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Come l’inflazione potrebbe plasmare la politica monetaria nel 2025

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*
 

In molte economie sviluppate l’inflazione si sta ormai avvicinando all’obiettivo del 2%, spingendo le Banche Centrali ad avviare un processo di graduale allentamento della politica monetaria. Tuttavia, le prospettive rimangono incerte e l’inflazione potrebbe continuare a giocare un ruolo chiave nelle decisioni dei policymaker e nell’evoluzione dei mercati, anche nel corso del 2025.   

 

Analizzando più nel dettaglio le varie componenti, però, emerge che il miglioramento del dato complessivo dipende principalmente dal raffreddamento dell’inflazione relativa ai beni, mentre quella relativa ai servizi, pur essendo rallentata, rimane comunque elevata rispetto agli standard storici sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti, dove il dato annuale, escluso il settore abitativo, ha addirittura subito un’accelerazione negli ultimi mesi.


L’aumento dei prezzi dei servizi è strettamente legato all’andamento del mercato del lavoro: in UK crescita salariale e prezzi dei servizi restano elevati rispetto all’inflazione complessiva. Sebbene il mercato del lavoro negli Stati Uniti e nel Regno Unito stia mostrando segnali di rallentamento, infatti, permane una certa rigidità, con tassi di disoccupazione ancora contenuti e carenze di manodopera in alcuni settori. Inoltre, la crescita salariale continua a superare i livelli che le Banche Centrali considerano ottimali. 

 

Non si possono ignorare le conseguenze che un’elevata inflazione dei servizi ha sulla politica monetaria: nel corso dell’ultima riunione della Federal Reserve, alla luce dell’incertezza delle prospettive inflazionistiche, i policymaker hanno dichiarato di voler mantenere un approccio cauto nella riduzione dei tassi, portando a una revisione sostanziale delle previsioni degli investitori sull’andamento dei tassi d’interesse Usa. Si mostra la proiezione del mercato per il tasso di politica monetaria statunitense, evidenziando come negli ultimi mesi le aspettative per il tasso sui Fed Funds a dicembre 2025 siano cambiate drasticamente, in risposta alla resilienza dei dati macroeconomici Usa. Ad oggi, i mercati finanziari prezzano solo due o tre tagli dei tassi per il prossimo anno, un numero significativamente inferiore rispetto alle previsioni di qualche mese fa.

 

Lo scenario attuale riflette i timori di una nuova accelerazione dell’inflazione in presenza di tassi d’interesse più bassi, soprattutto perché i prezzi relativi ai servizi restano elevati e l’aumento dei dazi a livello globale potrebbe tradursi in prezzi più alti per i beni importati. 

In base alla riduzione del numero di tagli attesi per il 2025, gli investitori sembrano già, almeno in parte, aver considerato l’eventualità di un nuovo scatto dell’inflazione, e questo ci rende ancora cauti nell’aumentare l’esposizione alle obbligazioni a più lunga scadenza. Potremmo dover convivere con tassi d’interesse elevati ancora per un po’ di tempo.



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