Politica

Meloni all’Onu tra guerra, migrazioni e transizione verde: "Serve il coraggio di riformare davvero"

di Redazione
 
Meloni all’Onu tra guerra, migrazioni e transizione verde: 'Serve il coraggio di riformare davvero'
Un attacco frontale alla Russia per l’invasione dell’Ucraina, una critica esplicita a Israele per avere “superato il limite della proporzionalità” nella risposta ad Hamas, e un invito a ripensare dalle fondamenta l’architettura delle Nazioni Unite. Dalla tribuna dell’Assemblea generale, Giorgia Meloni ha condensato in 16 minuti un’agenda di rottura che tocca sicurezza, diritti, migrazioni e politica industriale. Parole nette, pronunciate in italiano davanti a un’aula sfoltita dal tardo orario, e intrecciate dall’idea che “multilateralismo, dialogo e diplomazia, senza istituzioni che funzionano, sono solo parole vuote”.

La premier ha aperto con la guerra “a pezzi” evocata da Papa Francesco, ricordando i 56 conflitti censiti nel 2024 e indicando nella Russia il principale fattore di destabilizzazione: Mosca, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, “ha calpestato l’articolo 2 della Carta Onu”, violando l’integrità territoriale dell’Ucraina e rifiutando “seri inviti alla pace”. Da quella “ferita profonda al diritto internazionale”- ha detto - si sono irradiati nuovi focolai di crisi e una crescente disunione nel sistema multilaterale.

Sul Medio Oriente, Meloni ha tenuto insieme condanna degli attacchi di Hamas del 7 ottobre e censura severa della risposta israeliana: “Israele ha oltrepassato il limite del principio di proporzionalità, infrangendo le norme umanitarie e causando una strage tra i civili”. Una posizione che, annuncia, guiderà il voto italiano “favorevole ad alcune sanzioni proposte dalla Commissione europea”, pur senza “scaricare su Israele tutta la responsabilità” del conflitto. La strada d’uscita, per la presidente del Consiglio, resta politica: rilascio degli ostaggi, cessate il fuoco permanente, esclusione di Hamas da ogni ruolo di governo, ritiro graduale da Gaza e prospettiva concreta dei “due Stati”. Di qui l’adesione italiana alla Dichiarazione di New York e un paletto: Israele “non ha il diritto di impedire” la nascita di uno Stato palestinese né di espandere insediamenti in Cisgiordania per ostacolarla.

Il baricentro del discorso si sposta poi sulla riforma del Palazzo di Vetro. “Il Palazzo di Vetro deve essere anche una Casa di Vetro”, ha scandito Meloni, chiedendo un’Onu più agile, trasparente e rappresentativa. No a “nuove gerarchie” e a “nuovi seggi permanenti” che non risolverebbero la paralisi decisionale; sì a una revisione pragmatico-realista, in sintonia con l’approccio Uniting for Consensus. Il tema delle regole torna anche su migrazioni e asilo: convenzioni “anacronistiche”, nate prima delle migrazioni di massa e delle reti criminali dei trafficanti, che, “interpretate in modo ideologico da magistrature politicizzate”, finiscono per “calpestare il diritto”. La proposta è aggiornarle per conciliare tutela dei diritti fondamentali e sovranità degli Stati nel governo dei confini.

C’è poi l’Africa, terreno chiave del Piano Mattei, cooperazione “senza secondi fini”, partenariati pubblico-privati, infrastrutture strategiche e strumenti finanziari innovativi. Meloni rivendica progetti su sicurezza alimentare, intelligenza artificiale per lo sviluppo, corridoi logistici e la conversione di quote di debito dei Paesi meno sviluppati in investimenti in loco. L’obiettivo dichiarato è legare crescita e stabilità, lavorando con Onu, Ue, G7, Unione Africana e Banca Africana di Sviluppo.

Infine, la frustata alla transizione verde “a tavolino. Meloni non nega il cambiamento climatico, ma attacca “l’ecologismo insostenibile” che, a suo dire, avrebbe “quasi distrutto il settore dell’automobile in Europa”, generando deindustrializzazione prima ancora della decarbonizzazione. La ricetta indicata èneutralità tecnologica e gradualismo”, per evitare che i costi gravino sui ceti medio-bassi e per non “scivolare nel deserto industriale, dove non c’è nulla di verde”.

La premier costruisce un filo che lega la forza del diritto alla riforma delle istituzioni, il realismo geopolitico alla tutela degli innocenti, la sovranità alla cooperazione internazionale. Un impianto assertivo che riflette la postura italiana di questi mesi, che si sostanzi in sostegno a Kiev, pressione su Gerusalemme per il rispetto del diritto umanitario, protagonismo sul dossier africano, richiesta di ricalibrare politiche climatiche e cornici giuridiche su migrazioni e asilo. In chiusura, la citazione di San Francesco - “i combattimenti difficili sono riservati a chi ha un coraggio esemplare”- diventa una chiamata alle armi della politica: mostrare, oltre le parole, quel coraggio riformatore che il tempo presente pretende.
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