L'ottimismo, per la prima volta da mesi, non è più solo una speranza, ma una direttiva politica imposta con la forza di un ultimatum. La pace tra Israele e Hamas entra in una fase decisiva, con l'ex presidente statunitense Donald Trump che, da una piattaforma social, ha annunciato una svolta potenzialmente storica: "Israele ha accettato la linea di ritiro iniziale, che abbiamo mostrato e condiviso con Hamas".
L'annuncio, diffuso da Trump su Truth, certifica il primo passo formale di Tel Aviv verso un allentamento dell'offensiva, subordinato alla conferma da parte di Hamas. La promessa è immediata e drammatica: "Quando Hamas confermerà, il cessate il fuoco entrerà in vigore immediatamente, inizierà lo scambio di ostaggi e prigionieri e creeremo le condizioni per la fase successiva del ritiro, che ci avvicinerà alla fine di questa catastrofe di 3000 anni".
La mossa del tycoon, che mira apertamente al Premio Nobel per aver fermato "l'ottava guerra", è accompagnata da un monito perentorio: "non tollererò ritardi, che molti pensano avverranno, né alcun esito in cui Gaza rappresenti nuovamente una minaccia. Facciamolo, in fretta".
La chiave di volta del piano resta infatti lo smantellamento del potere militare di Hamas: dovrà essere "disarmato, diplomaticamente tramite il piano di Trump o militarmente da parte nostra", aveva chiarito in precedenza il premier Benjamin Netanyahu. La pressione americana non è stata solo pubblica. In un'intervista esclusiva a Channel 12, Trump ha rivelato di aver detto a Netanyahu: "Bibi, questa è la tua occasione per vincere". Un messaggio che suona anche come un rimprovero velato: "Bibi è andato troppo oltre e Israele ha perso molto sostegno nel mondo. Ora io restituirò tutto quel sostegno".
La notizia è stata accolta con favore internazionale, con l'Italia, tramite la Premier Meloni, che ha espresso sostegno agli sforzi di Trump, e la Francia di Macron che ha parlato di cessate il fuoco "a portata di mano".
L'accettazione israeliana del piano è stata definita da fonti interne come un atto di necessità politica per preservare l'alleanza "indispensabile" con Trump. Netanyahu, in serata, aveva dettato le sue apparenti "linee rosse" -l'IDF non si sarebbe mossa dalla Striscia. L'accettazione della "linea di ritiro iniziale" rappresenta dunque un delicato compromesso.
L'alto funzionario israeliano che ha previsto il rilascio degli ostaggi "entro pochi giorni", se i colloqui andranno a buon fine, ha anche assicurato che questi rapidi sviluppi sono stati "pienamente coordinati" fra Trump e Netanyahu. Tuttavia, la tenuta della coalizione nazionalista religiosa di Bibi, fortemente contraria a qualsiasi concessione e favorevole al proseguimento della guerra, resta il principale ostacolo interno.
La macchina diplomatica, grazie all'accelerazione impressa da Trump, è già partita. Fonti di stampa delle ultime ore confermano che i negoziati per l'attuazione del piano inizieranno domani in Egitto. La delegazione israeliana sarà guidata dal ministro Ron Dermer, affiancata dall'inviato americano Steve Witkoff, già in viaggio per Il Cairo.
Sul terreno, intanto, la situazione è passata da un'offensiva intensa a una "relativa calma". L'IDF ha ricevuto la direttiva di limitare gli attacchi ai soli casi di minaccia diretta alle proprie forze, in sintonia con la richiesta di Trump di "fermare immediatamente i bombardamenti su Gaza". Nonostante ciò, la protezione civile di Hamas ha riportato un tragico bilancio di 57 morti negli attacchi dall'alba, prima della tregua di fatto.
L'accordo, come un fragile mosaico, dipende ora dai dettagli che verranno messi nero su bianco sui tavoli negoziali egiziani.