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Occupazione USA: la nebbia (non) si dirada

di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel
 
Occupazione USA: la nebbia (non) si dirada
Dopo settimane di attesa, con il più lungo shutdown della storia degli Stati Uniti che ha paralizzato per 43 giorni la pubblicazione delle statistiche, oggi sono stati finalmente resi noti i dati ufficiali sull'occupazione di settembre. Tuttavia, nonostante l’attesa, è difficile presagire una chiarezza immediata. Anzitutto, siamo ormai alle soglie di dicembre, mentre le rilevazioni odierne riguardano settembre, un mese per cui il consensus Bloomberg stimava un incremento di soli 50.000 nuovi posti di lavoro, la previsione mensile più bassa dal dicembre 2020, quando le chiusure dovute al Covid-19 avevano fatto crollare le aspettative sui Non Farm Payrolls.

I dati effettivi pubblicati oggi sono risultati leggermente superiori: +119.000 nuovi occupati, con un tasso di disoccupazione salito al 4,4%. Un dato che attenua solo marginalmente le preoccupazioni, poiché la traiettoria della disoccupazione resta orientata verso l’alto e costituisce oggi il principale elemento di incertezza. Inoltre, dopo le revisioni, il dato di agosto è risultato negativo e la media mobile trimestrale si attesta ora a +62.000 posti di lavoro al mese, un livello considerato debole e inferiore a quello che molti economisti ritengono il “break-even”, ossia la soglia minima necessaria per mantenere stabile il tasso di disoccupazione. È quindi difficile immaginare che una singola lettura – peraltro su un mese ormai lontano – possa modificare sostanzialmente il quadro congiunturale.

Le criticità non finiscono qui. Il margine di errore statistico, pari a ±136.000 unità per la prima stima mensile al 90% di confidenza, rende un dato di 50.000 potenzialmente compatibile con un risultato reale compreso tra –86.000 e +186.000. Anche per questo motivo, le revisioni assumono un peso rilevante: nei tre mesi terminati a luglio, le revisioni nette hanno sottratto 274.000 posti di lavoro (-91.000 al mese), mentre su un orizzonte di sei mesi la media delle revisioni è stata di -81.000 posti. L’ultima volta che ci si è trovati su livelli comparabili risale a giugno 2024 e luglio 2020, all’indomani della recessione post-pandemica. Un ulteriore elemento di cautela riguarda il modello “nascita-morte” (birth-death model) utilizzato dal Bureau of Labor Statistics per stimare l’occupazione generata da imprese che aprono o chiudono. In fasi economiche di transizione questo modello tende a sovrastimare la creazione di posti di lavoro. Ad agosto, l’86% della crescita netta dell’occupazione negli ultimi 12 mesi è stata attribuita proprio al modello, la quota più alta dal 2003. Un precedente simile si era registrato nel gennaio 2008, quando la recessione era già iniziata. Le comparazioni con i dati reali sulle aperture e chiusure di imprese dell’indagine QCEW suggeriscono che la crescita dei Non Farm Payrolls possa essere stata sovrastimata di circa 90.000 unità al mese. In altri termini, è plausibile che l’occupazione abbia iniziato a contrarsi nel corso del 2025, nonostante i dati ufficiali suggeriscano il contrario.

In questo contesto, le implicazioni di politica monetaria restano delicate. Il moderato aumento dei salari continua a sostenere il reddito aggregato delle famiglie, ma il bilancio complessivo dei rischi appare rivolto verso un ulteriore indebolimento del mercato del lavoro nei prossimi 6–12 mesi, accompagnato da un possibile aumento del tasso di disoccupazione. Poiché le pressioni inflazionistiche sembrano sotto controllo, il graduale peggioramento del mercato del lavoro potrebbe rappresentare un argomento a favore di ulteriori riduzioni dei tassi, con un possibile ritorno del tasso di riferimento della Fed verso un livello neutrale, attorno al 3%, entro il 2026.  Il Comitato potrebbe essere diviso, ma un taglio dei tassi nella riunione di dicembre rimane un’ipotesi concreta.

In sintesi, la maggior parte degli indicatori converge sull’idea che l’economia stia entrando in una fase di rallentamento occupazionale. La “nebbia” sui dati difficilmente si diraderà rapidamente: l’effetto combinato dello shutdown, dei ritardi statistici, dei margini di errore ampi e delle revisioni sostanziali rende complesso affidarsi a una singola lettura mensile per trarre conclusioni definitive. Sarà dunque necessario interpretare i prossimi dati con prudenza, riconoscendo che il mercato del lavoro potrebbe già trovarsi su un percorso più debole di quanto indichino i numeri ufficiali.
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