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Le determinanti dei mercati obbligazionari nel mese di giugno

di Marco Giordano, Investment Director di Wellington Management
 
Le determinanti dei mercati obbligazionari nel mese di giugno
Negoziati sui dazi. Il tema centrale che influenza i mercati globali rimane quello dei dazi, come è stato fin dall'inizio dell'anno. Tra Stati Uniti e Cina è stato raggiunto un accordo sulle tariffe reciproche che prevede una riduzione delle aliquote complessive al 55% per la Cina e al 10% per gli Stati Uniti, rispetto ai precedenti livelli del 145% e 125%, rappresentando così un significativo allentamento, accolto favorevolmente dai mercati. Anche l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno conseguito progressi verso un potenziale accordo commerciale, sebbene questo risulti ancora non definitivo.

Sezione 899. La Sezione 899 è stata rimossa dal disegno di legge statunitense denominato “One, Big, Beautiful Bill” (OBBB) poco prima della sua approvazione alla Camera dei Rappresentanti. La proposta aveva suscitato preoccupazione tra gli investitori non statunitensi e avrebbe potuto ostacolare in modo significativo i flussi di portafoglio verso asset statunitensi, a causa dell'incertezza relativa alla potenziale entrata in vigore e all'ambito applicativo della misura. In origine, la sezione prevedeva una tassazione compresa tra il 5% e il 20% sugli investimenti provenienti da entità appartenenti a “Paesi stranieri discriminatori”, come identificati dal Tesoro degli Stati Uniti in base all'applicazione di tasse considerate “inique” verso soggetti o entità statunitensi. Il Segretario del Tesoro, Scott Bessent, ha richiesto al Congresso l’eliminazione di questa disposizione a seguito di un accordo raggiunto con i leader del G7 per esentare le società statunitensi dalle proposte OCSE relative all'introduzione di un regime fiscale minimo globale. L'annuncio relativo alla rimozione della sezione ha contribuito a ridurre le preoccupazioni riguardanti i flussi di investimento esteri negli Stati Uniti.

Decisioni di politica monetaria. Il FOMC ha mantenuto invariati i tassi di interesse a giugno, riducendo le previsioni di crescita e aumentando quelle per inflazione e tasso di disoccupazione. La Fed continua a prevedere un taglio dei tassi di 50 punti base nel corso dell’anno, coerentemente con le attese del mercato. Durante la conferenza stampa dopo la riunione, il presidente Jerome Powell ha affermato che molte aziende trasferiranno una parte degli aumenti dei prezzi dovuti ai dazi ai clienti. Nell’audizione semestrale al Congresso, la settimana successiva, Powell ha sottolineato che la Fed non intende ridurre i tassi nell’immediato. A metà anno, la politica monetaria statunitense rimane più restrittiva rispetto a quella delle altre principali banche centrali. Sempre a giugno, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone hanno mantenuto i tassi invariati; la Banca Centrale Europea (BCE) ha invece ridotto i tassi di policy di 25 punti base, portandoli al 2%, come previsto dai mercati e in linea con l’intervallo neutrale. Christine Lagarde, Presidente della BCE, ha dichiarato che la banca centrale “è vicina a concludere un ciclo di politica monetaria che ha affrontato diversi shock” ed “è pronta” ad affrontare eventuali incertezze nell’area euro, in particolare riguardo ai dazi. Nel mese di giugno anche la Riksbank svedese, la Norges Bank norvegese e la Banca nazionale svizzera hanno abbassato i tassi di interesse. In Svizzera, i tassi di riferimento sono tornati allo 0% per la prima volta dal 2022, e, pur mostrandosi disposti a tagliare ulteriormente i tassi, i policymaker dimostrano cautela nel riportarli in territorio negativo.

