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Prospettive sul reddito fisso 2026: economia resiliente e inflazione in fase di moderazione

di Paul Saint-Pasteur, gestore del Team Global Fixed Income di Payden & Rygel
 
Prospettive sul reddito fisso 2026: economia resiliente e inflazione in fase di moderazione
Guardando al 2026, il contesto appare piuttosto favorevole per il reddito fisso, con le obbligazioni ben posizionate per beneficiare di un’economia globale ancora resiliente, di un’inflazione in graduale moderazione e di un orientamento monetario tendenzialmente più accomodante. In questo scenario, la combinazione tra livelli di rendimento tuttora interessanti e la possibilità di ulteriori riduzioni dei tassi dovrebbe creare condizioni positive per i ritorni complessivi del mercato obbligazionario.

Al centro della nostra view sul reddito fisso vi è sicuramente l’andamento dei prezzi: in particolare, negli Stati Uniti, con la progressiva attenuazione degli effetti dei dazi e dei prezzi dei servizi, prevediamo un rallentamento dell’inflazione verso l’obiettivo del 2% stabilito dalla Federal Reserve, destinato a dare vita a un quadro più stabile per gli asset sensibili alla duration. Parallelamente, la Fed è attesa continuare a ridurre i tassi di riferimento verso un livello neutrale – se non oltre, in caso di recessione – favorendo il calo dei rendimenti e il miglioramento dei ritorni complessivi.

Anche l’andamento dell’economia statunitense riveste un ruolo chiave: l’attuale divergenza tra forte crescita del Pil e indebolimento del mercato del lavoro sarà difficilmente sostenibile nel nuovo anno. Se, da un lato, l’economia Usa potrebbe registrare un’accelerazione grazie ai guadagni del settore tech, dall’altro, il rischio di una recessione, nel caso in cui l’indebolimento del mercato del lavoro si trasmettesse all’economia reale, sarebbe concreto. 

Nel nostro caso base, il credito dovrebbe mantenersi resiliente, con il carry destinato a rappresentare la principale fonte di extra-rendimenti. Fondamentali solidi, bassi tassi di default e un contesto tecnico favorevole dovrebbero continuare a supportare i mercati del credito, per quanto valutazioni elevate ne limitino il potenziale di rendimento aggiuntivo. Riteniamo che le recenti tensioni in alcune aree dei mercati pubblici e privati siano di natura idiosincratica e che il rischio di contagio verso il mercato del credito rimanga nel complesso contenuto. In uno scenario di rallentamento dell'economia, mentre la duration registrerebbe una performance positiva, i rendimenti in eccesso del credito diventerebbero probabilmente negativi.

Per il 2026 si prospetta una maggiore divergenza tra i mercati globali dei tassi, con conseguenti occasioni di valore. In particolare, vediamo del potenziale in Usa e Regno Unito, grazie a un calo dei tassi nella parte iniziale e intermedia della curva, oltre che in alcune aree dei mercati emergenti, dove la forte inclinazione delle curve appare interessante alla luce delle prospettive economiche future.

A nostro avviso, i mercati del credito stanno già in larga parte prezzando scenari macroeconomici positivi e lo spazio per un ulteriore restringimento degli spread appare limitato nel 2026. Tuttavia, riconosciamo che una crescita globale moderata potrebbe consentire agli spread di mantenersi su questi livelli per un periodo prolungato. All’interno del segmento corporate, esprimiamo una leggera preferenza per l’esposizione europea e tendiamo invece a limitare quella verso i titoli consumer statunitensi. Rispetto agli Usa, dove occorre prestare la massima attenzione alle dinamiche del mercato del lavoro e al proseguimento degli investimenti in Intelligenza Artificiale, l’Europa sembra offrire al momento un contesto più stabile, sostenuto dalla spesa pubblica e da un ambiente regolamentare più equilibrato. Vediamo valore relativo anche in alcune strutture innovative nel mercato dei mutui residenziali non garantiti da agenzie, che offrono metriche di credito solide e premi di spread interessanti. La maggior parte delle economie sviluppate dovrebbe quindi mantenersi resiliente; fa eccezione il Giappone, dove è probabile una prosecuzione del processo di normalizzazione monetaria. Le aspettative di una moderazione dell’inflazione dovrebbero favorire una correlazione negativa tra tassi d’interesse e asset rischiosi. Con rischi alla crescita orientati al ribasso, riteniamo che un’allocazione equilibrata e diversificata tra rischio duration e rischio credito metta i portafogli in una posizione adeguata ad affrontare l’incertezza del 2026.

Ripercorrendo il 2025: tra shock di policy e nuovi driver di mercato

Nel 2025 gli shock di policy, l’evoluzione della forza lavoro e gli investimenti tecnologici hanno plasmato l’economia e i mercati in modi spesso difficili da prevedere. L’inflazione si è rivelata più persistente del previsto in diverse economie sviluppate, a partire dagli Stati Uniti, dove le distorsioni di prezzo sui beni colpiti dai dazi hanno mantenuto i dati anno su anno elevati, nonostante l’andamento dei servizi sia risultato in linea con le attese. Nel Regno Unito l’inflazione è stata alimentata dalla combinazione di pressioni salariali, aumenti dei prezzi amministrati e maggiori costi commerciali. Il mercato del lavoro Usa ha registrato un indebolimento, per quanto l’aumento del tasso di disoccupazione sia stato più lento del previsto a causa del calo del tasso di partecipazione alla forza lavoro. 

Sul fronte dei mercati, negli Usa gli asset a breve duration hanno sottoperformato rispetto alle nostre attese, poiché la Fed ha effettuato meno tagli del previsto. Abbiamo invece osservato, come da attese, una sottoperformance dei titoli a più lunga scadenza nella maggior parte dei mercati sviluppati, con le pressioni fiscali che hanno contribuito a una maggiore inclinazione delle curve. Il dollaro americano si è indebolito più del previsto, guidato non da cambiamenti strutturali, bensì dal rallentamento della crescita e dalla riduzione dei differenziali dei tassi d’interesse.

Nel complesso, i mercati azionari hanno mostrato una resilienza notevole, con un rapido recupero seguito alla correzione di inizio anno, ma a colpire gli investitori è stata soprattutto l’intensità degli investimenti privati nell’AI, che hanno compensato i venti contrari legati ai dazi.

In conclusione, i deficit dei bilanci pubblici restano motivo di preoccupazione e i prossimi dodici mesi dovrebbero portare con sé ulteriori stimoli fiscali da parte delle principali economie globali, con Stati Uniti, Germania e Giappone attesi anticipare i rispettivi piani di spesa. Parallelamente, il boom tecnologico trainato dall’intelligenza artificiale è entrato in una nuova fase: le stime indicano un’accelerazione degli investimenti in capex finanziati attraverso nuove emissioni di debito, che potrebbero superare i 600 miliardi di dollari nel 2026. È raro osservare un’espansione del credito di questa portata in un contesto in cui i bilanci delle banche centrali difficilmente cresceranno abbastanza da assorbire l’ondata di nuova offerta. Sorge quindi spontanea la domanda se il mercato stia realmente incorporando in modo adeguato i rischi al rialzo per la crescita economica e per l’aumento dei premi a termine nel 2026.
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