Economia

Startup italiane, investimenti fermi a 1,46 miliardi, un ecosistema brillante ma bloccato

Redazione
 
Startup italiane, investimenti fermi a 1,46 miliardi, un ecosistema brillante ma bloccato
Il 2025 consegna all’Italia un’immagine nitida del proprio ecosistema dell’innovazione: resiliente, vitale, pieno di talento, ma incapace di compiere quel salto di qualità che ormai da anni si attende. Gli investimenti in equity nelle startup e scaleup hi-tech si fermano a 1,456 miliardi di euro, appena il 2,8% in più rispetto al 2024 e ben lontani dal picco del 2022, quando si toccarono i 2,16 miliardi. Nessun crollo, ma neppure il cambio di ritmo invocato da tutto il settore.

Startup italiane, investimenti fermi a 1,46 miliardi, un ecosistema brillante ma bloccato

È quanto emerge dalla nuova ricerca dell’Osservatorio Startup & Scaleup Hi-Tech del Politecnico di Milano, realizzata con InnovUp e presentata nel corso del convegno “Digital & Open Innovation 2026”. La rappresentazione restituita dagli analisti è quella di un sistema che regge, ma fatica a muoversi. Secondo il Direttore dell’Osservatorio, Antonio Ghezzi (in foto), il 2025 rappresenterebbe l’anno della “consapevolezza”, il mercato mostra solidità, ma rimane bloccato da ostacoli strutturali come la mancanza di grandi round, l’assenza di exit rilevanti e una frammentazione normativa che rallenta la maturazione delle startup. L’evoluzione verso modelli scalabili, secondo Ghezzi, resta dunque compromessa dalla difficoltà dell’ecosistema nel valorizzare pienamente il proprio capitale umano e nel rendersi appetibile per gli investitori esteri.

Un’analisi condivisa anche da Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, che ha parlato di un contesto che, pur mostrando una buona capacità di resistenza, non riesce ad accelerare. Il problema non sarebbe la quantità di innovazione, ma la qualità delle condizioni che la circondano. Senza una trasformazione strutturale del sistema del valore, che includa exit concrete, capitale internazionale e una visione di lungo periodo, l’Italia rischia di restare un ecosistema incompleto. Rangone ha fatto presente come la svolta possa arrivare da tre fattori fondamentali: una maggiore integrazione tra università, ricerca e impresa, più investimenti istituzionali, anche tramite fondi pensione, una strategia europea armonizzata, nella quale il progetto del “28th Regime” rappresenterebbe un passaggio chiave per superare la frammentazione normativa tra Paesi UE.

Guardando alle tre componenti dell’investimento, attori formali, informali e internazionali, la situazione del 2025 parla di stabilità. I fondi di venture capital indipendenti, corporate e pubblici mantengono un ruolo centrale, mentre il capitale internazionale cresce dell’8%, grazie anche alla spinta di aziende come Bending Spoons, ormai considerata un campione globale. Ma si tratta ancora di casi isolati rispetto al tessuto medio, la maggior parte delle startup ad alto potenziale continua infatti a faticare a scalare, schiacciata da una dotazione di capitale troppo limitata e dal quasi totale assente industriale delle exit. A questo si aggiunge il calo dell’equity crowdfunding (-9,2%), che contribuisce a irrigidire ulteriormente il sistema.

L’Italia, spiegano i ricercatori, si trova così intrappolata in un equilibrio stagnante, investimenti stabili, ma polarizzati, poche scaleup che riescono a emergere, e un mercato che appare solido ma non dinamico. L’area centrale dell’ecosistema, quella che comprende le startup promettenti ma ancora fragili, continua a essere il vero punto debole dell’intero sistema.

Il Deep Tech mostra segnali di vivacità, con alcuni round rilevanti nel 2025, ma non ancora sufficienti a trainare l’intero comparto. Pesano ancora fattori culturali profondi: scarsa propensione al rischio, limitata apertura internazionale, una tradizionale preferenza per il mercato domestico e una storica difficoltà a costruire connessioni forti tra università e impresa. Nel confronto europeo, il nostro Paese appare in “tenuta”, mentre il Venture Capital europeo è previsto in calo del 14% (fonte: Dealroom), l’Italia mantiene livelli stabili. Una resilienza che, però, non risolve il vero problema, la dimensione ridotta del mercato nazionale e la frammentazione normativa.

Per superare questo stallo, l’Osservatorio indica una strategia precisa, che consiste nel potenziare i fondi domestici, rendendoli più ampi e specializzati, incentivare l’ingresso degli investitori istituzionali nel Venture Capital, sostenere politiche di M&A e IPO che facilitino le exit. Sul fronte europeo, la nuova Commissione appare aperta a valutare il “28th Regime”, proposta che alleggerirebbe burocrazia e incoerenze normative, favorendo capitali e talenti.

Secondo Giorgio Ciron, Direttore di InnovUp, il 2025 confermerebbe sì la resilienza dell’ecosistema italiano, capace di tenere nonostante la frenata europea, ma mostrerebbe anche i limiti di un sistema che senza exit strutturali, capitali pazienti e una strategia condivisa rischia di rimanere brillante ma non scalabile. Ciron ha ricordato come l’Italia disponga oggi di una coorte crescente di scaleup ben finanziate, potenziali futuri unicorni, ma per farle davvero maturare servano strumenti concreti: integrazione tra ricerca e impresa, supporto ai fondi domestici specializzati, semplificazione normativa e, soprattutto, una forte politica di internazionalizzazione.
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