Estate 2025 Fa caldo, le città si svuotano e il Paese, tra una granita e un bagno a mare, si ritrova con un nuovo tormentone estivo: gli audio imbarazzanti di Raoul Bova. L’attore, sex symbol di lungo corso, compagno di Rocío Muñoz Morales e volto rassicurante di mille fiction, si lascia sfuggire in un WhatsApp alla modella Martina Ceretti un complimento destinato a entrare nel Pantheon del ridicolo: “occhi spaccanti”.
E vissero tutti spaccanti e contenti
Un’espressione che, probabilmente, suonava sensuale nella sua testa ma che fuori da lì si è trasformata in una colossale sagra del cringe. A farci il favore di diffondere gli audio è stato, ça va sans dire, Fabrizio Corona, che a quanto pare non ha ancora scoperto la bellezza dei cruciverba. Il resto è storia: meme, sfottò, ironie a pioggia. Per giorni Bova diventa il punching ball preferito dei social, bersaglio di una derisione talmente compatta che persino Dante avrebbe faticato a trovare un girone adeguato per contenerla.
Un uomo normale, dopo una figura di merda simile, cambierebbe numero di telefono, città, continente e, se possibile, pure pianeta. Bova no. Lui reagisce. Come? Inviando i suoi avvocati all’Ufficio Brevetti e Marchi per depositare alcune delle frasi incriminate. Motivazione ufficiale: impedire la diffusione illecita dei contenuti. Peccato che, in termini giuridici, un marchio serva più a vendere borse e biscotti che a proteggere la privacy. Ma tant’è. Forse un lapsus tecnico, forse un’intuizione imprenditoriale.
Chi può dirlo? Sia chiaro: nessuno sta insinuando che Bova sogni già una linea di t-shirt “Occhi Spaccanti”. Ma registrare un marchio significa anche poterlo stampare su qualunque cosa. Così, per caso. Una pura coincidenza, certo. Ed ecco il colpo di scena. Entra in campo Gabriele Picco, artista bresciano tuttofare (pittore, scrittore, scultore… manca solo pizzaiolo per completare la lista), che con un tempismo degno di una finale olimpica registra i domini “occhispaccanti.it” e “.com”.
Non pago, tenta pure di depositare il marchio. Solo che scopre che Bova è arrivato prima. Però l’attore, nella fretta di “difendersi”, si è dimenticato alcune categorie fondamentali: occhiali, lampade, cover per smartphone. Dettagli irrilevanti, no? E invece Picco, spirito caritatevole, colma la lacuna. Risultato: presto potremmo ritrovarci occhiali griffati “Occhi Spaccanti”, ma non firmati Bova. No: firmati Picco. Una commedia italiana perfetta, con gli attori che inciampano nel copione.
Intervistato dai quotidiani, Picco veste i panni dell’intellettuale illuminato: “‘Occhi spaccanti’ è un’espressione bellissima, quasi poetica”, spiega con il fervore di chi ha appena riscoperto Leopardi. Poi aggiunge: “Ogni operazione che faccio è arte. Per me questa frase è come un readymade. L’aspetto commerciale è strettamente legato all’arte.” Traduzione: Duchamp aveva l’orinatoio, io ho gli occhiali da sole. Stesso livello. Il confine tra il genio e la televendita su canale 32, evidentemente, è molto più sottile di quanto pensassimo. Ed eccoci, dunque, al grande paradosso.
Bova, nel tentativo di difendere la sua reputazione, finisce per regalarsi un marchio commerciale. Picco, nel tentativo di nobilitare la sua mossa con paroloni artistici, si prepara a vendere accessori. Tutti felici: chi con la dignità ammaccata ma un marchio in tasca, chi con un dominio web che promette futuro. La domanda rimane: se Bova voleva solo tutelarsi, perché non ha scelto le vie legali classiche? E soprattutto, perché dimenticare proprio quelle categorie più golose dal punto di vista commerciale? Ma sono solo domande oziose, sia chiaro.
Intanto, mentre la Procura indaga su Corona (perché ovviamente Corona c’è sempre, come il prezzemolo), noi ci prepariamo a vivere in un mondo nuovo. Un mondo in cui potremo comprare occhiali “Occhi Spaccanti”, illuminare il salotto con lampade “Occhi Spaccanti” e proteggere lo smartphone con cover “Occhi Spaccanti”. Bova, intanto, ha il suo marchio in cassaforte, pronto per “difendersi”. Che poi lo usi davvero o meno, non importa. In Italia funziona così: quando la vita ti dà uno scandalo, non ti nascondi. Lo marchi. Magari, lo rivendi. E vissero tutti spaccanti e contenti.