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Ofi Invest AM: Oltre l’AI il diluvio
di Eric Turjeman, Co-CIO of Mutual Funds di Ofi Invest AM

Sembra proprio che i segnali di persistente debolezza del mercato del lavoro statunitense si siano rivelati più forti della determinazione del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell. Dopo il taglio di 25 punti base (bps), infatti, si è avuta un’ulteriore conferma di ciò che da tempo era stato scontato: siamo in un ciclo di ammorbidimento della politica monetaria che porterà verosimilmente anche altri tagli in futuro, a sostegno della crescita e della capacità delle imprese locali di generare utili.
Ma come mai la banca centrale Usa ha dovuto prendere provvedimenti accomodanti se finora le azioni e il sistema economico nazionale in generale hanno registrato una corsa che sembra non volersi fermare? Dopotutto, secondo un recente report di Bank of America, il 58% degli investitori ritiene che le azioni globali siano attualmente sopravvalutate soprattutto a causa del mercato americano, il quale oggi sta scambiando a un premio che supera del 20% la sua media storica e continua.
Tuttavia, se si va ad esaminare l’andamento di ogni comparto si può osservare una cosa che era facilmente prevedibile: questo rally è imputabile principalmente al comparto tech e, in particolare, a quei segmenti che sono strettamente correlati con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. È grazie a loro che le società americane appaiono sempre più redditizie e in grado di reggere bene il confronto con le loro controparti. Infatti, le performance che esse registrano in termini di crescita degli utili sono costantemente superiori a quelle degli altri mercati sviluppati.
Come rovescio della medaglia, questi guadagni a 12 mesi, superiori di 23 volte rispetto ai competitor esteri, rendono molto dispendioso investire nel mercato Us, anche per via degli ampi differenziali di performance che si osservano tra settori. Come già accennato, il tech continua ad essere una potenza, sostenuto anche da accordi presi tra vari player di settore come quello siglato tra Nvidia e Open AI[1], in cui la prima si impegna a investire 100 miliardi di dollari per lo sviluppo di data center della seconda. A loro volta, questi data center saranno equipaggiati con i microchip forniti da Nvidia. Attualmente, il mercato non sembra comunque curarsi di questa disparità, visti gli enormi progetti dichiarati dalle mega-cap del tech, i quali dovrebbero anche offrire una visione chiara sull’ammontare degli investimenti che saranno fatti in futuro. Solo il tempo ci dirà se questi saranno anche profittevoli.
Tuttavia, se si esamina l’azionario statunitense escludendo i cosiddetti Magnifici 7, si osserva come l’andamento economico e finanziario delle imprese locali non sia affatto brillante. Ciò si ripercuote anche sull’intero sistema economico del Paese, il quale, se non si tiene conto degli investimenti in AI, appare molto meno solido. L’indice S&P 493 (ovvero l’S&P 500 senza i Magnifici 7) è attualmente scambiato a oltre 20 volte gli utili, mentre la crescita stimata di questi ultimi è solo del 5%. Pertanto, se gli Stati Uniti vogliono ricevere un’ulteriore spinta, bisogna che i guadagni accelerino entro la fine dell’anno. Ecco cosa giustifica l’atteggiamento più “business-friendly” adottato dalla Fed.
A partire da agosto, anche in Europa i dati hanno iniziato a segnalare un peggioramento dell’economia, soprattutto in Germania. A partire da settembre è andata diminuendo anche la fiducia dei manifatturieri a causa degli accordi commerciali sfavorevoli stretti con gli Usa e una società dopo l’altra ha annunciato massicci piani di ristrutturazione. Nonostante ciò, i mercati continuano a guardare con attenzione al piano di stimolo fiscale in atto nel paese, in attesa che questo inizia a far vedere i suoi effetti sulla domanda interna.
Ci sono però anche aspetti positivi: il miglioramento delle condizioni finanziarie fa ben sperare per le prospettive di crescita dell’Eurozona nel 2026, con effetti positivi sugli utili, che quest’anno verosimilmente otterranno risultati inferiori alle attese, ma il prossimo dovrebbero notevolmente migliorare. A supporto di questa conclusione anche il fatto che l’azionario europeo non è più scambiato al di sotto del suo valore.
Alla luce di quanto si osserva su Stati Uniti e Unione Europea, noi di Ofi Invest AM continuiamo a prediligere un posizionamento neutrale verso l’azionario di questi mercati. Infatti, a nostro avviso l’equity è correttamente prezzato dai mercati e non vediamo particolari margini di rialzo da qui alla fine del 2025. Al contrario, la nostra esposizione è maggiore verso il Giappone, dove la recente nomina di Sanae Takaichi a premier e le prospettive di nuovi incentivi fiscali dovrebbero generare una spinta per l’economia del Sol Levante.