Burning Buzz

Chiara e il segreto di Pulcinella

Barbara Bizzarri
 

Non sono bastati i 3,4 milioni di euro che in gran parte ha già sborsato e nemmeno il risarcimento di 150 euro a ogni consumatore che si è sentito danneggiato dalla vicenda di quel carrozzone dei pandori Pink Christmas e delle uova di Pasqua di Dolci Preziosi.

Chiara e il segreto di Pulcinella

Nel giorno in cui la Procura di Milano cita in giudizio Chiara Ferragni e altre tre persone, tra cui l’ex manager dell’influencer (che ora si è messo in proprio, chissà con quali esiti) e Alessandra Balocco, non si sa se per depistare l’attenzione dall’accusa di truffa aggravata con un racconto emozionale che ha sempre il suo perché, basti pensare alla narrazione pandemica strappacore con gli abbracci tra la plastica, manco fosse un film di Lynch, Chiara, e pure Corona, dal suo canale YouTube che ormai ha fatto il pieno, rivela ciò che tutti, a meno che non vivessero su Marte, sapevano già.

Il suo matrimonio, la favola dei Ferragnez, era tutta una farsa e non poteva essere altrimenti, mai visti due più maleassortiti e a nessuno saranno sfuggite le smorfie vagamente disgustate e del tutto involontarie che avevano nelle foto insieme né che nei loro video si dedicassero più al cane di casa che alla loro presunta dolce metà o alla prole: l’effetto plastificato pro monetizzazione era talmente evidente (e in tempi non sospetti ne abbiamo parlato spesso) da non capire dove sia ora la sorpresa o la “cattiveria” di Corona che già ai tempi della storia (?) con Belen ammetteva candidamente che un bel corpo femminile lo faceva pensare soltanto a un gran pacco di soldi, argomento che resta il suo precipuo interesse, ma almeno lo dice e in effetti così è stato perché a superare le facce disgustate dei Ferragnez quando erano insieme c’era soltanto l’espressione dell’argentina nelle foto rubatissime (e posatissime) alle Maldive ai tempi della loro love (money) story.

A scagliarsi contro lo “scoop” di Corona pure la sua arcinemica Lucarelli nella sua newsletter, in cui elenca i vari livelli di ciò che per lei non è semplice gossip: violazione della privacy, bodyshaming, monetizzazione dell’intimità, esposizione pubblica senza consenso. Il punto, dice, è che tutto questo non viene percepito come un problema, al contrario, chi lo critica viene ridicolizzato o ignorato. Come se non avesse fatto lo stesso quando le è convenuto, dal video di Belen diffuso urbi et orbi (un’amica delle donne, proprio), alle accuse di aver rubato foto private dalle email di vippame assortito in poi.

Insomma va tutto bene finché il trogolo è per sé stessi ma quando la mangiatoia si amplia diventa un problema. Fa anche molto sorridere l’immagine improntata, come è giusto che sia in termini di salvare il salvabile, al vittimismo che Ferragni offre di sé: lei era innamorata, doveva essere forte, ha accettato i tradimenti per amore, insomma una narrazione terrificante che in effetti potrebbe andar bene se a parteciparvi fossero pochi intimi, e pure creduloni.

Ma non è così perché questi, e altri, sono purtroppo saldamente ancorati in quella sterminata landa di piazzisti che è internet e che forgia le menti dei più giovani. Che guardano, credono, rosicano e magari si accoltellano per un cellulare o un monopattino. Che trovano soffocante rincasare a Quarto Oggiaro o a Torre Angela quando hanno davanti agli occhi tutto il giorno la narrazione ipocrita di queste macchine da soldi, che si fanno belle con la beneficenza fatta da altri e vanno a distribuirla in Lamborghini.

Nel secolo scorso, l’intrattenimento era fatto di cinema, di libri, di radio e di televisione. Oggi i social media con la loro pervasività sono ovunque e così, mentre si viaggia in metro o si aspetta in fila, si possono seguire gli amici o, più frequentemente, gli influencer: tutti con il loro prodottino in mano, che sia una borsa, una felpa, un rossetto o un modo di pensare, tutti intenti a spacchettare regali da chi li paga mentre chi li guarda, almeno in Italia, fa i conti con un Paese sempre più con le pezze al didietro e con evidenti sintomi di ogni tipo di povertà: culturale, sociale, educativa.

In USA e in Europa comincia a serpeggiare una certa preoccupazione, ed era ora, per l’insicurezza che la falsa rappresentazione della realtà genera nei più giovani, che si sentono ovviamente inadeguati rispetto a certi modelli irraggiungibili di lusso, felicità e potere, scontando la propria impotenza dinanzi a cotanta meraviglia con disturbi psicologici, depressione, ansia, solitudine, senso di isolamento, gelosia, tutti indizi di un malessere generale che colpisce i teenager a ogni latitudine, convinti di vedere la realtà e non quello che si vuole mostrare loro, presumibilmente per ottenere qualcosa.

Lo squallore della vicenda Ferragnez, che non si vuole approfondire ulteriormente tra amanti, ripicche, vendette e una storia studiata nei dettagli e messa in piazza allo scopo di fatturare il più possibile, alza il sipario su un fenomeno che non si può più ignorare prima che gli effetti diventino davvero irreversibili e che vanno ben oltre il problema, pur grave, della falsa beneficenza fatta sui crani lucidi dei bambini malati di cancro.

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