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Cosa si muove sotto la superficie del Rally?
del team di gestione di Pharus

Una fragile tregua tra Israele e Iran ha favorito il calo delle materie prime e dei rendimenti obbligazionari, mentre i mercati azionari hanno accelerato verso la fine del trimestre e per la prima volta da inizio febbraio, gli indici si trovano sui massimi e gli amanti dell’analisi tecnica festeggiano un nuovo “golden cross” (l’incrocio tra la media mobile a 50 e 200 giorni).
Il rally successivo al “Giorno della Liberazione” è stato trainato in gran parte dal settore tech, dalle large cap, e concentrato sul mercato statunitense. Per alcuni, si tratta di un semplice ritorno alla normalità; per altri, è il segnale di un entusiasmo ancora fragile e poco diffuso.
Entrambe le preoccupazioni che hanno guidato la correzione dei mercati tra febbraio ed aprile, ovvero i dazi e l’avvento di DeepSeek, si sono attenuate ed il mercato rialzista è ripreso. Trump ha infatti iniziato a moderare la sua posizione sui dazi il 9 aprile e le società di intelligenza artificiale americane hanno ribadito il loro impegno a spendere decine di miliardi di dollari in investimenti di capitale nell'intelligenza artificiale durante la stagione degli utili del primo trimestre.
Il titolo Nvidia ha toccato questa settimana nuovi massimi, per la prima volta da gennaio. L'attuale capitalizzazione di mercato di Nvidia è di 3,8 trilioni di dollari, parliamo dell'azienda di maggior valore al mondo, che supera Microsoft e Apple.
Si tratta di un risultato impressionante se si considera che il mese scorso il CEO di Nvidia aveva dichiarato che "Il mercato cinese da 50 miliardi di dollari è di fatto chiuso all'industria statunitense". Nonostante questo Il comparto dei semiconduttori si è dimostrato non solo resiliente, ma trainante e lo stesso CEO di NVIDIA ha lanciato in settimana un messaggio molto rialzista durante l'assemblea annuale degli azionisti dichiarando di essere solo all'inizio di un decennio di sviluppo dell'infrastruttura di intelligenza artificiale con la domanda di AI da parte degli governi che sta crescendo in tutto il mondo, con "opportunità multimiliardaria" nell'intelligenza artificiale e nella robotica.
Ma questa settimana il catalizzatore principale è stato un altro ovvero la fine – almeno formale – della cosiddetta “guerra dei 12 giorni” tra Iran e Israele. Trump ha dichiarato la tregua, anche se gli scambi di accuse e tensioni tra i due paesi non si sono del tutto placati. Il mercato ha comunque reagito in modo positivo con l’S&P 500 che si è riportato sui massimi storici, aiutato anche dal brusco calo del prezzo del petrolio, sceso sotto quota 66 dollari.
Powell ha espresso preoccupazione per il possibile effetto inflattivo dei dazi voluti dall’amministrazione Trump, ma per ora si tratta più di un’allerta teorica che di un orientamento operativo. La Fed mantiene un atteggiamento prudente, anche alla luce di dati occupazionali che indicano un rallentamento moderato, ma non allarmante ed un PCE che si mantiene leggermente al di sopra delle attese. Intanto, il rendimento del Treasury decennale è sceso al 4,25%, riflettendo il crescente scetticismo sulla reale resilienza dell’economia. Il movimento al ribasso è iniziato dopo la revisione del PIL reale del primo trimestre, corretta da -0,2% a -0,5%.
Nel frattempo, all’interno della Fed il dibattito si intensifica: Powell resta cauto, ma alcuni membri del FOMC si dichiarano pronti ad agire già da luglio, qualora l’inflazione si confermasse sotto controllo. A rafforzare la narrativa di una politica monetaria più accomodante ha contribuito anche Morgan Stanley, che prevede ben sette tagli dei tassi nel 2026 — una stima molto più aggressiva rispetto alle attese della Fed e dei mercati. Le divergenze aumentano, e il pressing politico si fa sempre più evidente.
La politica monetaria della Fed (moderatamente restrittiva, nella definizione di Powell) sembrerebbe infatti avere le ore contate. Da una parte Trump si appresta a nominare con largo anticipo Waller o Warsh come prossimo governatore. Waller, ricordiamo, è pronto a fare 6-7 tagli dei tassi da qui alla fine del 2026. Dall’altra parte, sta per arrivare la deregulation, con la riforma dei limiti di leva delle banche americane, fortemente voluta da Bessent. È una sorta di anti Basilea che aumenta lo spazio di leva delle banche, che potranno comprare più Treasuries ed erogare più crediti al settore privato. L’aumento della leva delle banche avrà in pratica gli stessi effetti del Quantitative easing senza attrarre tutta l’attenzione e le critiche come il QE ha sempre fatto e senza dipendere troppo dalla Fed.
Il vero nodo, oggi, è il dollaro. Stiamo assistendo a un progressivo indebolimento del biglietto verde, un fenomeno che, come abbiamo già analizzato in un precedente podcast, potrebbe essere solo all’inizio. A guidarlo non sono solo le politiche di Trump, né tantomeno un semplice repricing degli asset USA, ma dinamiche più profonde legate ai flussi di copertura valutaria da parte dei grandi investitori istituzionali internazionali.
Le correlazioni storiche tra dollaro ed equity stanno saltando, e questo potrebbe portare a vendite importanti di USD per riequilibrare posizioni troppo esposte al rischio cambio.
La settimana segna anche la vittoria diplomatica di Trump in ambito NATO – con l’impegno dell’Unione Europea a portare la spesa per la difesa al 5% del PIL, e come è naturale che sia tra gli investitori europei non si parla d’altro che di titoli della difesa.
Il vero punto critico rimane l’eccessiva sicurezza dei mercati. Oggi il premio al rischio sugli l’equity statunitensi e molto basso e gli spread creditizi sono compressi ai minimi storici. Tutto sembra prezzato a livelli che non possono essere ancora definiti di bolla ma che lasciano poco margine di sicurezza e poco spazio ad eventuali disattese.
Le migliori opportunità si stanno spostando, silenziosamente, fuori dal perimetro tradizionale dell’eccezionalismo americano. È in questo contesto che diventano interessanti i settori difensivi, che certamente non sono caratterizzati dalle iper-crescite del settore tech, ma che sono ad oggi sottovalutati e totalmente snobbati dagli investitori con le valutazioni relative dei settori difensivi oggi sui minimi storici ed a livelli visti solo nella bolla tech del 2000.
E lo stesso discorso vale per le small cap e per l’azionario globale rispetto a quello USA. Nel frattempo, la crescita degli utili al di fuori degli Stati Uniti continua a convergere verso una crescita generalizzata dell`8% praticamente per tutte le economie globali.
Anche in termini di crescite di utili Il terreno di gioco si sta quindi livellando a livello globale, il che potrebbe fornire il catalizzatore tanto atteso per innescare un'inversione più duratura a favore dei mercati internazionali.