L’innovazione non è solo un concetto ricorrente nelle strategie economiche o un tema confinato al dibattito accademico. E’ il terreno su cui si gioca la capacità di un Paese di creare e garantire competitività. Guardarsi intorno e capire come, a livello globale, ricerca scientifica, brevetti e capitali per le nuove imprese si concentrino sempre più in pochi poli di eccellenza, è fondamentale per chi, come noi studenti, prova a immaginare il proprio futuro in un mondo che corre veloce.
Il Global Innovation Index 2025 mostra come il cuore del progresso tecnologico mondiale pulsi in grandi cluster urbani, ovvero i gruppi strategici che uniscono con efficienza università di prestigio, imprese tecnologiche e capitali di rischio.
Shenzhen–Hong Kong–Guangzhou è oggi il primo centro globale, seguita da Tokyo–Yokohama e dalla Silicon Valley. Questi centri non solo producono brevetti e pubblicazioni scientifiche, ma attraggono venture capital in quantità tali da alimentare un ciclo continuo di ricerca, start-up e crescita industriale.
Secondo i dati GII, la zona Euro fatica a tenere il passo dei colossi mondiali. Parigi, Monaco e Berlino figurano nella classifica dei primi 30 poli, ma con un peso molto inferiore rispetto ai giganti asiatici e statunitensi. La concentrazione di risorse in pochi hub globali rischia di ampliare il divario tra aree capaci di attrarre giovani talenti e territori che faticano a inserirsi nelle catene globali dell’innovazione.
Lo studio condotto dalla Banca d’Italia pubblicato nel luglio 2025 colloca il nostro Paese in una posizione intermedia nelle classifiche sull’innovazione, con performance buone nella produzione scientifica ma deboli nella brevettazione e nel trasferimento tecnologico.
Negli ultimi quindici anni, le pubblicazioni scientifiche italiane in ambito STEM sono cresciute del 60%, con un ruolo trainante delle scienze mediche. Questo risultato è sorprendente se si considera che il nostro Paese investe in istruzione terziaria appena l’1% del PIL, contro l’1,3% della media europea.
"Per ogni euro speso nell'istruzione terziaria, 62 centesimi sono destinati ai salari degli insegnanti, 32 centesimi sono impiegati nella ricerca e sviluppo(R&S) e 6 centesimi sono utilizzati per i servizi ancillari, una ripartizione analoga alla media OCSE. Ne consegue che, data l’esiguità dei fondi, la spesa complessiva in R&S svolta in università sia bassa nel confronto internazionale". - Questioni di Economia e Finanza, luglio 2025.
Tuttavia, ai progressi della ricerca non corrisponde una capacità equivalente di trasformare conoscenza in brevetti e modernizzazioni industriali. Nel 2024, la Germania ha depositato un numero di brevetti cinque volte superiore a quello italiano. Il nodo cruciale resta la spesa in ricerca e sviluppo: 1,31% del PIL in Italia, contro una media europea ben più alta. Meno risorse in R&S significano meno possibilità di attrarre capitali privati, meno start-up competitive e, in prospettiva, meno occupazione qualificata per noi giovani.
Per le nuove generazioni, questo quadro presenta una duplice dimensione. Da un lato non si contano le opportunità globali con programmi di mobilità, dottorati internazionali e start-up che nascono nei grandi centri tecnologici. Dall’altro rimane la necessità e la sfida di rafforzare le basi nazionali, perché non tutti potranno o vorranno spostarsi all’estero.
Il rischio concreto è che la distanza tra università italiane e poli globali del progresso si traduca in un’ulteriore e definitiva fuga di cervelli. Eppure, proprio i talenti emergenti possono diventare attori centrali nel ridurre questo divario, a condizione che istituzioni e imprese creino un ecosistema favorevole.
In futuro, il nostro obiettivo sarà osservare e raccontare i tentativi, grandi o piccoli, con cui istituzioni, imprese, ricercatori e studenti proveranno a colmare i divari e a rafforzare l’idea di futuro per il sistema economico europeo.
Resta una domanda aperta: riusciremo a trasformare in tempo il nostro potenziale creativo e scientifico in un motore di crescita condivisa, capace di contrastare le potenze globali?
Nella foto: Autore, metamorworks, ringraziamenti a Getty Images