Ambiente

Agricoltura, milioni di ettari di terreni abbandonati. Una proposta: coltivarli a bambù

Redazione
 

In Italia milioni di terreni agricoli sono abbandonati, nell'ennesima conferma di una costante del Paese: lo spreco delle proprie risorse. Perché terreni lasciati alle conseguenze degli agenti atmosferici diventano improduttivi, quindi lontani dalla filiera di produzione dell'agro-alimentare.

Agricoltura, milioni di ettari di terreni abbandonati. Una proposta: coltivarli a bambù

Un fenomeno che è anche una enorme perdita economica, confermando che l'immobilizzazione di un bene lo rende improduttivo. E questo accade anche se, da qualche anno a questa parte, si sta assistendo ad un ritorno alla terra di molti giovani che tornano a lavorare la terra di famiglia, oppure sperano di averne una loro da coltivare.

Non tutti sanno che, dal 2012, c'è uno strumento, la Banca della Terra, che è l’archivio online dei terreni agricoli abbandonati da affidare a ne faccia richiesta.
Quindi, i terreni censiti sono messi a disposizione di chi ne faccia richiesta. Ma, verrebbe da dire, poi, una volta assegnato il terreno, viene il difficile momento di scegliere come coltivarlo.

In un momento storico in cui i mutamenti climatici sono diventati un elemento condizionante in agricoltura, con fenomeni estremi (lunghissimi periodi di siccità; improvvise, violente e quindi prolungate precipitazioni) che si ripetono a cadenza ravvicinata e preoccupante, intervenire nelle aree agricole abbandonate può essere anche un modo per contribuire alla messa in sicurezza del territorio.

Di proposte ne sono state fatte molte, così come di iniziative, alcune delle quali, come quelle dell'Ismea - per mettere a disposizione terreni pubblici o privati, incolti o abbandonati, che possono essere acquistati a prezzi agevolati.

Tra le proposte più interessanti, soprattutto perché innovative, c'è il progetto di utilizzare terreni inutilizzati per coltivare bambù gigante che, per le sue caratteristiche - tra cui anche il relativo impegno della crescita - e la sua utilizzabilità in più usi, potrebbe fare diventare le terre incolte delle risorse produttive.

La proposta è di Federcontribuenti che, con il suo presidente Marco Paccagnella, spiega che il bambù gigante, o moso, è una pianta a crescita rizomatica, che ricresce più forte dopo essere tagliata, rendendola una materia prima sostenibile con oltre 1500 usi brevettati. È una risorsa ideale per sostituire materie prime inquinanti, promuovendo una economia circolare e prodotti 100% Made in Italy.

Ma quali possono essere gli utilizzi del bambù? Molti: dalla produzione di mobili, sia da esterno che da interno, per costruire tavoli e sedie molto resistenti all'intemperie, anche in ambienti particolarmente umidi e piovosi, al parquet, ai tetti, alle pareti divisorie. Poi, ridotto in polpa il bambù, può essere utilizzato per fabbricare carta oppure tessuti.

Ma coltivare il bambù gigante è anche un modo per aiutare l'ambiente (per la capacità della pianta di assorbire CO2) Un altro vantaggio di questo progetto – spiega il presidente di Federcontribuenti – è la capacità del bambù di assorbire CO2, conforme alla normativa UNI PDR 156/2024, permettendo quindi agli agricoltori e proprietari terrieri di partecipare al mercato della compensazione della carbon footprint (che è la misura che esprime il totale delle emissioni di gas ad effetto serra, espresse generalmente in tonnellate di CO2 equivalente, associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, ad un servizio o ad una organizzazione).

Cioè convertendo l’assorbimento di CO2 in carbon token vendibili. Ma, oltre agli aspetti meramente pratici, dice Paccagnella, compensare le emissioni di CO2 "migliora la reputazione aziendale e facilita l’accesso a finanziamenti green, offrendo condizioni vantaggiose'', mentre possono anche accedere ad un mercato per la cessione dei crediti fiscali derivanti dal progetto, facilitando le transazioni tra imprese e investitori.

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