L’Italia scala la classifica dei Paesi più tassati al mondo e, secondo il rapporto Revenue Statistics diffuso dall’Ocse, nel 2024 raggiunge il quarto posto tra le economie avanzate per incidenza della pressione fiscale sul Pil. Il dato preliminare, 42,8%, in aumento rispetto al 41,5% del 2023, segna un nuovo massimo e conferma un trend di crescita che riporta il Paese ai vertici della tassazione internazionale. Un balzo significativo, considerando che nelle statistiche definitive del 2023 l’Italia figurava all’ottavo posto.
Tassazione record, l’Italia sale al quarto posto Ocse, nel 2024 il prelievo tocca il 42,8% del Pil
Al vertice della graduatoria resta per il secondo anno consecutivo la Danimarca, dove il prelievo fiscale raggiunge il 45,2% del Pil, in aumento rispetto al 44% dell’anno precedente. Seguono Francia (43,5%, in lieve calo dal 43,9%) e Austria (43,4%, contro il 42,6% del 2023). Sul fronte opposto, il Messico mantiene il primato della fiscalità più leggera con un rapporto tasse/Pil del 18,3%, pur in aumento rispetto al 17,7% dell’anno precedente.
A livello complessivo, il rapporto medio nell’area Ocse sale dal 33,7% al 34,1%, con 22 dei 36 Paesi analizzati (su un totale di 38 membri) che registrano un incremento del prelievo nel 2024. L’aumento più marcato si osserva in Lettonia, dove la pressione fiscale balza di 2,4 punti percentuali al 34,9%, seguita dalla Slovenia (+1,9 punti, al 38,3%). Il calo più significativo si verifica invece in Colombia, con una riduzione di 2,2 punti. Anche Corea e Norvegia registrano un arretramento superiore a un punto percentuale.
Tra le principali economie avanzate, la Germania sale al 38% (dal 37,3%), la Spagna al 36,7% (dal 36,4%), la Svizzera al 27,2% (dal 26,9%), mentre il Regno Unito scende al 34,4% (dal 35%). Gli Stati Uniti restano lontani dai livelli europei, confermando un rapporto tasse/Pil del 25,6%.
Guardando al lungo termine, le statistiche Ocse mostrano che 31 Paesi su 38 presentano nel 2024 una pressione fiscale più elevata rispetto al 2010. In testa alle variazioni si trovano Repubblica Slovacca (+7,7 punti), Giappone (+7,5) e Grecia (+7,4). L’Italia, con un aumento di 1,1 punti rispetto al 41,7% del 2010, si colloca in una posizione intermedia. Fra i pochi Paesi che hanno ridotto il peso del fisco spicca l’Irlanda, scesa al 21,7% grazie all’eccezionale aumento del Pil registrato nel 2015, seguita dall’Ungheria (-2,5 punti).
Il nuovo balzo della pressione fiscale italiana rilancia il dibattito sulla sostenibilità del rapporto tra crescita economica e livello del prelievo, in un contesto internazionale in cui la concorrenza fiscale si sta ridefinendo e i Paesi cercano un equilibrio tra risorse per la spesa pubblica e attrattività per imprese e investimenti.