livello federale. Dei quattro pilastri del nuovo governo – tariffe, freno all'immigrazione, taglio delle tasse e riduzione della spesa, deregolamentazione – stiamo assistendo sia alla combinazione delle prime due (tariffe e immigrazione) che all'avvio della campagna di efficientamento del governo guidata da Musk.
Al momento, molti dei dazi dichiarati sono stati rivisti, ritirati o sospesi in cambio di concessioni da parte dei paesi in questione, soprattutto in tema di immigrazione. Ci aspettiamo che la politica delle tariffe continui nei prossimi mesi, presumibilmente con effetti destabilizzanti sui mercati, ma non necessariamente duraturi, soprattutto se verrà usata come leva di negoziazione.
Spesso, dietro alle tariffe ci sono altri obiettivi non sempre coerenti tra loro; ad esempio, se l'obiettivo sarà l'Europa, si potrebbe parlare di aumenti della spesa per la difesa e/o per l'energia, anche in ottica di una futura auspicabile tregua in Ucraina. Un altro tema che presenta diversi possibili sviluppi riguarda l’ambizioso progetto di riduzione della spesa governativa: ad oggi è stata annunciata una campagna di dimissioni volontarie per i dipendenti federali – già differite di 8 mesi – insieme all'avvio di un piano per lo smantellamento di molte agenzie governative.
Il potenziale economico di queste misure dipenderà dal loro effettivo esito, consapevoli che si tratta di somme importanti che potrebbero tradursi in minori spese governative. Sul fronte fiscale, l'approccio del nuovo segretario del tesoro Bessent, che ha confermato il piano d'emissione del tesoro (in linea con quello del suo predecessore), è stato accolto positivamente dal mercato. In una recente intervista, la nuova amministrazione ha sottolineato come non sia interessata alle mosse della Federal Reserve, riconoscendone implicitamente l'indipendenza, preferendo concentrarsi sul livello dei tassi a lungo termine con le linee guida del "3-3-3": un deficit fiscale del 3%, ben al di sotto dei livelli attuali, ottenuto attraverso tagli alla spesa e deregolamentazione, insieme con la produzione (auspicata) di 3 milioni di barili di petrolio in più ogni anno per sostenere una crescita annua del 3%. In generale, la riduzione del prezzo dell'energia appare cruciale, per questa amministrazione, dato il suo potere disinflattivo.
Attualmente, Bessent è considerato la figura più credibile all'interno del governo Trump dai mercati finanziari. Tuttavia, resta incerto chi possa esercitare un'influenza significativa sulle decisioni finale relative alle politiche economiche, specialmente in un contesto in cui l'economia ha continuato a crescere oltre le previsioni anche nel 2024.
Il rientro dell'inflazione rimane ad oggi la variabile più a rischio, come confermato anche dalla tenuta del mercato del lavoro negli USA, con una crescita occupazionale ancora buona e un tasso di disoccupazione in calo stando alle ultime rilevazioni. Questo mix di dati e avvenimenti conferma l'approccio attendista della Fed, ribadito nell'incontro del 29 gennaio.
Le attese per il 2025 rimangono dunque ancorate poco sotto le proiezioni dei due tagli indicati dalla Federal Reserve. In questo contesto il dollaro USA, avendo anticipato velocemente il mix di politiche economiche, si mantiene forte ma stabile nell’intorno dei valori attuali. Anche i rendimenti obbligazionari, dopo aver smaltito la correzione della Fed e incorporato una parte del mix di politiche economiche, hanno trovato una stabilità; pertanto, affinché il rendimento del decennale USA scenda notevolmente sotto il 4,5%, sarà necessario osservare progressi inattesi e rilevanti sul fronte dell'inflazione o segnali di indebolimento da parte del mercato del lavoro - entrambi improbabili nel prossimo futuro. Al momento non si riscontra alcun progresso nella spesa governativa, sebbene la stabilizzazione dei rendimenti possa giocare a favore.
Dato lo scenario attuale, riteniamo utile adottare una duration di portafoglio che sia “protettiva”, ovvero prediligendo posizioni lunghe ma principalmente in chiave tattica. Oltre all'approccio di Trump, alquanto rocambolesco per i mercati, ci sono stati anche gli sviluppi tecnologici sul fronte dell'intelligenza artificiale in Cina. A nostro avviso, la possibilità di strumenti meno costosi depone a favore del tema più ampio dell'ottimizzazione dei processi produttivi, poiché ci aspettiamo prevalga la seguente interpretazione: un prezzo più accessibile significa un utilizzo maggiore. Ciò può far dubitare del primato delle aziende tecnologiche statunitensi, ma non del tema stesso, aprendo la possibilità di guardare anche altrove per i portafogli (avendo magari una maggiore esposizione all'Europa). La nostra scelta, fatta a fine dello scorso anno, è stata quella di avere una minore esposizione al settore tecnologico e una maggiore esposizione a quello finanziario.