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La Cassazione boccia il Decreto Sicurezza del Governo

Redazione
 
La Cassazione boccia il Decreto Sicurezza del Governo

È una sonora bocciatura quella che la Corte di Cassazione ha riservato al cosiddetto Decreto Sicurezza, trasformato in legge il 9 giugno 2025. Un provvedimento che, secondo la Suprema Corte, presenta “profili di incostituzionalità evidenti” per forma e contenuti, alimentando le critiche già sollevate da giuristi, accademici, avvocatura e magistratura. Una posizione, quella della Cassazione, che pur non essendo vincolante, rappresenta un parere di altissima autorevolezza giuridica.

La Cassazione boccia il Decreto Sicurezza del Governo

Il cuore della censura riguarda la genesi stessa del decreto, adottato – si legge nella relazione n. 33/2025 – in assenza dei requisiti costituzionali di “necessità e urgenza”. Il governo ha trasformato in decreto un disegno di legge già in discussione da mesi in Parlamento, motivando l’intervento con la volontà di “evitare dilazioni al Senato”. Una giustificazione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, non basta a legittimare il ricorso allo strumento d’urgenza.

Altro nodo critico è l’eterogeneità del contenuto. Il provvedimento tratta infatti temi vasti e disparati – terrorismo, mafia, sicurezza urbana, migranti, usura, coltivazione della canapa, solo per citarne alcuni – privi di un legame unitario che giustifichi l’accorpamento in un unico testo. Questo eccesso di ampiezza costituisce un ulteriore vizio di legittimità.

Ancora più gravi, per la Cassazione, sono i profili sostanziali. Il decreto fa un ricorso “accentuato e sproporzionato” al diritto penale, in contrasto con il principio di offensività – secondo cui un reato deve causare un danno concreto o un pericolo effettivo a un bene giuridico – e con il principio di proporzionalità delle pene. Tra le disposizioni più controverse:

- Nuove aggravanti di luogo per reati commessi in stazioni ferroviarie e metropolitane, con ambiguità sulle “immediate adiacenze” che rischiano interpretazioni arbitrarie e violazioni del principio di uguaglianza.
- Inasprimenti sanzionatori nelle manifestazioni: aggravanti pensate per colpire la “zona grigia del dissenso”, che potrebbero tradursi in una criminalizzazione del diritto di protesta e di espressione.
- Norme sui CPR e penitenziari, che puniscono anche la disobbedienza passiva, aumentando il carico delle strutture già al collasso.
- Carcere per detenute madri, in particolare donne Rom accusate di borseggio: la Cassazione mette in guardia da un “diritto penale d’autore” che giudica la persona più che il reato, alimentando derive discriminatorie.
- Criminalizzazione preventiva per chi detiene materiale considerato “propedeutico al terrorismo”, con il rischio di anticipare troppo la soglia di punibilità.
- Immunità estesa agli agenti segreti anche nella direzione di gruppi terroristici simulati: una disposizione definita inquietante, perché apre alla possibilità di manipolazioni e deviazioni senza adeguati contrappesi istituzionali.

La legittimità costituzionale della legge n. 80/2025 è ora seriamente compromessa. Una nuova sfida potrebbe arrivare dalla Corte Costituzionale, se le opposizioni o i giudici chiamati ad applicare le nuove norme decideranno di sollevare la questione.

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