La politica fiscale degli Stati Uniti. La legge “One Big Beautiful Bill”, approvata dal Congresso con alcuni emendamenti del Senato e firmata il 4 luglio, rappresenta una decisione politica significativa: prevede uno stimolo fiscale nel 2026, seguito da un inasprimento fiscale e da un cambiamento nelle prospettive del rapporto debito/PIL. Il costo stimato è di 3,9 miliardi di dollari per il prossimo decennio: deregolamentazione nei settori dei servizi finanziari, dell'energia e dell'intelligenza artificiale; stimolo fiscale pari quasi all’1,0% del PIL, suddiviso tra sostegno ai consumi e incentivi agli investimenti, destinato a compensare l’effetto dei dazi; le misure protezionistiche nella politica commerciale risultano ridotte, con maggiore chiarezza sui dazi effettivi; impatti sulle amministrazioni statali e locali a seguito di modifiche o riduzioni della politica Medicaid; persistenza di restrizioni sull’immigrazione; nomina di un presidente della Fed con una posizione più accomodante dopo la sostituzione di Powell. Nonostante alcune difficoltà cicliche e legate a politiche a breve termine, i mercati stanno iniziando a considerare questi potenziali cambiamenti politici. L’approvazione della legge riflette una tendenza osservata dai nostri strategist nel delineare le nostre prospettive macroeconomiche nei mercati sviluppati: invece di intraprendere un consolidamento dei conti pubblici e alla riduzione dei disavanzi, i governi propendono per il mantenimento dello stimolo fiscale, nonostante mercati del lavoro già in tensione e un contesto economico favorevole, con un conseguente ulteriore deterioramento della sostenibilità delle finanze pubbliche.

I dati economici mostrano risultati divergenti. Negli Stati Uniti, gli indicatori economici sono stati generalmente più deboli del previsto, con una diminuzione della fiducia dei consumatori attribuibile alle crescenti preoccupazioni sul mercato del lavoro e alle incertezze legate ai dazi. Anche le vendite al dettaglio hanno registrato valori inferiori rispetto alle previsioni. Gli ordini industriali e la produzione manifatturiera sono diminuiti, segnalando un indebolimento della domanda sottostante. In modo analogo, la fiducia dei consumatori nell'area dell'euro è scesa ulteriormente nel mese di giugno e i PMI manifatturieri sono rimasti in territorio di contrazione, influenzati dall'instabilità geopolitica e dall’incertezza legata ai dazi. In Germania, l'indice IFO sul clima economico è aumentato grazie a un miglioramento del sentiment nel settore dei servizi e delle costruzioni, mentre il PMI manifatturiero del Regno Unito è salito a 47,7 ma resta sotto i livelli di crescita per via della domanda globale debole. In Cina, i dati industriali hanno risentito dell'impatto dei dazi su domanda e fiducia interna. In Giappone i segnali sono stati contrastanti: la disoccupazione è stabile, ma gli ordini di macchinari e i prezzi alla produzione risultano in calo. Per il momento, i mercati del lavoro stanno dimostrando una certa resilienza; sebbene in vari Paesi il tasso di disoccupazione sia aumentato nell'ultimo anno, negli Stati Uniti e nel Regno Unito esso resta inferiore al 5%, mentre nell’area dell’euro si mantiene su livelli minimi da decenni.

Riduzione della scadenza del debito. In seguito all'annuncio di marzo del Debt Management Office del Regno Unito relativo alla volontà di ridurre la quota di emissioni di obbligazioni a lunga scadenza, anche gli Stati Uniti potrebbero prendere in considerazione questa opzione. Il Segretario Bessent ha affrontato l'argomento, considerando gli attuali elevati livelli dei rendimenti delle obbligazioni con scadenza a 20 e 30 anni. A parità di altre condizioni, una contrazione dell'offerta rispetto alle attese dovrebbe sostenere i prezzi delle obbligazioni a lunga scadenza. Tale dinamica risulterebbe favorevole per gli investitori obbligazionari posizionati su queste scadenze, alla luce del significativo irripidimento delle curve osservato nell'anno corrente.

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