Oltre un miliardo di persone nel mondo convive con disturbi mentali, tra cui ansia e depressione, che restano i più diffusi. Eppure, nonostante l’impatto crescente sulla vita delle persone e sulle comunità, la spesa pubblica dedicata alla salute mentale è rimasta bloccata al 2% dei bilanci sanitari nazionali, senza alcuna variazione dal 2017. È quanto emerge dai rapporti pubblicati oggi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che denunciano un divario sempre più preoccupante tra chi ha bisogno di cure e le risorse effettivamente disponibili. “Trasformare i servizi di salute mentale è una delle sfide più urgenti per la salute pubblica”, avverte Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, nel sottolineare che “Ogni governo e ogni leader hanno la responsabilità di intervenire rapidamente, garantendo che l’assistenza psicologica non sia vista come un privilegio, ma come un diritto fondamentale per tutti”.
I nuovi rapporti dell’OMS, World Mental Health Today e Mental Health Atlas 2024, offrono una panoramica completa sull’impatto dei disturbi mentali e sui progressi compiuti dai diversi Paesi nell’implementazione di servizi dedicati. Emergono differenze significative tra uomini e donne: il 14,8% della popolazione femminile soffre di disturbi mentali, contro il 13% di quella maschile. Tra i disturbi più diffusi ci sono quelli d’ansia (4,4%) e la depressione (4%), seguiti da problematiche legate alla disabilità intellettiva (1,2%) e all’ADHD (1,1%).
Nonostante una maggiore consapevolezza sull’importanza della salute mentale, gli investimenti pubblici restano stagnanti. La media globale si attesta ancora al 2% dei bilanci sanitari nazionali, ma le differenze tra Paesi sono enormi: nei Paesi ad alto reddito si spendono fino a 65 dollari pro capite, mentre nei Paesi più poveri la cifra scende a soli 0,04 dollari. La carenza di professionisti è altrettanto critica. La media mondiale è di 13 operatori sanitari ogni 100.000 persone, con carenze estreme nei Paesi a basso e medio reddito. Inoltre, meno del 10% dei Paesi ha completato la transizione verso modelli di assistenza basati sulla comunità, mentre la maggior parte è ancora nelle fasi iniziali. L’ospedalizzazione rimane spesso l’unica opzione: quasi la metà dei ricoveri psichiatrici è involontaria e oltre il 20% supera un anno di durata.
In Italia, la spesa per la salute mentale si aggira intorno al 4% della spesa sanitaria totale, ma la distribuzione delle risorse non è uniforme tra le regioni. Alcune aree del Sud, come la Campania, mostrano lacune significative nei servizi, con liste d’attesa lunghe e accesso limitato a trattamenti specialistici. Le politiche di deistituzionalizzazione, avviate negli anni ’70, hanno portato alla chiusura di molti ospedali psichiatrici, ma la transizione verso un modello di assistenza territoriale efficace è ancora incompleta. Particolare attenzione merita la salute mentale dei più giovani. Secondo l’OMS, uno su sette ragazzi tra i 10 e i 19 anni soffre di un disturbo mentale, rappresentando il 15% del carico globale di malattia in questa fascia di età. Tra le principali cause di malattia e disabilità figurano depressione, ansia e disturbi comportamentali. Il suicidio, purtroppo, resta la terza causa di morte tra i 15-29enni.