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AI, aziende divise: 42% dei leader scettici

Redazione
 
AI, aziende divise: 42% dei leader scettici

Il dibattito sull’intelligenza artificiale continua a dividere le imprese. Una nuova ricerca di The Adaptavist Group, condotta su 900 professionisti in posizioni di leadership tra Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Germania, racconta un mondo aziendale spaccato in due.

 

AI, aziende divise: 42% dei leader scettici

 

Da un lato ci sono i cosiddetti “realisti”, che vedono nell’AI un’opportunità di innovazione e miglioramento, dall’altro gli “scettici”, che la percepiscono come una minaccia. A separare i due schieramenti non sono soltanto le opinioni, ma vere e proprie culture aziendali che incidono su investimenti, clima interno e prospettive future. Il dato più emblematico è che il 42% dei leader intervistati ritiene che le dichiarazioni della propria azienda in materia di intelligenza artificiale siano esagerate o addirittura “gonfiate”, contro un 36% che le considera invece realistiche.

 

Questa spaccatura si traduce in visioni opposte: i primi leggono nell’AI un rischio per clienti e dipendenti, i secondi un’occasione per crescere e migliorare. Non sorprende dunque che tra gli “scettici” il 65% tema che l’approccio aziendale all’AI possa mettere in pericolo i clienti, sotto diversi punti di vista, mentre tra i “realisti” solo il 9% condivide la stessa preoccupazione.

 

Eppure, anche chi nutre diffidenza non si sottrae alla corsa agli investimenti. Lo studio rivela che il 34% degli scettici ha speso tra 1 e 10 milioni di sterline nell’ultimo anno per progetti legati all’intelligenza artificiale. Una contraddizione apparente che riflette la pressione percepita: non si investe perché si è convinti del valore, ma perché non si vuole restare indietro. Ne è prova il fatto che l’84% degli scettici incoraggia comunque l’uso dell’AI, anche in assenza di ritorni concreti, contro il 58% dei realisti.

 

Il nodo centrale sembra essere la cultura del lavoro. Il 67% dei leader scettici teme che l’AI metta a rischio i posti di lavoro, mentre tra i realisti la percentuale scende drasticamente al 10%. Non solo: l’80% degli scettici è convinto che l’intelligenza artificiale venga utilizzata per giustificare tagli di personale. Questo clima di paura porta a comportamenti paradossali: quasi la metà degli scettici, il 42%, ammette di nascondere l’uso di strumenti AI per timore di conseguenze, contro appena il 6% dei realisti.

 

A rafforzare la diffidenza contribuisce la mancanza di formazione, con il 59% degli scettici che dichiara di non aver ricevuto alcun addestramento formale sull’uso dell’AI, a fronte di un 16% tra i realisti. Chi adotta un approccio più misurato, al contrario, raccoglie benefici tangibili. Le aziende guidate da leader realisti registrano miglioramenti nella qualità del lavoro, con il 58% che parla di progressi evidenti contro il 43% degli scettici, risparmi di tempo per il 61% contro il 36%, e aumenti di produttività che raggiungono il 48% rispetto al 35% dei più diffidenti.

 

Non solo: le preoccupazioni etiche risultano molto meno pressanti. Tra i realisti solo il 37% cita questioni legate a plagio o etica, mentre tra gli scettici il dato sale al 74%. Per Jon Mort, chief technology officer di The Adaptavist Group, il divario non è solo statistico, ma culturale. 

 

“Il contrasto tra i leader che sono fiduciosi nel percorso AI della loro organizzazione e quelli alle prese con scarsi risultati, implementazioni frettolose e una forza lavoro riluttante è netto”, ha osservato. “Le organizzazioni che trattano gli strumenti AI semplicemente come sostituti di lavori o compiti esistenti, senza considerare il loro sistema di lavoro nel suo complesso, sono destinate a fallire. Spinti a ‘semplicemente adottare’ senza formazione né tempo per testare e perfezionare, i leader finiscono per creare una cultura della paura e una fiducia ridotta nel valore del contributo umano”.

 

 La ricetta, secondo Mort, è chiara: non frenare la sperimentazione, ma accompagnarla con tempi di implementazione ragionati, con investimenti in formazione e con la costruzione di ambienti capaci di far prosperare insieme persone e tecnologie. Solo così, conclude, sarà possibile sbloccare il vero valore dell’intelligenza artificiale “creando un ambiente in cui sia le persone che la tecnologia possano prosperare”.

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